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AMBIENTE

La caccia e i suoi significati: le riflessioni di Emilio Mauro Merola

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Emilio Mauro Merola, responsabile della sezione LIDA (lega italiana dei diritti dell’animale) e della LAC (lega per l’abolizione della caccia) di Avellino:

“Le ingiustizie sulla terra sono tante, lo sappiamo – scrive – . A volte parlarne appare quasi retorico, anche perché a parlarne si sa… non cambiamo il mondo. No, non lo cambiamo ma a parlarne il mondo possiamo informarlo ed informandolo forse possiamo anche un pò cambiarlo perché dopo un informazione un uomo non è più quello di prima. Le prese di coscienza non avvengono attraverso argomenti resi tabù o censurati o ancora peggio ignorati perché si crede non abbiano soluzione, rimedio. Parliamo di caccia quindi, parliamo un pò di questa “ludica attività” che alcuni chiamano sport, altri istinto primordiale, altri passione, altri, i più fantasiosi… “amore per l’ambiente”.

Spiegare cosa sia la caccia è per me difficile, un istinto di ribrezzo si impadronisce di me ed oscura la mia capacità di comprensione; sempre possa esserci qualcosa da comprendere. Cerco di capire e nella mia mente la sola cosa che immediatamente associo alla caccia è IL SILENZIO. Non parlo di un silenzio fecondo, riflessivo, produttivo oppure intelligente, il silenzio di ciò che resta dopo uno sparo in un bosco: dopo uno sparo l’aria si ferma, tutti i suoni, le voci degli abitanti di diritto di un bosco restano cosi… in silenzio, un silenzio gonfio di sentimenti che noi conosciamo ma ignoriamo conoscano anche gli animali… un silenzio colmo di paura, un silenzio immensamente triste, paralizzato dallo stupore e dalla più infame delle colpe… il silenzio dell’impossibilità di capire e del disprezzo. Immaginare e giustificare la caccia credendola e reinventandola come qualcosa di insito nell’uomo è stupido ed anche sleale; appellarci al fatto che un tempo, in un altra epoca, in un altra era, ci abbia permesso di sopravvivere, oggi è ridicolo, anacronistico ed infantile e con queste motivazioni nel nostro paese 750.00 cittadini con permesso di caccia ed altri privi di questa “giustificazione scritta”, ogni anno nel giro di qualche mese uccidono milioni di vittime.

Lo Stato li tutela, li approva e ne difende gli interessi, ma il cacciatore cos’é? Il cacciatore è qualcuno che “per diritto” può uccidere, si per diritto. Questo diritto non gli è dato da alcuna legge morale o naturale, gli è dato dal suo Paese, perché alla fine un diritto quindi non esiste perché è giusto, esiste perché lo compri. Compri l’iscrizione all’albo, compri quindi il tesserino, compri un porto d’armi e le armi, compri divise mimetiche e munizioni, compri uccelli che diventeranno nel buio di una gabbia richiami vivi, compri il diritto di uccidere. Ma parliamo di altro, parliamo di valori. Nella nostra vita molto spesso ci ribadiranno, in ogni contesto e realtà … “l’importanza dei valori”, ce lo ricorderà la scuola e ce lo ricorderà il prete la domenica mattina, ce lo ricorderà nostro padre quando gliene daremo motivo, ce lo ricorderà sempre la società e la televisione… i valori! I valori che sin da bambini ci inculcano, ci fanno credere sacri ed imprescindibili. Il valore della vita, prima di tutto. Il valore della lealtà, il valore del coraggio e della difesa del più debole, il valore dell’altrui dignità e della nostra, il valore del rispetto degli altri, il valore della famiglia ed il valore del RISPETTO.

Ma oggi, diventati adulti, scopriamo che di valore ce n’è un altro, ben più ferreo e determinante di tutti gli altri, il valore del dio denaro, che tutto può. Che una Nazione concepisca e tuteli la caccia, annulla tutto ciò che ci hanno insegnato, ci insegna invece, che un associazione, un gruppo eterogeneo di persone disposto a pagare, può guadagnarsi anche il diritto di uccidere e che i sacrosanti principi vadano pure nel cassetto. Dov’è il valore del coraggio quando in una alba nebbiosa un uomo si nasconde al sicuro in un capanno e spara ad un uccello che vola sereno ed inconsapevole? Dov’è la dignità nell’uccidere esseri viventi di pochi grammi che a volte hanno le dimensioni di un bossolo? Dov’è la forza, dov’è il coraggio nell’uccidere esseri privi di armi, di odio, di aggressività..?? La caccia è il vincere facile, la vittoria scontata, una lotta sleale e priva di scontro, di rischio e di fatica. La caccia è l’annullamento della dignità, della nostra dignità, perché in una lotta tanto impari, non porterai trofei e medaglie, ma infamia, vergogna, sconfitta e annullamento di qualunque valore.

Questa lunga e amara riflessione, non è sorta in me all’improvviso, ma il risultato covato e sofferto di un episodio, che mi ha scioccato ed offeso; ci sono offese alle quali possiamo difenderci e reagiamo istintivamente, senza pensarci su; alle volte invece incontri gesti, fatti, che ti lasciano privo di difese e reazioni, tanto grande è la portata della loro stupidità, della loro ferocia. Pochi mesi fa nel mio paese, in un meschino giorno di caccia, avviene un episodio che ha suscitato questa mia riflessione; ricordo che il sole non era ancora tramontato e nella luce serena di un qualunque pomeriggio di paese, parcheggiata davanti ad un bar c’era un fuoristrada, il fuoristrada di un cacciatore, che come un trofeo, come la meritata ricompensa di una violenta battaglia ,esponeva agli occhi di tutti la medaglia conquistata in campo: un cinghiale, ammazzato e grondante sangue e stupore. Stava li, come se fosse una cosa normale, una cosa giusta ed un immagine da accettare. Ricordate da bambini il divieto di vedere i film horror..? “Vietato ai minori di quattrodici anni…” bene. Qui però non c’era alcun divieto, nessuna effrazione, ne nulla di cui stupirsi, disgustarsi, spaventarsi. Era solo il cadavere, anzi… l’inutile carcassa di un cinghiale, nulla di cui aver paura.

Ed invece io di paura ne ho avuta tanta. Paura dell’indifferenza, paura di una razza che si professa umana e trova NORMALE ammazzare chi non ha armi, paura di una razza, la nostra, che forse non sente più nulla, ne commozione, ne pietà, ne rabbia, ne dolore, ne vergogna e nemmeno sente l’immensa ingiustizia di uno spettacolo al quale nessuno, dovrebbe assistere, ne adulto, ne più che mai bambino ed invece accade e lo Stato approva. Il più pericoloso dei rischi che un uomo possa correre è l’incapacità di provare rabbia, la rabbia e la vergogna che nella nostra testa , nella nostra anima dovrebbero esplodere ed invaderci; perché quando non saremo più in grado di arrabbiarci e scandalizzarci, quando assimileremo tali oscenità come fatti normali avremo smesso di capire e anche di essere umani. Il solo valore che mi sento d’insegnare e che più d’ogni altro per me significa qualcosa è il diritto alla dignità, alla nostra, che annulliamo ogni volta che imbracceremo un arma verso chi non l’avrà ed il diritto alla dignità di qualunque essere, che se potesse parlarci forse ci direbbe che non siamo tanto diversi, la sola differenza è che noi abbiamo grandi colpe e grandi motivi per cui vergognarci”.

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