Calcio
Benevento fuori, ma lo sport non consiglia drammi
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Un risultato sportivo si accetta: è la lezione, la prima, dello sport inteso come prova che mette a confronto due entità e ne misura la forza facendo segnare il prevalere, agonistico, dell’una sull’altra. Una partita di calcio, per esempio, è un appuntamento di sport e non il muro del pianto: delle recriminazioni non si può far tesoro brandendole come una clava giornalistica e ponendosi in tal modo alla testa del manipolo dei tifosi. Che, pubblico pagante, ha quantomeno la giustificazione dell’amarezza contenuta nei canoni della civiltà.
Viceversa i masaniello opportunisti col computer imbracciato avrebbero di che dar conto alla credibilità – anche in chiave personale – di assunti sparati come Guccini insegnava. Perché questa è una modalità utile solo ad esacerbare gli animi, salvo poi altrettanto opportunisticamente prendere le distanze quando il confine della barbarie è valicato.
Di contro, chi dello sport è protagonista attivo ancora oggi lo immaginiamo ingenuamente come qualcuno al di sopra del contingente, certo pronto a riconoscere meriti ed assumersi responsabilità, se del caso, e a non cadere dal pero se si squarcia quel velo di ipocrisia (accade ogni tanto, quando scoppia uno scandalo) che rivela talvolta il marcio di un ambiente che è impossibile non aver quantomeno annusato, sia pure da lontano.
L’insieme delle esasperazioni delle varie componenti (pubblico, stampa, squadra, società e per soprammercato l’interesse della politica quantificato elettoralmente) porta alla creazione di una miscela che nell’autocommiserazione e nella ricerca di fantasmi all’esterno ha un suo fondamento esplosivo. Per sillogismo, il calcio sconfitto diventa il dramma di una città.
Invece:
il pubblico è libero di criticare, e di non andare allo stadio, eventualmente;
la stampa dovrebbe ritenersi libera da condizionamenti;
la squadra, intesa come ambiente tecnico, ha tutto il diritto di arroccarsi ma anche il dovere di rispettare le critiche;
la società, idem con patate (con in più il libero arbitrio capitalistico che consiglia o meno se continuare negli investimenti);
il politico farebbe meglio a disertare la tribuna quando si comporta da tribuno.
Una modesta proposta per non inscenare tragicommedie, insomma.