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Abolizione Province, Luigi Ruscello: ‘Un testo maldestro che fa concorrenza a quello del ‘buffone’ Berlusconi’

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Luigi Ruscello sulla soppressione delle Province prevista nella manovra del Governo Monti

"Il 9 settembre scorso sono intervenuto a proposito della soppressione delle Province e ho definito un «obbrobrio inutile» il disegno di legge costituzionale «Soppressione di enti intermedi», licenziato dal Governo Berlusconi.

Ebbene, dopo circa tre mesi, il tema si ripropone. Nell’articolo 22 del decreto «salva Italia», infatti, dal comma 14 al 20, sono contenute le norme che modificano la disciplina delle Province. La loro abolizione, invece, come dichiarato dal Primo Ministro Monti, avverrà in seguito, mediante il prescritto strumento della legge costituzionale.

Dalla lettura del testo, si evince che, entro il 30 aprile 2012, le Regioni devono legiferare su due temi: le modalità di elezione dei Consiglieri (comma 16) e il trasferimento ai Comuni delle funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province (comma 18). In mancanza, provvederà il Governo nazionale.

In un primo tempo il decreto prevedeva che, con l’entrata in vigore dei suddetti provvedimenti, gli attuali Consigli sarebbero decaduti; mentre, nella stesura definitiva, è previsto che sarà una legge dello Stato a stabilire il termine decorso il quale decadranno gli organi in carica.

Una prima questione però sorge proprio dal comma 20 in cui è contenuta la predetta previsione perché si configurerà quasi sicuramente, ancorché pro tempore, una situazione di conflitto con le norme costituzionali.

Al comma 14 è stabilito che spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati dai citati provvedimenti; mentre, l’articolo 114 della Costituzione prevede che le Province sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Quali sarebbero dunque i poteri della Provincia?

Al di là della precedente questione, un primo intoppo nasce dal numero di Consiglieri poiché al comma 16 così si legge: Il Consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel territorio della Provincia. L’espressione «non più di dieci» vuol dire che potrebbero essere anche cinque o sei o sette, ma il decreto non indica chi debba stabilire il numero, in quanto le Regioni devono solo intervenire sulle modalità di elezione e non sul numero. Ma non solo, perché i Consiglieri, che tra loro poi eleggono il Presidente, devono essere eletti dagli organi elettivi dei Comuni. Ebbene, che io sappia, sia il Sindaco che i Consigli comunali sono organi elettivi distinti, per cui sorge spontanea la domanda: a chi spetterà il compito di eleggere i Consiglieri provinciali? Ai Sindaci o ai Consigli?

Ma non finisce qui, perché le funzioni delle province, come si legge ancora nel comma 18, per assicurarne l’esercizio unitario, possono essere acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Anche in questo caso, cioè di inerzia da parte della Regione, interverrebbe il Governo. Ma se la Regione non rispettasse tali principi? Solo il Governo nazionale potrebbe impugnare la legge dato che alle Province e ai Comuni è preclusa la possibilità di sollevare le questioni di illegittimità costituzionale. Cosa accadrebbe nel frattempo?

Mi fermo qui perché non mi sarei mai aspettato che cotanti Professori stendessero un testo così maldestro da fare concorrenza a quello del «buffone» Berlusconi.

Rimango dunque sconcertato, e questa volta davvero indignato, di fronte al pressappochismo dell’attuale Governo, che pure dovrebbe rappresentare la «summa» dell’intelligenza italiana (non ho usato volontariamente il termine intellighenzia). È questo che più mi indigna del Governo in carica, un comportamento cioè del tutto simile a un qualsiasi altro Governo. La prova la potremo avere in fase di discussione in Parlamento perché, leggendosi nella relazione tecnica che dal punto di vista finanziario il risparmio (65 milioni) non viene considerato in quanto si produrrà nel 2013, i commi 14-20 dell’articolo 23 potrebbero sparire.

Comunque, da quello che è stato efficacemente definito come il «Senato accademico italiano» mi sarei aspettato tutt’altro atteggiamento, ossia, vista l’ininfluenza dal punto di vista finanziario, l’apertura di una seria discussione sul riassetto globale dell’ordinamento amministrativo nazionale (tempi e modi ci sarebbero ancora).

In conclusione, una cosa è certa, cioè che le Province saranno date demagogicamente in pasto all’opinione pubblica come simbolo della riduzione dei costi della politica. Salvo che Monti, come accennato prima, non si dimostri già pronto a far parte integrante della «casta».

Allora mi permetto suggerire un atto di coraggio e di democrazia al Presidente Cimitile, ma soprattutto ai Consiglieri provinciali: prima di scomparire, si deliberi sulla richiesta alla Corte di Cassazione di indizione del referendum popolare per il distacco della Provincia di Benevento dalla Campania e l’aggregazione al Molise. Sarebbe un grande atto di democrazia perché, al di là di qualsivoglia considerazione, il popolo deciderebbe se approvare o non il progetto Molisannio."

 

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