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Parrucchiere esasperato dalle tasse e dalla concorrenza sleale: “Così mi costringono a lasciare Benevento”

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La crisi economica, la forte pressione fiscale sulla sua attività professionale e la concorrenza sleale hanno spinto un parrucchiere di Benevento a denunciare attraverso la stampa e in forma anonima la realtà in cui dichiara di trovarsi a vivere, dovendosi confrontare quotidianamente con chi pratica la sua stessa professione in forma sommersa.

Il suo è anche un invito ai suoi colleghi a “cominciare a combattere denunciando alla guardia di finanza e agli enti preposti al controllo della legalità economica chi fa concorrenza sleale”.

La lettera, che di seguito riportiamo in forma integrale, è un atto di coraggio di chi, prima di decidere di abbandonare la sua terra, vuole cercare di cambiare le cose incanalando l’esasperazione e la rabbia in energia positiva per un progetto di rinnovamento che parta da una presa di coscienza collettiva della realtà e da un senso di responsabilità verso se stesso e l’amata terra in cui vive e lavora.

“Salve, ho deciso di scrivere queste poche righe perché sono stanco di quanto vedo in circolazione.

Vivo a Benevento da una vita, sono stato sempre innamorato ed orgoglioso della mia città. Oggi, però, sono costretto a pensarla in modo totalmente diverso tanto da essere giunto alla conclusione di voler abbandonare, a malincuore, il luogo delle mie origini.

Poiché nella vita ho sempre lottato, voglio farlo anche adesso provando a smuovere le coscienze di noi cittadini beneventani e dei diversi miei colleghi che ogni giorno si impegnano e lottano per portare avanti la propria attività.

Sono parrucchiere da 35 anni, ci sono stati sempre alti e bassi ma attualmente per tutti noi, sono convinto di parlare a nome di tutti, ci sono periodi letteralmente oscuri. Sono stanco di ricevere quotidianamente raccomandate dall’Agenzia delle Entrate, dall’Inps, dall’Inail, visto che siamo inseriti in elenco presso questi enti e ci vediamo esposti a continui controlli, come se fossimo dei ladri.

Ma la domanda che mi faccio è: ma tutte quelle persone che svolgono la mia stessa attività e quella di estetista presso le abitazioni dei clienti o addirittura presso le proprie abitazioni, dove hanno un vero e proprio salone, chi le controlla?

Nessuno lo sa, non c’è un elenco dove poterli trovare. Sicuramente anche loro devono vivere, hanno una famiglia da portare avanti, ma io, secondo voi, non devo campare? La mia famiglia non deve mangiare? Oramai a fine mese non arrivo più a causa delle tasse infinite, dei costi elevatissimi e a questo si aggiunge il fatto che mi tocca combattere con una concorrenza sleale.

Le ragazze che vanno in giro presso le abitazioni o le ex parrucchiere ed ex estetiste che hanno creato un salone presso le proprie case con dei prezzi inferiori al 50% rispetto a quelli che devo praticare io e i miei colleghi, non pagano l’IVA del 22%, non pagano circa 3200 euro di contributi all’anno, non pagano circa il 20, 25% di imposte, senza considerare le altre spese necessarie per l’adeguamento dell’attività.

Ho deciso di rivolgermi ai miei colleghi, ai giornali, agli enti preposti ai controlli, quando alcuni giorni fa una ragazzina con una borsa a tracollo è passata dinanzi al mio salone e con aria altezzosa mi ha guardato, quasi a dirmi: “povero stupido, tu lavori per pagare le tasse ed io incasso i miei 10 euro senza pagare un centesimo” e si è infilata nel portone per recarsi da una signora che abita nel mio stabile.

Allora dobbiamo decidere se stare in silenzio e attendere la nostra fine oppure fare un elenco di nominativi e inviarlo anche in forma anonima alla guardia di finanza. Io lo faccio per provare a smuovere le acque.

Io non voglio distruggere la mia attività e la mia dignità. Decidere di scrivere di tutto questo per denunciare la realtà in cui siamo costretti a lavorare, non è stato semplice ma l’ho fatto per la disperazione e l’esasperazione a cui sono giunto: non ho più vita serena con gli amici, con i miei figli e con me stesso e più volte sono stato vicino a farla finita. Credo che bisogna smettere di dire che è colpa dei politici, ci dobbiamo svegliare: adesso tocca ad ognuno di noi denunciare queste persone.”

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