Il tempismo della giustizia e della politica che non aiuta l’elettorato già confuso e sfiduciato

La giustizia ha i suoi tempi e la politica anche: i due ambiti, teoricamente e tecnicamente separati, spesso sembrano avere legami in fatto di coincidenza tra eventi giudiziari e imminenza di scadenza elettorale, non foss’altro che per il tempismo con cui questo legame presunto si manifesta.

Nonostante siano diversi anni che si invocano tempi più rapidi per le procedure giudiziarie, si avanzino proposte di riforme affinché il diritto di ogni cittadino ad un giusto processo secondo una ragionevole durata, come prevede l’art.111 della Costituzione, sia garantito per evitare la sospensione di una vita in attesa di una sentenza, pare che quei ritardi tanto vituperati scompaiano quando ad essere coinvolti sono personaggi del mondo politico, a qualunque area essi appartengano.

Sembrano, talvolta, seguire traiettorie parallele, che ad un certo punto trovano convergenza fino allo snodarsi del binario della giustizia che sopravanza sul binario della politica e procede per la sua strada. Da anni assistiamo a notizie di sentenze, arresti, rinvii a giudizio, avvisi di garanzia e cosi via che giungono in concomitanza con i tempi delle tornate elettorali e, in particolare, con l’imminenza del voto. 

La notizia dell’arresto dell’ex sindaco di Sant’Agata de’ Goti e segretario dimissionario del Pd sannita,  Carmine Valentino, per il reato di tentata concussione per fatti accaduti tra il 2017 e il 2018, dai quali si è detto “estraneo”, è giunta nella mattinata di sabato, a nove giorni dal voto amministrativo, scatenando l’immediata reazione dei dirigenti provinciali del partito, determinati “ad andare per la nostra strada”,  a convocare una conferenza stampa per ribadire “la fiducia nella magistratura” ed anche evidenziare che i fatti imputati “riguardano il  ruolo da primo cittadino e non sono legati a vicende e all’ incarico politico da segretario provinciale del Partito democratico”. 

La legittima riflessione del presidente del Pd, Giovanni Zarro, che definisce l’accaduto “una entrata a gamba tesa da cui abbiamo il dovere di difenderci”,  sul perché a pochi giorni dall’elezioni arrivi questo provvedimento sulle spalle di un vertice di partito induce a ipotizzare che nei fatti poi i tempi della giustizia e quelli della politica non siano poi, forse, cosi distanti. 

“Siamo a 10 giorni dalle elezioni e la tempistica con la quale è giunta l’ordinanza cautelare ci appare improvvida da parte del giudice. Se i fatti risalgono al 2017  perché solo oggi si interviene?” – ha evidenziato Zarro nel corso dell’incontro con la stampa. 

Quali che siano gli esiti dei fatti giudiziari, è indubbio che le tempistiche incidano sull’atteggiamento e sul comportamento elettorale, soprattutto a riguardo di quegli elettori che hanno già maggiore sfiducia nella politica e che, pertanto, preferiscono astenersi dal recarsi alle urne. E’ indubbio che, stando così le cose, si produca ancora più confusione che non aiuta certamente a operare una scelta giusta e scevra da condizionamenti.

Se nel breve periodo ciò potrebbe anche sortire un risultato o un vantaggio a favore dell’uno o dell’altro candidato, dell’una o dell’altra coalizione, dell’uno o dell’altro schieramento, nel medio e lungo periodo l’unico risultato che ne può conseguire è la perpetuazione della percezione della distanza tra la politica e i cittadini, con lo svantaggio complessivo che si riduce sempre di più la partecipazione politica e aumenta in proporzioni rischiose l’idea che la politica sia un campo minato da cui stare alla larga.

E, invece, ogni competizione elettorale dovrebbe essere il momento e il luogo per capitalizzare un pur minimo recupero della fiducia che eventualmente la popolazione abbia riposto nella politica; ogni competizione elettorale dovrebbe essere il momento e il luogo per verificare il rapporto con il territorio e con l’elettorato, per verificare se negli anni ci si è impegnati affinché l’esercizio del potere da entrambi i lati, quello degli elettori di delegare e quello degli eletti di essere stati dei buoni delegati, sia stato svolto al massimo delle possibilità. 

Affinché, pertanto, quell’esercizio alla democrazia non sia stato soltanto un mero impegno di facciata, ma un concreto operato di interazione e di confronto, di ascolto e di dialogo tra le due parti in campo, culminato nella piena e reciproca partecipazione attiva  al progresso umano, etico e sociale di una collettività.