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Salute

Broncopneumopatia cronica ostruttiva, Maugeri e Asl presentano ricerca

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Il 44% dei pazienti affetti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva BPCO si curano con terapia non congrue rispetto agli standard internazionali, GOLD – Global Initiative on Ostructive Lung, anche con un ipertrattamento di farmaci; quasi un terzo risulta aver fatto un percorso terapeutico errato e, in 37 casi su 100, la diagnosi risulta errata.

È quanto emerge dalla ricerca del Progetto PADRE – Progetto Assistenza Disabilità Respiratoria nel Beneventano, esattamente nella Valle Telesina, su 200 pazienti cui era già stata diagnostica questa patologia. Un progetto che ha visto impegnato la Pneumologia riabilitativa dell’IRCCS Maugeri Telese Terme e 15 medici di medicina generale dell’ASL Benevento distretto Telese. La ricerca verrà presentata oggi, alle ore 18,30, presso Corte Ciervo, Contrada Purgatorio, 1 a San Salvatore Telesino.

Una quadro preoccupante visto che la BPCO, secondo i dati Istat (2018), colpisce in Italia 5,6% della popolazione adulta, pari a 3,5 milioni individui, ed è la causa di più della metà (55%) di decessi per malattie respiratorie.

Preoccupante anche considerando che la malattia è in crescita a livello mondiale, anche perché i principali fattori di rischio sono il fumo di tabacco e l’esposizione agli inquinanti atmosferici e fumo di combustione di biomasse (legna da ardere), cosicché la BPCO è già la terza causa di morte nel mondo dopo le cardiopatie ischemiche e patologie cerebrovascolari (Global Burden of Disease Study, 2016).

Col Progetto PADRE, ASL Benevento distretto sanitario Telese Terme e IRCCS Maugeri Telese volevano “valutare la congruità dei percorsi diagnostici, delle diagnosi e della terapia  in questi pazienti”, spiega Mauro Maniscalco, primario della Pneumologia riabilitativa Maugeri, e per questo,  durante 10 mesi, fra il febbraio e il dicembre 2018, i pneumologi della Maugeri e 15 medici di Medicina generale del territorio telesino hanno seguito 200 pazienti selezionati in maniera casuale fra i 2mila diagnosticati BPCO, a loro volta parte di un database dell’ASL composto, per quell’area, da circa 20.500 assistiti.

“I pazienti – racconta Maniscalco – sono stati visti, per un test di primo livello, da uno specialista della Maugeri, che ha fatto l’anamnesi, somministrato il questionario sulla dispnea, ossia la mancanza di respiro, e praticato una spirometria con uno strumento portatile”.

Nel caso di mancata diagnosi o dubbio diagnostico, i pazienti venivano inviati in Maugeri, dove “si effettuava una spirometria globale, un test del cammino di sei minuti e si procedeva eventualmente anche ad altri accertamenti, come quello di ‘bronco-reversibilità’, di ‘bronco stimolazione con metacolina’, prick test agli aero-allergeni, emogas-analisi o dosaggio di ossido nitrico sull’aria respirata”. È accaduto per 15 pazienti su 120.

I risultati hanno appunto evidenziato che 26 pazienti su 100 risultavano aver fatto un percorso diagnostico non congruo, perché non avevano mai effettuato una spirometria, – l’accertamento diagnostico principe per questa malattia –  mentre il 50% non ci si era sottoposto da oltre un anno.

Inoltre, in almeno 37 casi su 100, era la diagnosi non essere corretta, “in quanto ci si trovava di fronte ad altre patologie, come l’asma o bronchite cronica”.

E, come detto all’inizio, nel 44% dei casi, la terapia farmacologica non era congrua agli standard: “In questi casi, per oltre il 50% dei pazienti si è riscontrato un iper-trattamento”, osserva Maniscalco, “succede cioè che si facciano tre farmaci quando dovrebbero farne due, o ne somministrino due quando ne basterebbe uno. Il fatto”, prosegue il primario, “è spiegabile con la sofferenza tipica del paziente BPCO, che patisce innanzitutto di difficoltà respiratoria e ricorre spesso al curante per vedere alleviata questa sintomatologia. Un contesto in cui può accadere che il medico aumenti il carico terapeutico, anche oltre le esigenze. Per un quarto circa del campione, però”, prosegue Maniscalco, siamo in presenza di un sotto-trattamento, assenza di trattamento o, come accade spesso, trattamento ‘al bisogno’, per cui il paziente ricorre al farmaco quando sta peggio”.

Secondo il pneumologo, “pur essendo uno studio randomizzato, ossia partendo da un campione del tutto casuale di pazienti, questi 200 pazienti fra 50 e 80 anni, con diagnosi BPCO e assunzione di almeno un farmaco broncodilatatore nell’anno forniscono un quadro molto vicino alla realtà di tutti i malati di questo tipo”. Allarmante, prosegue il medico della Maugeri che “la spirometria, oggi strumento diagnostico principe, sia piuttosto sottoutilizzata in medicina generale”.

Secondo Maniscalco, “la collaborazione del medico di medicina generale con gli specialisti potrebbe migliorare l’iter diagnostico terapeutico in questi pazienti”.

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