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CULTURA

Laboratorio Cives. Dalla prolusione alcune idee per ricostruire la casa comune

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E’ partito martedì il percorso di CIVES – Laboratorio di Formazione al Bene Comune, consolidata esperienza diocesana giunta ormai alla sua sesta edizione, che nel salone Leone XIII della curia arcivescovile ha visto lo svolgersi della prolusione ufficiale con gli interventi di Luigino Bruni (Docente di Economia Politica alla LUMSA di Roma) e di Mons. Angelo Casile (Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro della CEI).

Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro presso la diocesi di Benevento) ha salutato i numerosi partecipanti, riprendendo il filo della scorsa edizione e illustrando le istanze dalle quali nasce il nuovo percorso formativo: “Prefissato il compito di ricercare strade nuove per ricostruire la casa comune, ora è tempo di progettare nuove architetture per la democrazia, l’economia, il welfare, il lavoro e altri campi importanti della vita comunitaria.

Per fare questo vogliamo abbandonare il principio della delega e alimentare le forme della democrazia partecipata. Il nostro obiettivo primario rimane quello di espandere una coscienza civica coltivando anche le nuove generazioni, in vista di un eventuale impegno in prima persona anche nelle istituzioni e nella politica”.

Una introduzione che trova piena corrispondenza nelle parole di S.E. Mons. Andrea Mugione (Arcivescovo di Benevento), il quale invita i partecipanti a mettere insieme idee per trovare soluzioni percorribili per la grande tragedia del lavoro, tema che oggi dovrebbe essere collocato più al centro e in direzione del bene comune: “La realizzazione dell’uomo si compie anche nel lavoro, che ruota intorno alla persona e alle sue relazioni. Vi auguro di inventarvi il lavoro, non solo di trovarlo, ma anche di godere della gioia di essere stati creativi”.

Il prof. Pasquale Gallucci (Presidente del Centro di Cultura “Raffaele Calabra”) è di seguito intervenuto spiegando la sinergia di lavoro e intenti costruita con l’Università Cattolica: “Siamo convinti che c’è bisogno, oltre che di conoscere le norme del mondo economico, di passare a una fase di contestualizzazione nella quale si possa essere in grado di guidare la comunità affinché queste regole nelle quali crediamo vengano concretizzate. I risultati degli anni precedenti ci danno ragione di questa impostazione”.

L’interessante intervento del prof. Luigino Bruni è partito dall’idea stessa di casa comune, al suo ispirarsi (anche dal punto di vista semantico) ad una comunità complessa, che evidentemente oggi è in difficoltà poiché attraversata da una profonda crisi, prima politico-ambientale: “Finché non riporteremo in politica i poveri, che fanno la coda ai supermercati, avremo sempre persone con ideali non diretti dal bene comune ma attratte da altri incentivi e privilegi. L’ambiente non regge più il passo del consumismo”.

Dopo una veloce analisi di questa crisi spirituale, etica e morale che stiamo vivendo, Bruni individua nel concetto di disuguaglianza, intesa come differenza tra categorie sociali in base al reddito, un pericolo capace di portare effetti devastanti: “Il primo effetto è che non abbiamo crescita e sviluppo poiché crolla inevitabilmente il potere d’acquisto del ceto medio, e dobbiamo tenere presente che il PIL è una media, mentre il dato sulla disuguaglianza pesa molto di più; è un dato reale, ci dice effettivamente come sta la gente. Un altro effetto è che abbiamo oggi un mercato più invasivo rispetto a prima ma abbiamo meno reddito, con il risultato che si percepisce maggiormente la povertà”.

Una delle possibili soluzioni che Bruni propone riprende le riflessioni con le quali si era concluso il Laboratorio la scorsa edizione, a conferma che diventa sempre di più la strada da percorrere concretamente: “Si devono mettere in atto pratiche dirette alla riduzione dell’emissione di denaro per i servizi primari, riprendendoci fette di vita che troppo velocemente abbiamo affidato alla moneta. Ciò si traduce in mutuo vantaggio; non assistenza ma reciprocità. Per fare questo dobbiamo rifondare i rapporti sociali con nuove modalità”.

Un’ultima riflessione il docente la dedica al mondo dei giovani, oggi in difficoltà: “Dobbiamo fare di più per formare i giovani anche nelle scuole, attraverso una cultura che consenta una capacità di discernere, perché occorrono persone molto libere. Dobbiamo imparare a fare reddito anche di questo, dei prodotti della terra ad esempio. Un ruolo rilevante potranno averlo anche i progetti di alleanza stipulati tra giovani e anziani. A questi ultimi dobbiamo offrire occasioni di essere ancora produttivi, prima di tutto per loro stessi. Una economia che non guarda all’etica è diseconomia”.

Rivolto alla speranza è infine l’intervento di Mons. Casile il quale, non potendo fare a meno di individuare soprattutto nella mancanza di pensiero, di fraternità e di sguardo trascendente la sofferenza del mondo, ha invitato, tuttavia, ad essere all’altezza dell’umanità che rappresentiamo: “Nel 1981 i vescovi italiani dissero che il Paese non sarebbe cresciuto se non insieme, e noi invece pensiamo solo a come dividerci, sprecando risorse ed energie anche intellettuali, piuttosto che abitare la Storia con amore. Dobbiamo impegnarci a vivere più che mai con fede il nostro presente, soprattutto in maniera personale: mettere al centro la parola di Dio ed essere sempre all’altezza del Vangelo che professiamo”.

Il lavoro è nuovamente il tema al centro dell’incontro, soprattutto nella sua precarietà che troppo spesso trascina con sé inevitabilmente ad una precarietà di vita: “Il lavoro è dono di Dio: noi prestiamo le nostre mani a Lui, facendo bene anche le cose più piccole”.

Un ultimo, rassicurante, pensiero, Mons. Casile lo dedica alla famiglia, soggetto protagonista anche della 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si terrà nel Settembre 2013 a Torino: “Ricordandoci che i beni relazionali sono risorse e che dalla famiglia può partire il cambiamento. Qui nasce l’impresa e i protagonisti dell’abitare cittadino: il volto di un popolo si plasma all’interno delle famiglie”.

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