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Cinque anni con la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, la Commissione d’inchiesta: “Una situazione inquietante”

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Era il 25 giugno del 2008 quando il primo tir carico di rifiuti sversò nella discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, decretandone di fatto l’entrata in funzione. Cinque anni dopo, lo sversatoio concepito e realizzato per tamponare l’emergenza rifiuti in Regione Campania è chiuso. Sequestrato dalla Magistratura nel marzo del 2011 per inquinamento ambientale. Troppe le anomalie di quella discarica.

Un sito progettato per accogliere circa 750 mila tonnellate di rifiuti, realizzato su un versante franoso. Circa due mesi dopo l’entrata in funzione, i lavori per la costruzione delle vasche vengono momentaneamente interrotti per il verificarsi di alcuni dissesti: si apre la prima crepa nell’invaso del lotto 2 quando ancora non è terminato. Inizia così la costruzione di una serie di pali di cemento per reggere quella discarica, per impedire che franasse e scivolasse a valle, nel torrente Pazzano. Soldi, tanti soldi spesi perchè qualcuno aveva deciso di costruire una mega discarica, lì, in contrada Nocecchia, dove anche le case sono impotenti di fronte al terreno che frana. E poi la questione del percolato, che sarebbe stato riversato nei terreni circostanti. Lo spettro che quella nera montagna, posta in un angolo di verde, quasi dimenticato da Dio, custodisse nel suo ventre rifiuti tossici.

Quando il sito è ormai quasi saturo di rifiuti, la Magistratura ferma tutto. Il pomeriggio del 18 marzo del 2011 gli uomini del Nipaf del Corpo Forestale appongono i sigilli. “Tale provvedimento – si legge in una nota del comandante provinciale Angelo Vita – è scaturito a seguito di una lunga ed intensa attività di indagine svolta dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato che ha portato alla luce l’inquinamento causato dall’illecito smaltimento del percolato prodotto all’interno della discarica, nonché il pericolo di frana e di disastro ambientale, poiché non sono stati eseguiti i lavori richiesti dalle prescrizioni contenute nelle relative autorizzazioni.”

Un anno prima, nel luglio del 2010, sempre gli uomini della Forestale avevano sequestrato le due vicine ex discariche, una comunale e una della Fibe, a causa di “inquinamento del suolo e del sottosuolo da parte di una costante fuoriuscita di percolato dal corpo delle due discariche”. Due discariche, che ad oggi ancora aspettano la bonifica, malgrado questa avrebbe dovuto essere realizzata a cura del Commissariato per l’emergenza rifiuti in Campania prima ancora che la stessa struttura avviasse nel 2008 l’apertura di una ulteriore discarica a Sant’Arcangelo Trimonte, quella di contrada Nocecchie. Si preferì destinare i soldi alla costruzione di pali per lottare contro il dissesto idreogeologico, piuttosto che bonificare il territorio dai veleni.

Dopo cinque anni quello che resta è un territorio sfregiato e una relazione, che pesa come un macigno. Quella della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta da Gaetano Pecorella. Una relazione, approvata dalla Commissione nella seduta del 5 febbraio 2013, che racchiude i risultati dell’approfondimento territoriale della regione Campania a partire dal 2009, delle indagini della Procura di Benevento e delle testimonianze di Istituzioni e Forze dell’Ordine, e di cui vogliamo portarvi a conoscenza dei punti più emblematici per capire cosa è successo in questi anni.

Le vecchie discariche di Sant’Arcangelo Trimonte e le indagini della procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento

“I magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Benevento hanno sottolineato come siano oggetto di sequestro due discariche chiuse della provincia di Benevento, quella comunale di Sant’Arcangelo Trimonte, e quella consortile in località Pianella, in relazione alle quali non pare siano mai state effettuate le attività di manutenzione, di bonifica, di corretta gestione, sia nella fase operativa che nella fase post-mortem.

Nel predetto procedimento (n. 2732/2010) risultano indagati sia il sindaco di Sant’Arcangelo Trimonte che il rappresentante del consorzio unico di bacino di Napoli e Caserta i quali, secondo l’impostazione accusatoria avrebbero smaltito o, comunque, contribuito a far smaltire illecitamente il percolato sversandolo sul terreno, omettendo di porre in essere tutti gli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle discariche onde evitare la fuoriuscita di percolato dall’invaso, nonché tutte le operazioni necessarie per garantire le opportune misure di salvaguardia ambientale previste dal decreto legislativo n. 36 del 2003 per le discariche in fase post operatoperativa.

Risulta anche contestato nel provvedimento di sequestro il reato di omissione di atti di ufficio, ex articolo 328 c.p., avendo i pubblici ufficiali sopra menzionati omesso atti del loro ufficio che, per ragioni di igiene e sanità, avrebbero dovuto essere compiuti senza ritardo; segnatamente per avere omesso di rimuovere il percolato e per non avere provveduto ad eseguire con urgenza tutti gli atti necessari per  la gestione post-mortem delle discariche.

Le fuoriuscite di percolato, rilevate in numerosi sopralluoghi dai tecnici dell’ARPAC a partire dal mese di aprile 2010, sarebbero riconducibili a due fattori: la mancata copertura delle discariche con  apposito telo ed il mancato emungimento del percolato”.

La discarica regionale di Sant’Arcangelo Trimonte

Nel punto 2 della relazione viene ricostruita la situazione del sito di contrada Nocecchia dalla fase commissariale alle inchieste della magistratura.
“La discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, aperta dal commissario delegato, si trova su un terreno franoso, vicino ad un centro abitato, a valle della discarica. In sostanza, i cittadini del paese di Sant’Arcangelo vivono costantemente con la spada di Damocle che – da un giorno all’altro – la discarica possa franare, travolgendo il paese.

La realizzazione della discarica dal commissariato per l’emergenza rifiuti

In merito alla realizzazione della discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, dopo aver ripercorso le tappe della nascita, costruzione ed affidamento alla Daneco Impianti della discarica, la relazione, riporta le informazioni fornite dal presidente della provincia di Benevento, nella relazione prodotta in sede di audizione.

“Si legge ancora nella relazione del presidente della provincia che fenomeni di dissesto idrogeologico e di frana hanno interessato la discarica sin dalle prime fasi della sua realizzazione. La scelta di ubicazione del sito è stata fatta senza tenere in debito conto la carta delle frane elaborata nel 2006 dall’Università del Sannio, che evidenziava la natura instabile dell’area prescelta per la realizzazione del sito. (…) Sebbene già in quella fase fossero stati effettuati lavori suppletivi, allorquando la discarica venne data in gestione operativa alla provincia di Benevento al 31 dicembre 2009, nel piano economico finanziario trasmesso da parte della struttura di Governo ai fini della definizione del costo provvisorio per il conferimento in discarica erano previsti ulteriori interventi di messa in sicurezza per un importo netto di euro 13.840.099,94, la cui realizzazione veniva demandata alla subentrante amministrazione provinciale.  

In sostanza, la discarica è stata realizzata in un sito assolutamente inidoneo tanto e, allo stato, nella relazione di collaudo statico ne è stata dichiarata la non collaudabilità nel mese di gennaio 2011.” 

Sopralluogo effettuato dalla Commissione presso la discarica commissariale di Sant’Arcangelo Trimonte: le preoccupazioni dei cittadini

“In considerazione dell’assoluta gravità della situazione relativa alla discarica ex commissariale di Sant’Arcangelo Trimonte, la Commissione ha ritenuto di effettuare un sopralluogo nel corso della  missione effettuata nel mese di giugno 2011. In quell’occasione erano presenti, tra gli altri, il direttore tecnico della discarica e il presidente della società provinciale Samte. (…)Al momento dell’acquisizione della titolarità della discarica, la provincia ha ricevuto un impianto non collaudato e successivamente dichiarato, nel gennaio 2010, non collaudabile fino alla realizzazione delle oepre di messa in sicurezza.

I lavori di realizzazione sono stati affidati alla Daneco a seguito di gara ad evidenza pubblica, su progetto esecutivo dello Studio geotecnico italiano (è stata prodotta la relativa documentazione progettuale richiesta ?)

All’esito del sopralluogo la Commissione ha incontrato i sindaci e i cittadini della zona. Nel corso dell’incontro sono emerse tutte le forti preoccupazioni delle popolazioni locali in merito alla situazione territoriale gravemente compromessa, alle pesanti ripercussioni sull’agricolutra ed alla necessità che vengano effettivamente erogati dallo stato le somme previste a titolo di compensazione ambientale, nonché gli ulteriori finanziamenti previsti per la riqualificazione del territorio.

Ciò che è stato più volte ribadito è che durante i lavori di realizzazione della discarica erano emersi chiaramente i problemi di franosità del terreno, sicchè vi era la piena consapevolezza di realizzare la discarica in un luogo assolutamente inidoneo. (…) La discarica commissariale di Sant’Arcangelo Trimonte è la prova visibile di una programmazione scellerata del territorio e del vano tentativo della struttura commissariale e dei commissari che si sono succeduti nella gestione dell’emergenza di « tamponare » i problemi, adottando scelte inadeguate sotto la pressione dell’emergenza.

Se vi siano interessi privati sottesi alla scelta di quel sito sarà la magistratura ad accertarlo, di certo appare a dir poco scellerata la scelta di realizzare una discarica in quel sito.” 

Il provvedimento di sequestro preventivo

Un capitolo a sé, il sesto, è dedicato alle problematiche relative alla discarica commissariale di Sant’Arcangelo Trimonte dal punto di vista del lavoro che la Magistratura sta portando avanti. Ecco cosa scrive la Commissione:
“Il dottor Clemente, titolare delle relative indagini, ha evidenziato come tre vasche della discarica siano state sottoposte a sequestro, mentre risulta ancora operativa solo la quarta vasca (peraltro  prossima all’esaurimento). Le ragioni del sequestro sono riconducibili a tre profili di criticità:  la fuoriuscita di percolato; l’inquinamento delle falde ed il pericolo di frane.

Le indagini sono state avviate a seguito di numerosi esposti presentati da cittadini, esposti che sono stati riuniti con l’avvio di un’unica attività investigativa. La questione particolarmente grave, emersa sia nel corso dell’audizione che nel corso del sopralluogo effettuato dalla Commissione, è la realizzazione della discarica in un sito assolutamente inidoneo, trattandosi di zona franosa.

Il procedimento, secondo quanto emerge dal provvedimento di sequestro, risulta attualmente iscritto a carico dell’amministratore unico della Daneco Impianti Srl e del responsabile tecnico della gestione della discarica in relazione alla mancata esecuzione degli interventi di messa in sicurezza della discarica medesima al fine di evitare la fuoriuscita di percolato nonché di tutte le operazioni necessarie per garantire le opportune misure di salvaguardia ambientale e di stabilità dei suoli.

Risulta anche contestato il reato di cui agli artt. 427 e 434 c.p., per avere gli indagati cagionato un pericolo di frana e di disastro ambientale « determinando un inquinamento del suolo e del sottosuolo con lo sversamento reiterato di rifiuti pericolosi (tra cui rifiuti contenenti percolato ed oli minerali e diossine superiori ai parametri) e non pericolosi, determinando altresì la formazione di ingenti quantità di percolato che si infiltravano nei terreni e nelle acque circostanti ».

Omettevano inoltre, sempre secondo l’impostazione accusatoria, di coprire con terreni o teli di impermeabilizzazione i rifiuti e gli accumuli di percolato anche nelle parti di discarica non coltivate. Gli accertamenti effettuati dai CTU nominati dalla procura, si legge nel provvedimento, avrebbero consentito di rilevare il progressivo aggravarsi della situazione con riferimento alla fuoriuscita di percolato dai lotti II, III, IV ed hanno altresì evidenziato come siano state occultate da teli e barriere vasche colme di percolato, e ciò spiegherebbe anche perché precedenti rilievi dell’ARPAC avessero dato esito negativo.

Il Corpo forestale dello Stato ha inoltre rilevato la presenza di una tubazione interrata atta a far confluire i liquidi di discarica (rectius percolato) al di fuori di essa nel vallone Pazzano le cui acque si immettono nel fiume Calore.

È stato quindi richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo della discarica commissariale, ora nella titolarità della Provincia, di Sant’Arcangelo Trimonte (BN) affidata in gestione alla Daneco Impianti Srl con facoltà di uso agli indagati limitatamente alle seguenti attività: sversamento di rifiuti nel solo lotto-vasca 1 di discarica che presenta minori criticità; rimozione continua del percolato; copertura delle parti di discarica non interessate allo sversamento; realizzazione delle opere e dei lavori previsti nei progetti e nelle varianti; ogni altra opera o lavoro necessari per la messa in sicurezza della discarica e per evitare l’inquinamento del sottosuolo e delle acque”.

Considerazioni finali della Commissione

Alla fine della ricognizione sullo stato della discarica regionale di Sant’Arcangelo Trimonte, la Commissione parlamentare d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti così conclude: “Si è avuto modo di constatare quanto sia inquietante la situazione della discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, realizzata su un terreno franoso e che necessitante di interventi di consolidamento assolutamente urgenti e imponenti. La discarica perde percolato, che non viene adeguatamente smaltito, così come le vicine discariche comunali e regionali.

In sostanza, la gestione commissariale ha creato evidenti danni avendo consentito la realizzazione di una discarica su un terreno inadeguato.”

Erika Farese

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