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Opinioni

Divide et impera

Il passaggio del Consigliere regionale Abbate alla corte di Umberto Del Basso de Caro era più che prevedibile perché risponde alla strategia che De Luca si è visto costretto ad adottare dopo l’elezione di Elly Schlein alla guida del Nazareno. Oggi De Luca deve vincere la partita per il terzo mandato e ha bisogno di tutto il Pd, anche a costo di sacrificare alleanze solidissime sui territori. Domani chissà…

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Da un anno a questa parte il sistema di potere mastelliano continua inesorabilmente a perdere pezzi. L’ultimo ad abbandonare il sindaco di Benevento, come noto, è stato il consigliere regionale Luigi Abbate, tornato tra le braccia di Umberto Del Basso De Caro, ovvero nel Pd.

La genesi di questo lento tsunami va ricercata nelle ultime elezioni politiche, in una sconfitta che maturò ben prima dell’apertura delle urne quando il sindaco di Benevento si ritrovò isolato, costretto a giocare da solo una partita impossibile. Nei mesi a seguire Mastella ha cominciato progressivamente a perdere riferimenti, più o meno di peso, soprattutto, se non esclusivamente, in favore di Forza Italia. In primo luogo amministratori alla ricerca di una nuova collocazione, piccoli o grandi portatori di voti riconducibili alla palude moderata che tra la fedeltà al vecchio leader sempre più isolato e l’opportunità di recuperare nuovi spazi nell’ambito del centrodestra di governo, non hanno esitato a scegliere la seconda opzione.

Ma sarebbe sbagliato ricondurre tutto alla sconfitta subita alle elezioni politiche, perché è del tutto evidente che Mastella non è riuscito ad arginare l’emorragia non tanto perché isolato rispetto al centrodestra di governo, quanto isolato sul piano regionale.

A condannare il sindaco di Benevento, quasi per paradosso, è stata l’elezione di Elly Schlein alla guida del Pd. Nel momento in cui la segretaria ha messo in discussione il diritto del governatore De Luca a concorrere per il terzo mandato quest’ultimo ha dovuto necessariamente rivedere i suoi piani, ha dovuto ridefinire la propria strategia sui territori puntando a blindare la propria egemonia sul partito, a recuperare le interlocuzioni perdute, anche a costo di rinnegare alleanze fino a quel momento solidissime.

Ecco, dunque, che De Luca non ha avuto remore a rompere con Mastella per tendere la mano a Del Basso De Caro, suo antico e acerrimo nemico, ridotto all’irrilevanza ad Avellino come a Benevento, senza riferimenti in Consiglio regionale, mettendo sul piatto spazi di gestione in cambio dell’obbedienza cieca in chiave congressuale. In quel momento il sistema di potere mastelliano, cresciuto con il solo lievito della gestione del potere, costruito con il cemento dell’indistinto, è inevitabilmente imploso.

Il patto, come si ricorderà, fu suggellato alla Festa dell’Unità del Pd sannita lo scorso ottobre, quando Vincenzo ed Umberto si ritrovarono sorridenti sullo stesso palco, uniti nel lanciare strali contro il Nazareno e contro il governo, a rivendicare il primato dei territori, rispetto per il partito degli amministratori, a ragionare di futuro.

In questa prospettiva va letta la decisione di Gino Abbate. Più che una decisione assunta in autonomia, maturata nel corso dei mesi su divergenze di natura politica, ovvero per mancanza di condivisione e collegialità, s’è trattato di una scelta obbligata, imposta da De Luca, ovvero dal suo cerchio magico, in ragione dell’accordo definito con De Caro. A cui occorreva garantire un riferimento in Consiglio regionale, un uomo all’Havana che non poteva essere Mortaruolo, unico consigliere regionale sannita eletto nel Pd, oggi principale avversario dell’ex Sottosegretario nel partito.

Nel momento in cui Mastella ha perso il filo diretto con il governatore Abbate si è ritrovato a vestire i panni del paria in Assise regionale, isolato dalle dinamiche di gestione, riferimento di nessuno. Abbandonando il sindaco di Benevento per scegliere di servire De Caro ha recuperato il posto perduto alla tavola del governatore, ha ritrovato agibilità per incidere sul terreno della gestione, strumenti e leve per garantire risposte. Non più nel nome di Clemente ma nel nome di Umberto. Sempre e comunque agli ordini di De Luca.

Ed eccoci al punto. Oggi il governatore ha bisogno di Del Basso De Caro perché ha la necessità di misurarsi alle europee, di non concedere sponde al Nazareno sui territori, di riaffermare la propria egemonia sul partito in Campania, di combattere con ogni mezzo la partita per il terzo mandato. Ma fra un anno, qualora dovesse vincere il braccio di ferro con Schlein, qualora dovesse ottenere il lascia passare per il tris con Emiliano e Bonaccini, potrebbe avere tutt’altra necessità, potrebbe vedersi costretto a ricostruire le alleanze sacrificate per allargare il perimetro del suo fronte in chiave regionale, anche a costo di sacrificare pezzi di Pd. E a quel punto non impiegherebbe più di qualche ora a rompere di nuovo con Del Basso De Caro per ricucire con Mastella, a patto, ovviamente, che il sindaco riesca a sopravvivere. Divide et impera, direbbero i dotti.

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