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Riti settennali, è il giorno della processione generale con il sacrificio dei Battenti

Il vescovo diocesano Battaglia: "Il sangue versato da chi oggi si batte il petto non è per implorare la pietà di Dio che è già misericordioso, quanto più per implorare la pietà degli uomini"

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E’ piazza Castello il luogo dell’incontro dei “battenti” con la statua della Vergine Assunta. E’ il momento più emblematico del settimo e ultimo giorno dei Riti settennali di Guardia Sanframondi, quando gli incappucciati dal saio bianco, macchiati del proprio sangue, durante la processione generale vanno incontro alla Madonna inginocchiandosi e battendosi più forte il petto.

Questa volontaria mortificazione, che comporta dolore continuo, sete bruciante, l’urgenza di disinfettare con il vino offerto loro durante il percorso la “spugna”, un pezzo di sughero circolare con spilli acuminati, esprime la più alta manifestazione del desiderio personale di purificazione per ascendere a Dio e alla Vergine.

La processione generale ha radunato tutti cortei rionali Croce, Portella Fontanella e Piazza, sin dalle otto del mattino per convergere alla Basilica dell’Assunta, dove hanno atteso in preghiera i battenti e assistere alla santa messa. A presiedere la concelebrazione, svoltasi nella piazza San Filippo che è diventata una chiesa all’aperto, il vescovo diocesano Mimmo Battaglia.

“Guardia, ti dico grazie per il questo atto di fede, di impegno e di speranza – ha detto il vescovo, sottolinenando: “Il sangue versato da chi oggi si batte il petto non è per implorare la pietà di Dio che è già misericordioso, quanto più per implorare la pietà degli uomini a non arrendersi alle ferite di questa terra e ad alzare la voce contro gli abusi, sapendo che dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto davanti al tribunale di Dio.”

Dopo la celebrazione ogni rione si è ricomposto con i quadri misterici, fedeli e corali, i propri simboli per la grande processione che si è snodata per le strade del borgo titernino.

Ad aprirla il rione Croce che, con il quadro di San Girolamo penitente, ha introdotto i battenti che si sono inseriti nel corteo uscendo dalla chiesa a ritroso con un crocifisso e un’immagine della Madonna nella mano sinistra e la spugna con cui hanno cominciato a battersi il petto a sangue nella mano destra.

Prima, però, il grido di invito alla penitenza: “Fratelli, in nome di Maria, con forza e coraggio, battetevi”.

Se un luogo si riveste di significato con i gesti della gente che lo abita, allora Guardia Sanframondi ricalca bene lo spirito di questo sacrificio religioso del suo popolo diventandone metafora con il suo centro storico di stradine strette e ripide, faticose da percorrere che si aprono sul piazzale della Basilica.

E’ un sacrificio che diventa dono quello che i Guardiesi fanno alla Madonna ascesa al cielo; le loro processioni penitenziali dal ritmo lento, cadenzato di preghiere e canti rituali dei cori rionali, che ogni sette anni, per sette giorni e per sette ore al giorno, danno vita alla riproduzione scenica e liturgica degli eventi biblici e al rinnovo della conversione individuale e comunitaria, sono lo strumento di ascensione dell’anima a Dio per intercessione dell’Assunta.

La cadenza temporale viene definita come l’anno sabbatico dei Guardiesi, ma il valore che le Sacre Scritture danno al numero “7” è ampio molteplice e non si può, secondo noi, non collegarlo tra le altre cose, anche alle sette aspersioni di sangue che il Levitico dell’Antico Testamento cita per ottenere una purificazione completa, che i “battenti” tentano di conquistare con il proprio gesto.

I Riti Settennali di Guardia riescono anche a rinsaldare il legame comunitario, a rinnovare l’identità di un popolo in nome dell’Assunta e a riunire chi qui è rimasto e chi è emigrato decenni addietro.

Rimane aperto il quesito sul perché i Guardiesi, tra le tante tipologie di penitenza, abbiano scelto proprio l’estremo gesto del battersi il petto a sangue, pur rimandando questo alla leggenda fondativa della venerazione alla Vergine.

Lo stesso vescovo Battaglia ha detto “non so quali sono le vostre motivazioni ed è vero che solo chi non vive i misteri non può capire e per questo vi chiedo di affidarvi a Maria.”

Ogni interpretazione di natura socio-antropologica potrebbe, comunque, non essere esaustiva per comprendere i Riti settennali se non si lascia spazio a quella di natura religiosa. Solo la fede può spingere i membri di una comunità a mortificare il proprio corpo fino a farlo sanguinare, a ricordare forse, in questo modo, a se stessi e al mondo il limite e la finitezza dell’uomo e la necessità di chiedere protezione di fronte alle avversità e alla precarietà della vita.

E’, forse, perché solo affidandosi ed esteriorizzando questa consapevolezza che l’uomo stesso diventa più forte e più fiducioso anche in se stesso.

“Non è esibizionismo perché prevale l’anonimato, il volto e il corpo sono coperti; siamo solo molto credenti” – affermano, del resto, i cittadini e i sacerdoti di Guardia Sanframondi che oggi ha attirato l’attenzione del mondo su di sé con centinaia di operatori dell’informazione, migliaia di curiosi e studiosi.

Rafforzato il servizio d’ordine e di soccorso: non sono mancati momenti di malore, gestiti efficientemente dai numerosi operatori di Polizia, Carabinieri, della Protezione Civile e del 118 convenuti a Guardia da tutto il Sannio, per chi ha atteso per ore l’arrivo dei battenti. Non è mancata nemmeno paura trasfigurata in pianto dei bambini portati in braccio in piazza Castello dai genitori che troppo presto hanno voluto trasmettere ai loro figli una tradizione dai significati complessi e non sempre comprensibili.

Tra le numerose autorità presenti anche il consigliere regionale Mino Mortaruolo, che attraverso la sua pagina Facebook ha commentato l’evento: “I Riti settennali di Penitenza di Guardia Sanframondi tra gesti, ritmi, preghiere, canti che diventano misura del tempo con le generazioni. Un momento di grande richiamo collettivo attorno ai valori antichi di un popolo che nel presente vanno riletti, vissuti e interiorizzati con gli occhi della fede e del cuore”.

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