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POLITICA

Abolizione Province e Comuni, Del Basso De Caro: ‘Verificare la legittimità giuridica del provvedimento’

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"Il decreto legge con il quale il Governo ha, fra l’altro, soppresso trentasei provincie e circa duemila piccoli comuni merita numerose censure e ciò a prescindere dai sentimenti di autentica indignazione per le popolazioni che di siffatto provvedimento sono immediate destinatarie. Mi chiedo, innanzitutto, da modesto operatore del diritto, se sia legittimo "cancellare" dalle articolazioni amministrative della Repubblica trentasei provincie, alcune delle quali di recente istituzione , con legge ordinaria. Mi chiedo, inoltre, quale sia il destino dei cittadini fino ad oggi amministrati dagli enti soppressi posto che il decreto al riguardo nulla prevede". E’ quanto dichiara il consigliere regionale del PD Umberto De Basso De Caro, intervenuto con una nota sulla decisione del Governo di abolire le province con meno di trecento abitanti e i comuni al di sotto dei mille abitanti.

"Mi chiedo, ancora," continua, "come possa sopravvivere la città di Trieste, capoluogo della Regione Friuli Venezia Giulia, ma privata dello "status" di capoluogo di Provincia o, ancor di più, la Regione Molise, a statuto ordinario, a seguito della scomparsa delle Provincie di Campobasso ed Isernia.

Sono questi alcuni tra i casi più clamorosi le cui conseguenze non potranno non interessare il giudice delle leggi.
Ma danno anche la misura della superficialità e dell’approssimazione di un Governo che pensa di affrontare problemi seri, i costi della politica, partendo dalla coda e non dalla testa che e’ rappresentata da un Parlamento tanto pletorico quanto inefficiente, da Regioni incapaci di produzioni legislative appena degne di questo nome, da centinaia di enti pubblici statali inutili se non dannosi.

Tutto ciò avviene nel contesto di una crisi finanziaria che aggredisce un Paese già fortemente stremato con un Governo lacerato al proprio interno su temi essenziali, con un Parlamento nel quale gli "ascari" di giolittiana memoria sono componente essenziale.

Non e’ questo il momento delle sofisticate analisi sull’ente intermedio, ne’ sulla riforma costituzionale dello Stato, da trent’anni annunciata come imminente, né sull’incidenza, invero minima, dei costi delle Provincie sulla spesa pubblica nazionale.

Al tempo stesso, con riferimento allo specifico del nostro territorio provinciale, e’ inutile ricordare ai sordi la nobiltà delle nostre tradizioni che fanno di Benevento e del Sannio uno "specifico" nella Regione Campania e nell’Italia meridionale.

Sarebbe del tutto fuorviante riferirsi a ciò che siamo stati, da Sanniti,da Longobardi, da enclave pontificia.
La nostra bimillenaria storia, che così tante volte si e’ sovrapposta ed incrociata con quella nazionale , il grande patrimonio artistico ed archeologico del quale siamo andati fieri, il nostro orgoglio identitario che ci ha fatto sempre sentire non migliori ma diversi dalle altre comunità non saranno sufficienti questa volta.

I segni di un progressivo decadimento si erano da tempo manifestati: un apparato industriale assai piu’ debole di quello anteriore alla seconda guerra mondiale , un’ agricoltura che non ha saputo riconvertirsi dopo la crisi della tabacchicoltura, un isolamento sempre piu’ evidente rispetto alle grandi reti infrastrutturali , materiali ed immateriali.

A questi fenomeni, per così dire endogeni, se ne sono aggiunti altri altrettanto emblematici della marginalizzazione del nostro territorio:il trasferimento di significativi presidi pubblici statali ( Distretto Militare, Enel, Banca d’Italia, ecc.) ed una nuova, devastante ondata migratoria che ha coinvolto migliaia di giovani, prevalentemente diplomati e laureati, che ha prodotto l’impoverimento della nostra comunità provinciale.
Siamo oggi dinanzi all’ultimo confine, superato il quale saranno altri ad occuparsi di noi e non saremo più artefici del nostro destino, nel bene e nel male.

E’ questione vitale che va affrontata con lucidità, con totale disinteresse di parte e con ferma determinazione.
Non servono barricate,proteste clamorose e meno che mai ordini del giorno destinati ad essere cestinati.
Occorre perseguire, innanzitutto, la strada della verifica di legittimità -anche costituzionale- del provvedimento del Governo.

E’ del tutto necessario il confronto con quelle comunità che , in epoca non sospetta, deliberarono la volontà di aderire alla Provincia di Benevento: mi riferisco ai quattro comuni irpini della Valle Caudina ( Cervinara, Rotondi, S. Marino Valle Caudina e Roccabascerana) che, per storia, vicinanza geografica, rapporti commerciali e sociali, sono stati sempre più’ prossimi a Benevento che ad Avellino.

E’ , infine, utile capire l’evoluzione che dovrà necessariamente avere, alla luce dello sciagurato decreto, la vicenda delle due provincie molisane e della Regione stessa.
Si facciano queste verifiche subito convocando il Consiglio Provinciale ed invitando i nostri Sindaci, la deputazione parlamentare ed i consiglieri regionali.
Ci si riunisca senza passerelle , ansie d protagonismo, volontà di primogeniture, ma animati da spirito collettivo ed unitario immaginando soluzioni concrete e non oniriche.
Lo si faccia senza rassegnazione rammentando ciò che la storia ci ha consegnato: "dum Romae consulitur Saguntum expugnatur".

 

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