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Opinioni

Dalla soppressione al riordino. Come la “Regione matrigna” potrebbe salvare Benevento

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Soppressione. Accorpamento. Riordino. L’unica certezza, in attesa del via libera del Parlamento al testo definito sulla spending review, è che non ci sono certezze. In questa calda estate presidenti, comitati e cittadini sono intenti a giocare a risiko, cercando di attuare una strategia di conquista, sulla carta, di territori e abitanti altrui, per cercare di tamponare, con ritardo fatale, un’emorragia che negli anni, goccia dopo goccia, ha portato il Sannio a non rientrare nei criteri da farmacista del ministro Patroni Griffi.

Dalla soppressione di Benevento, passando per l’accorpamento ad Avellino, combattuto a colpi di folkloristiche e ataviche rivalità con i cugini irpini, oggi, vuoi per problemi di costituzionalità o per rendere meno amara la pillola della cancellazione dalle cartine topografiche, si parla di “riordino” delle province. Almeno a quanto emerge dall’ultimo emendamento alla spending review, che cambia ancora una volta il decreto n. 95 sulla soppressione delle Province. Il nuovo articolo 17 prevede ora che non sarà più lo Stato a decidere sul riordino, ma le Regioni, attraverso i Consigli delle autonomie locali (Cal). Ogni regione conosce il proprio territorio e dovrebbe essere quindi più chiaro e semplice operare un riassetto.

Peccato però che in Regione Campania ancora non c’è il Cal. Le elezioni dei 30 membri di questo organismo regionale di partecipazione e consultazione dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Comunità montane, erano state convocate, con decreto del Presidente della Giunta del 18 maggio, per il 18 luglio 2012. Ma il 16 giugno ancora un decreto, a firma di Caldoro, blocca tutto: la Regione Campania ha accolto la richiesta pervenuta dall’Anci di rinviare le procedure elettorali per le votazioni sul Consiglio delle Autonomie Locali, fissate per il 18 luglio. I motivi, come si legge nel decreto, sarebbero “le difficoltà organizzative esistenti presso gli enti interessati, Comuni e Province”. La data delle elezioni viene differita ad un successivo provvedimento. Ad oggi però ancora non è dato conoscere questa data. Eppure proprio questo coinvolgimento, più in linea con la costituzione italiana, delle Regioni potrebbe rappresentare l’ultima ancora di salvezza per la provincia di Benevento.

La Campania potrebbe proporre di mantenere in vita tutte e 5 le sue province. Ricordiamo che ad oggi l’unica destinata a scomparire è Benevento. I criteri per l’esistenza di una provincia, territorio non inferiore a 2500 kmq e popolazione residente non inferiore a 350.000 abitanti, che devono comunque essere rispettati, si potrebbero “spalmare” su tutto il territorio regionale, con un semplice calcolo. La popolazione della Campania è di 5.834.056. Dividendo la popolazione per 350.000, numero di abitanti minimo fissato dal Governo, si avrebbero 16,67 province. Stesso ragionamento per il criterio di estensione. La Campania ha 14.590, 24 kmq, dividendo per 2.500, si ottengono 5,44 province. Riorganizzando l’assetto delle province su base regionale, emerge così che la regione Campania ha territorio e popolazione tali da permettere, applicando i criteri di Patroni Griffi, l’esistenza di 5 province. Come prima della spending review.

Certo le circoscrizioni andranno ridisegnate dal Consiglio delle autonomie locali. I confini, eventualmente, dovrebbero essere rivisti, ma con una logica di colloquio con i territori interessati, di coinvolgimento fattivo al nuovo processo decisionale, non da barbari conquistatori che spostano popolazioni da una provincia all’altra. Perché se è vero che Benevento difende la sua storia e molti hanno avuto mal di pancia per l’ipotizzato passaggio con la provincia Avellino, è anche vero che non si può disporre dei comuni come fossero pedine su di una scacchiera. Perchè, a molti sembrerà strano, forse non tutti anelano ad essere inglobati in una provincia moribonda, che basa la sua forza attrattiva solo sulla storia dei padri o sui ricordi di gloriose gesta dei tempi andati. E’ l’esempio di Colle Sannita o di alcuni paesi del fortore. E che dire del Molisannio? Siamo sicuri che ad Isernia e a Campobasso vogliano creare con noi una nuova regione? Ed eventualmente in questa nuova regione, diamo per scontato che Benevento giocherà il ruolo della sovrana incontrastata e che Campobasso consegni le chiavi della macchina della provincia a noi?

Ora si cerca una cura salvavita per la Rocca dei Rettori, ma la migliore medicina sarebbe stata la prevenzione: non aspettare di toccare il fondo delle classifiche sulla qualità della vita in Italia, non costringere i giovani ad andar via per mancanza di lavoro, non accettare di essere la “pattumiera di Napoli”, insomma dimostrare orgoglio per il fiero passato sannita, che oggi a ogni sospiro viene ricordato, attuando politiche degne, queste si, di un popolo mai sottomesso. Ed ironia della sorte oggi il futuro di Benevento è nelle mani di quella più volte definita “Regione Matrigna”.

Erika Farese

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