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CULTURA

Ruscello: ‘A Benevento va istituita la Conferenza degli Enti e degli Operatori Culturali’

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"A metà degli Anni Settanta il Comune di Benevento istituì la Consulta dei beni culturali, affidando la presidenza all’insigne studioso ed ex Sindaco della Città Prof. Mario Rotili, del quale ricordo ancora i garbati rimproveri formulatimi nelle sedute della Consulta, perché inquadravo i beni culturali nell’ottica dell’utilità economica degli stessi e non della cultura", è l’inizio della riflessione affidata agli organi di stampa dallo studioso Luigi Ruscello.

"La prima cosa da fare, quindi, e in questo sono d’accordo con Mario Pedicini e con il Presidente di Isidea Rito Martignetti, non sarebbe quella di continuare a riunire il tavolo UNESCO, da poco messo su a Palazzo Mosti, bensì di istituire la Conferenza degli Enti e degli Operatori Culturali (art. 74 dello Statuto comunale).
Per una soluzione simile, credo si possano orientare anche l’ex assessore alla cultura Nazzareno Orlando, quando auspica di avviare da subito una fase di programmazione che non si limiti però al solo Tavolo istituzionale, e l’attuale Assessore Raffaele Del Vecchio quando dichiara che il Tavolo è aperto a tutti.
Per la guida della Conferenza, poi, non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta, visto che Benevento dispone di studiosi emeriti, come, tra gli altri, Elio Galasso e Marcello Rotili.
D’altronde, solo loro, ad esempio, potrebbero valutare la validità storico-culturale della proposta avanzata da Giancristiano Desiderio, ossia di “spostare la statua di Traiano in Piazza Roma rivolta verso l’Arco, il pontefice Orsini al centro di quello che ora è un parcheggio e dovrebbe essere una grande e godibile Piazza Duomo, il Bue Api davanti l’ingresso del Museo del Sannio o davanti Arcos tra prefettura e via Umberto I”.

Desiderio, inoltre, consiglia al Sindaco di puntare su tre cose: Santa Sofia, isola pedonale (ampliandola fin Piazza Castello), monumenti (gli spostamenti citati); mentre, per Pedicini, bisogna prima definire un piano complessivo di valorizzazione della città targata Unesco e, in un secondo tempo, assegnare la realizzazione di singoli capitoli alla cura di Assessore e relative strutture amministrative. Anch’io, pur concordando sulla concretezza di Desiderio, propendo per la propedeuticità di un piano complessivo. Anzi direi che il discorso vada ampliato in un contesto più generale, ossia della politica turistica, in cui convergano elementi diversi, a cominciare da un vero e proprio “progetto cultura” rivolto essenzialmente alla Città come processo di formazione continua.
Comunque, ritornando alla premessa, ritengo che inquadrare i beni culturali dal punto di vista economico significa che essi sono una risorsa da sfruttare per lo sviluppo economico della Città e della Provincia. In concreto, bisogna saper trarre utilità dal piacere intellettuale altrui.

Il primo concetto da fissare, dunque, volendo impostare una politica di marketing, è che non dobbiamo saper vendere un bene materiale, bensì immateriale, qual è l’emozione che trasmettono, appunto, i beni culturali. Cosicché, la Città Capoluogo dovrebbe caratterizzarsi per l’arte e la cultura; mentre, il restante territorio provinciale per la paesaggistica, l’ambiente e l’enogastronomia, non perché non vi siano valide caratteristiche storiche e/o culturali, ma solo per un più efficace marketing territoriale (A proposito, che fine ha fatto Ciro?). Il Comune di Pietrelcina, naturalmente, sarebbe da trattare a sé, pur se inserito nel piano provinciale.
La trasmissione di un’emozione tuttavia presuppone che i beni culturali siano fruibili, nel senso più lato del termine, per cui è necessario che essi siano idonei ad essere ammirati e visitati, il che comporta, da un lato, come sottolineato anche da Desiderio, la predisposizione di un dettagliato e fisso calendario delle visite, in uno agli orari, ma, soprattutto, aggiungo io, un adeguato programma di costante manutenzione.

Il secondo punto da chiarire è su cosa puntare ai fini di una politica turistica generale. Ebbene, ferma restando la suddivisione tra Capoluogo e territorio provinciale, per quanto concerne Benevento Città, è lo stesso riconoscimento Unesco ad imporre la scelta, ossia sanniticità, romanicità e longorbadicità, che sono talmente uniche da caratterizzarci in modo del tutto originale.
Lascerei perdere del tutto l’arte contemporanea, invece, per due motivi. In primo luogo, perché le risorse disponibili, essendo sempre più scarse, devono essere concentrate e utilizzate al meglio, e, poi perché l’arte contemporanea si trova dappertutto e in modi per noi ineguagliabili.

A proposito di arte contemporanea, tuttavia, l’unica eccezione che mi permetto suggerire sarebbe quella di approfittare del nostro più famoso artista contemporaneo: Mimmo Paladino. Essendo egli l’esponente di punta del movimento artistico denominato «transavanguardia», di cui è insigne partecipe anche un altro sannita, cioè Nicola De Maria, affiderei loro il compito di allestire a Benevento un museo del movimento stesso, da abbinare ad una manifestazione internazionale, con cadenza biennale o triennale a seconda delle disponibilità economiche, su temi riguardanti le tendenze dell’arte pittorica.
Anche per la musica si potrebbe impostare un discorso analogo e, non me ne vogliano i pur validi musicisti beneventani, approfitterei del maestro Antonio Pappano.
Pur essendo consapevole che le precedenti osservazioni rappresentano solo un’introduzione al problema, per evidenti motivi di leggibilità mi fermo qui".

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