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Comune di Benevento

Comunali, dalla fine delle ideologie alla logica del consenso. Sempre più spesso basato sui calcoli elettoralistici

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Sono passati oltre trent’anni da quando il sociologo americano Daniel Bell teorizzò “la fine delle ideologie” come fenomeno storico e politologico che apriva le porte al pluralismo politico capace di conciliare le istanze e i bisogni della società: un nuovo ordine che avrebbe preso forza attraverso il consenso e la legittimazione dell’esistente. Nessun conflitto, dunque, almeno di tipo ideologico. 

Volendo azzardare un’operazione di ricalco sulla situazione socio-politica contemporanea e, in particolare, su quella beneventana in merito all’approssimarsi delle amministrative di autunno, constatiamo da un lato l’urgenza di tracciare una nuova visione della città, basata – come suggerisce il candidato sindaco di Alternativa per Benevento, Lugi Diego Perifano –  sulla concretezza con lo sguardo rivolto all’utopia,  o sulla riproposizione delle relazioni comunitarie quelle che non oltrepassano i 22 metri e della rivalorizzazione del genius loci seppure incastonata, e non poteva che essere altrimenti,   nell’orizzonte ampio della globalizzazione  – come suggerisce la terza coalizione in campo, ArCo guidata dal candidato sindaco Angelo Moretti; dall’altro, invece, registriamo la necessità inderogabile del centrodestra con Fratelli d’Italia, Lega e le associazioni civiche Benevento Libera e Città Nuova di ritrovare quei valori identitari e radicali che negli anni si sono offuscati ma che pure hanno caratterizzato per decenni la storia del capoluogo sannita. 

Eppure proprio su quella necessita inderogabile il centrodestra che avrebbe dovuto contemplare anche la componente azzurra di Forza Italia ha trovato e sta trovando difficoltà. 

Seppure Fratelli d’Italia e Lega con le forze civiche hanno trovato una via d’uscita sul nome dell’avvocatessa caudina Rosetta De Stasio, hanno dovuto comunque rimettersi al tavolo regionale del centrodestra, i cui esiti verranno annunciati nel tardo pomeriggio di oggi. 

Dal canto suo, Forza Italia ha scelto di percorrere una strada diversa, di distaccarsi, cioè,  da quel tavolo del centrodestra cittadino che proprio non voleva saperne di superare gli steccati ideologici e convergere sul nome di Lucio Lonardo che rievocava appartenenze di centrosinistra. 

Di qui l’ira del coordinatore provinciale azzurro Iannace, convinto che “un centrodestra unito e aperto al centro avrebbe potuto vincere le elezioni e non accontentarsi di un consigliere” e che proprio non ci sta all’idea che “Forza Italia possa fare inversione a u” definendo “il modello e il metodo scelto dagli altri partiti del centrodestra un buco nell’acqua e frutto di un’operazione nostalgia.” 

E poi ci sta il M5s che “a Benevento si trova ancora nel guado” – come ha avuto modo di dichiarare la consigliera pentastellata di Benevento, Anna Maria Mollica, dopo la sottoscrizione del patto M5s-Pd sottoscritto a Napoli con il leader in pectore del Movimento, Giuseppe Conte.

 ”Un ritardo che scontano diversi territori e che deriva dalle dinamiche interne al movimento sulla sua riorganizzazione’ –  ha precisato Mollica, che ha evidenziato che sulla questione vengono sollecitati costantemente anche i quattro parlamentari sanniti.

E’ legittimo, però, chiedersi come mai su una città di più piccole dimensioni, anche in termini di relazioni che devono essere imbastite, rispetto ad altre che pure devono andare al voto di ottobre, si registri un’attesa così lunga, considerato che, almeno a livello manifesto, sembra non ci siano veti dai potenziali alleati –  come i fatti delle scorse settimane mostrano.

Che forse questi veti provengano, invece, dagli organi nazionali del movimento che, rimanendo fedeli agli originari principi e valori seppure in un’ottica riformista,  esitano a dare l’ok ad un’alleanza con un partito verso il quale pentastellati hanno mostrato sin dall’inizio segnali di distanza.

Un’intesa che a rigor di logica, stando alla linea delle scorse regionali di settembre emersa con l’asse Noi Campani-Pd, ovvero Mastella-De Luca, farebbe pensare ad un equilibrio in tal senso anche sulla città di Benevento. 

Ma qui ad impedire questo orientamento è la ormai strutturale divisione interna al Pd tra l’ala decariana – con cui Mollica ha ricordato è stata stilata l’alleanza programmatica – e l’ala deluchiana “che, invece, sorregge in qualche modo l’amministrazione e il sindaco uscente”, anche se per ora i suoi due rappresentanti Del Vecchio e De Pierro ancora non si pronunciano sul loro futuro da farsi.

”Si tratta di una situazione fluida in ogni caso – ha evidenziato Mollica in riferimento al fatto che, comunque, il decariano Mortaruolo è vicino a De Luca al consiglio regionale.”   

Una situazione anche complicata, a nostro avviso, dal fatto che tra Conte e Mastella c’è un rapporto di amicizia che il sindaco uscente non ha mai nascosto, sottolineando anche più volte che ha contribuito a sostenerlo, come in occasione della crisi del governo Conte bis, quando – si ricorderà – aveva approntato il nuovo soggetto politico Noi per l’Italia.

Lo stesso sindaco Mastella ha liquidato il nodo pentastellato cittadino come  “un problema loro”, anche se la segreteria regionale di Noi Campani ha fatto sapere con una nota “di continuare a essere leale alla formula regionale, ma che nessuno può abusare della nostra pazienza”, ricordando che in altre città campane, come “a Caivano il nostro movimento è stato parte fondamentale dell’alleanza con i Cinquestelle che alle ultime comunali hanno preso metà dei nostri voti.”

Un diktat quasi perentorio sia al Pd di Benevento sia – a nostro avviso –  al M5s. 

Intanto, il primo cittadino uscente, però, pare stia facendo manovre di raccordo con personaggi del tipo di Lugi Scarinzi, ex piddino poi passato a Forza Italia che in termini di consenso elettorale potrebbero garantire risultati fruttuosi, mentre si assiste all’ennesimo girotondo verso altri lidi elettorali di ex mastelliani.

E’ il solito turn over a cui gli elettori forse sono ormai abituati, ma che se da un lato risponde a una pur legittima logica del consenso numerico, dall’altro annulla di fatto ciò che dovrebbe essere alla base del consenso stesso, ovvero la fiducia che gli elettori ripongono nei candidati.

 Quella fiducia che dovrebbe trovare sostanza in una coerenza di azioni e di idee e nella capacità di dare spazio alle istanze collettive, che spesso passano, invece, in secondo piano.

 In questo modo rischia di passare in secondo piano anche la prevenzione del rischio dei conflitti sociali, che con la crisi da emergenza sanitaria potrebbero riemergere in maniera nuova, più forte e forse non prevedibile.

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