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Opinioni

Il Pd non è mai stato così unito e il campo largo senza centro vale il 40 per cento. Elly Schlein sta vincendo

Secondo tutti i sondaggi più affidabili, a partire dall’ultima rilevazione Ipsos, l’asse Pd – Cinque Stelle – Sinistra si fermerebbe a poco meno di tre punti dal centrodestra unito. Quanto vale Calenda, poco meno di quel che varrebbe Renzi. Numeri che premiano la linea adottata dal Nazareno, che spiegano la strategia della segretaria anche agli occhi dei territori, che condannano le pretese terzopoliste

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Secondo un recente sondaggio Ipsos, pubblicato la scorsa settimana dal Corriere della Sera, Fratelli d’Italia è ancora il primo partito con il 27 per cento delle preferenze. Al secondo posto il Pd di Elly Schlein, che potrebbe ottenere il 19, seguito dal Movimento Cinque Stelle che si attesta al 17,4. Forza Italia e Lega, in netto calo, si fermano all’8,2%.

A conti fatti, dunque, Pd e Movimento Cinque Stelle varrebbero insieme il 36 per cento. A cui basterebbe sommare il 4 per cento di Alleanza Verdi – Sinistra Italiana per arrivare al 40. Ad un soffio dal Centrodestra che nella sua totalità è al 43,4 per cento. Poco più di tre punti, quanto vale Calenda, poco meno di quel che varrebbe Renzi, poco di più del 2,6 di Più Europa.

Evidentemente non è questo il punto. I sondaggi sono fatti per essere smentiti e la politica non si fa con l’algebra. Come dimostrato dalle recenti regionali tanto in Sardegna, dove il centrosinistra ha vinto nonostante l’8 per cento raccolto da Soru, sostenuto da Azione e Italia Viva, quanto in Abruzzo, dove invece il centrosinistra ha perso nonostante una coalizione larghissima, con tutto il centro possibile.

Ma se non è la somma a fare il totale non c’è dubbio che quei numeri, quelle percentuali, ci dicono molto. Muovendo dal presupposto che la rilevazione Ipsos a cui abbiamo fatto riferimento non restituisce dati dissimili o distanti da quelli di altri istituti, salvo segnalare un distacco maggiore tra Pd e Cinque Stelle, in termini assoluti i numeri ci dicono che il centrosinistra unito in tutte le sue possibili componenti supera il centrodestra di almeno sette punti, ma soprattutto ci dicono che il campo largo senza centristi, al netto di Calenda, Renzi e Più Europa, ovvero la somma di Pd, Cinque Stelle e Verdi – Sinistra non vale meno del 40 per cento.

Questo ci serve a comprendere le ragioni per le quali Elly Schlein sta vincendo la sua partita proseguendo spedita sulla sua linea. Nella sua testa non esiste alternativa al campo largo, ovvero all’intesa organica con Cinque Stelle, Verdi e Sinistra e la tenuta di quello schema prescinde persino da quel che accade sui territori, proprio perché l’orizzonte a cui guarda è quello del 2027, proprio perché il suo obiettivo strategico è costruire l’alternativa a questa destra.

Nella sua visione tutto è sacrificabile sull’altare di quell’obiettivo, e se in Piemonte non ci sono le condizioni per un accordo, se in qualche città chiamata al voto c’è da imporre scelte poco gradite agli apparati, pazienza.

La coerenza della linea è tutto e per quanto possa costare cara nell’immediato è quello il vero concime dell’alternativa, un’alternativa che non può essere costruita con l’ossessione di allargare i perimetri dell’alleanza ad ogni costo, ma nella consapevolezza che l’unico campo largo che gli italiani potranno premiare quando saranno chiamati a votare per le politiche è un campo largo credibile sul piano delle proposte e della visione, un fronte progressista capace di garantire affidabilità.

Schlein si è mossa lungo questa prospettiva sin dal giorno in cui presentò la propria candidatura alla segreteria nazionale, ha tenuto testa agli apparati, al partito dei sindaci e dei governatori, ha resistito all’assalto di Conte, ha sfidato apertamente Meloni senza cedere di un millimetro, ha gestito magistralmente la partita sul terzo mandato costruendo proprio su quella linea di conflitto la mediazione necessaria con la minoranza interna. Oggi il Pd appare unito come non mai, se è vero come è vero che persino Vincenzo De Luca non proferisce strali all’indirizzo del Nazareno da almeno tre mesi, se è vero come è vero che tutti i big del partito sono in campo in vista delle europee.

Il partito naviga attorno al 20 per cento e con la fisiologica radicalizzazione dello scontro è ragionevole prevedere un balzo in avanti di almeno un paio di punti di qui a giugno. Almeno questo è quello che sostengono tutti gli analisti. Se questa previsione verrà rispettata Schlein uscirà grandemente rafforzata alla guida del partito e avrà tre anni per portare a compimento il suo disegno. La contestuale crescita del Movimento Cinque Stelle rafforza ulteriormente questa prospettiva, dimostra che il campo largo conviene, mentre la parcellizzazione delle forze di centro è lì a dimostrare che nessuna ipotesi terzopolista è sostenibile nello schema bipolare, ragione per la quale la sfida non è quella di scendere a patti con Renzi o Calenda ma è quella di conquistare il consenso di quell’elettorato attraverso una chiara visione di futuro, attraverso un disegno di Paese nella quale possano ritrovarsi tutti gli italiani indisponibili a cedere alle parole d’ordine di questa destra.

Con o senza una nuova Margherita, certamente mettendo in campo una leadership quanto più inclusiva possibile, capace di parlare il linguaggio di una sinistra europea e plurale. Una leadership che al momento opportuno Schlein saprà calare sul tavolo dell’alternativa, in ossequio all’unica vocazione maggioritaria che il suo partito ambisce ad esercitare.

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