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Opinioni

Sale il termometro politico a Benevento: scoppia il matrimonio PD-API

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Calda estate a Benevento. Non solo per il drago africano. Il termometro della politica registra temperature record nella casa del centrosinistra per la rottura del matrimonio tra il Partito Democratico e Alleanza per l’Italia. A scrivere la parola fine una nota della segretaria provinciale dei democratici. Troppi i dissapori, le incomprensioni, i “mal di pancia”, che si sono registrati in questi mesi. Un’unione, quella tra i due partiti, nata già con difficoltà. Almeno per quanto riguarda la composizione delle alleanze in occasione delle elezioni comunali a Benevento lo scorso anno.

Era la primavera 2011 quando il centro sinistra cercava di ricompattare le fila e prepararsi allo scontro politico con la “strana alleanza” di Mastella, Viespoli, Santamaria, che sostenevano come candidato sindaco, l’ex presidente della provincia di Benevento, Carmine Nardone. Nella segreteria di viale Mellusi la notizia dell’adesione ufficiale dell’Api alla coalizione di centrosinistra veniva più volte rimandata. Malgrado i numerosi incontri tra i due segretari, Mortaruolo del PD e Marsicano dell’Api, i rutelliani dissero si al matrimonio con il PD solo l’ultimo giorno di marzo 2011, dopo il “via libera” da Roma.

Negli stessi mesi in via delle Poste, in casa Udc, si svolgevano le prove tecniche di un costituendo terzo polo, riprese, dopo lo stop della campagna elettorale, nel corso dei mesi successi alle elezioni. Nella tessitura delle alleanze in vista delle amministrative, si era cercato di dar vita ad un polo ”allargato” con Udc, Api, Tèl e anche Udeur. Progetto poi abbandonato e ripreso dopo le elezioni, seguendo però la strada nazionale che vedeva interloquire Casini, Rutelli e Fini. Un’unione sannita tra Udc, Fli e Api svanita presto come un fuoco di paglia, lasciando solo le ceneri, ossia gli interrogativi degli alleati del centrosinistra, che vedevano i rutelliani, con cui nel frattempo avevano vinto le elezioni, assumere la forma di un Giano bifronte, impegnati a ribadire ad ogni sospiro la fedeltà alla coalizione con cui condividevano gli scranni di palazzo Mosti, ma allo stesso tempo impegnarsi per la creazione, anche nel Sannio, di un polo di centro.

Ma che cosa ha spinto l’Api ad aderire alla coalizione di centrisinistra, che ha portato Fausto Pepe a governare per la seconda volta la città? In un anno più volte gli esponenti sanniti del partito di Rutelli hanno ricordato ai democratici l’antica frase della diplomazia: pacta sunt servanda. I patti vanno rispettati. Il riferimento è all’”accordo di Roma”, il patto che ha fatto sciogliere ogni riserva all’Api, spingendolo ad aderire alla coalizione di Fausto Pepe. Un incontro capitolino, mai palesato ufficialmente, che avrebbe visto addirittura coinvolti i vertici nazionali dei rispettivi partiti. In cambio del si al matrimonio con il PD, la dote per l’Api sarebbe stata più che corposa: la vicepresidenza della Provincia di Benevento a Gianvito Bello, già assessore della giunta Cimitile.

Una promessa ad oggi mai tramutata in realtà. Uno smacco per i rutelliani. Un’amarezza palesata anche durante gli Stati generali del centrosinistra a Benevento il 24 aprile 2012. Sebbene l’incontro si sia svolto a porte chiuse, al di fuori del piccolo teatro libertà, i vertici dell’Api avevano espresso alle nostre telecamere tutto il loro malcontento per una “città in stallo”. Ma mentre l’Api, che dall’alleanza con il Pd aveva comunque ottenuto al Comune di Benevento un assessorato come quello all’urbanistica e al puc, andava avanti nella sua volontà di far rispettare il patto capitolino, le riunioni terzopoliste sembravano aver portato alla nascita di una nuova realtà politica nel Sannio. Poi naufragata come un’onda su uno scoglio.

Arriva il caldo, iniziano gli esodi. Mentre la formica PD rinforzava le sue fila, creando un blocco quasi monopolistico a Palazzo Mosti, con la confluenza degli eletti di Lealtà per Benevento, ad eccezione di Damiano, non a caso definito più volte “l’ultimo dei lealisti”, l’Api perdeva pedine. Le ultime, l’assessore comunale all’urbanistica Marcello Aversano ed il coordinatore cittadino Dino Maiella. Alla Rocca dei Rettori la partita PD e Api si giocava su altri campi: quello delle società partecipate della Provincia, in particolare ArtSannio, creatura di Gianvito Bello, che sarà messa in liquidazione.

A distanza di un anno dalle elezioni, stando sempre alla nota stampa a firma del segretario provinciale del PD Mino Mortaruolo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso e spinto i democratici a chiedere il divorzio, è l’assenza dell’unico consigliere Api a Palazzo Mosti, Mario Cangiano, al consiglio comunale sul bilancio di fine luglio. Vani i chiarimenti del consigliere Cangiano, ripetuti anche oggi su facebook, che giustificavano la sua assenza con con problemi di salute, del resto già “noti al Sindaco”. E il consigliere sempre sul social network assicura: “Senza vincolo di maggioranza posso dire di tutto con maggiore libertà e nei prossimi giorni ne sentirete delle belle !!!”.

Il punto di non ritorno è stato segnato. Come nelle migliori love story finite male, il Pd caccia da casa l’Api. Che tradotto in termini politici vuol dire: fuori dalle amministrazioni e addio alle poltrone. Non resta che capire le conseguenza di tale decisione. A Palazzo Mosti nel blocco PD, saranno due le voci fuori dal coro dei democratici: oltre Aldo Damiano, ora anche Mario Cangiano.

Ma l’interrogativo più interessante è cosa succederà alla Rocca dei Rettori. Qui gli equilibri sono decisamente meno stabili rispetto a Via Annunziata, la maggioranza di Cimitile si regge in piedi per un solo voto. L’unico consigliere Api è Mario Marotta, eletto a maggio sindaco di Limatola. Proprio in qualità di sindaco, poche ore prima della lettera di rottura del PD, aveva inviato una nota alla stampa, nella quale assicurava, nell’ambito del riordino delle province previsto dalla spending review, la fedeltà del suo Comune alla Rocca dei Rettori. Nella nota, inviata dall’ufficio stampa della provincia si legge che il comune di Limatola “intende restare nei confini della Provincia di Benevento con l’intento di rafforzarla ulteriormente e consentirle di raggiungere i parametri territoriali e demografici fissati dal Governo.” Una nota che lascia spazio a due interpretazioni: forse Marotta non sapeva della decisione che nella serata avrebbe preso il Pd, oppure voleva dare prova della distensione dei rapporti con il presidente Cimitile? Gli interrogativi sono molti. A partire dalla decisione che Cimitile prenderà nei confronti di Gianvito Bello. Lo revocherà da assessore? Gli chiederà di fare le valigie e andare via? Intanto i rutelliani non ci stanno ad essere scaricati senza chiarimenti e chiedono agli ex un “formale incontro” per chiarire la situazione.

Erika Farese

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