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‘Lo sport è emozione e passione, ma umore e benessere psicologico non possono dipendere da un risultato’

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Gentile dottoressa,
la vittoria della nostra Strega nella sfida playoff ad Ascoli mi invita ad una riflessione che vorrei condividere con lei e con i lettori di Ntr24. Sono beneventano, appassionato di calcio e della squadra giallorossa, considero la nostra tifoseria straordinaria. Un aspetto importante della riflessione: da sempre sono fuori dalle dinamiche del tifo da tastiera che porta a polemizzare e criticare aspramente in caso di sconfitte o ad esaltare eccessivamente in caso di risultati positivi.

Amo lo sport in generale per i valori che trasmette e per le storie belle che racconta quotidianamente. Ma mi chiedo anche: come può una persona definita equilibrata lasciare il proprio umore nelle mani di undici ragazzi in mutande? Sì, perché far dipendere il proprio stato umorale da quello che succede su un rettangolo di gioco è completamente illogico e preoccupante. Dalle ‘azzuffate’ sui social e in tv alle risse tra genitori sui campi dei ragazzini, ogni giorno ne sentiamo di tutti i colori.

E allora ben vengano le emozioni sane del tifo (tra l’altro abbiamo una meravigliosa tifoseria che è esempio di correttezza e civiltà, apprezzata ovunque), la socializzazione, il sentirsi parte di un progetto, quello che cantava Venditti in ‘Grazie Roma’ con quella frase ‘che me fa sentì importante anche se non conto niente’, ma non facciamo dipendere il nostro benessere psicologico dall’aspetto agonistico e dall’ossessione del risultato.

Pratichiamo sport, facciamolo praticare ai nostri figli, viviamo le emozioni da spettatori, ma consideriamolo solo ed esclusivamente intrattenimento. Nonostante la passione viscerale. Vivremo tutti in una società migliore. Lei che ne pensa? Saluti, Giulio

Gentile Giulio,
In primis, grazie per averci scritto. La sua riflessione è molto interessante. Da Psicologa dello Sport proverò a fornirle una risposta, riflettere e metariflettere, sulla questioni che lei mi pone, e si pone: “Come può una persona equilibrata lasciare il proprio umore nelle mani di undici ragazzi in mutande?”.

Anzitutto, nel rispetto di tutti, andrebbe analizzata anche la domanda, perchè ciò che noi interpretiamo o giudichiamo preoccupante, potrebbe non esserlo realmente, o potrebbe non essere tale per gli altri. Tuttavia, come spesso sottolineo nelle mie risposte, le questioni e i casi andrebbero prima osservati e analizzati individualmente.

Se ho compreso bene, comunque, lei si riferisce proprio alla “sindrome del tifoso”. E quindi la mia riflessione si snoda su due fronti: il primo psicologico, il secondo più sociale e contestuale. Il calcio è lo sport più seguito al mondo perché molto sponsorizzato ed enfatizzato sui media, bello da vedere e divertente, leggero, popolare perché semplice e facile da praticare ovunque, da chiunque. Questo lo rende molto attraente e attrattivo. A questo si integra bene la “psicologia del tifo” o del tifoso, che spiega in termini psicologici cosa avviene nella mente del sostenitore.

Le scienze psicologiche ci dicono che esistono delle vere e proprie sindromi collegate al tifo sportivo, come le dicevo in precedenza, a cui attribuiamo pattern comportamentali caratteristici. In generale, durante i match, si attivano meccanismi neurofisiologici per nulla razionali come l’accelerazione cardiaca, le scariche adrenaliniche, la costrizione di vasi sanguigni… (“illogici”, come sosteneva lei), stesse iperattivazioni dei circuiti dei sistemi neurofisiologici deputati all’accoppiamento, all’ attacco-fuga (fight or flight), alle dipendenze. La relazione o l’associazione evento-risposta fisiologica non ha nulla di razionale, avviene per condizionamento e qui entriamo più in generale anche nel circuito della ricompensa e della gratificazione. Nei casi, invece, meno intensi e coinvolti emotivamente, la partecipazione attiva all’evento partita porta molti benefici dal punto di vista psicologico, a prescindere dal risultato, perché è lo stesso coinvolgimento, il partecipare alla realizzazione di un sogno, a renderlo salutare.

Le scenografie delle Curve, realizzate ad hoc, il sentimento di appartenenza risvegliato alla vista del pubblico quando entri in uno stadio, l’ “attaccamento” alla maglia portata con rispetto ed onore di cui tanto si è parlato nei ultimi mesi. I sogni, si sa, aiutano a vivere bene e meglio, benvenga sognare, dunque. Dal punto di vista strettamente sociale, invece, il tifo sportivo può essere considerato un vero e proprio “termometro” della qualità di vita di un popolo, è un ottimo indicatore psicosociologico insomma. Non giudicherei in nessun modo un tifoso “arrabbiato”, “incattivito”, “deluso”, dunque, fossi in lei, perché dietro quelle emozioni c’è una persona e dietro le sue parole si nasconde un malessere più profondo, probabilmente. E la società DEVE interrogarsi.

A parte in casi estremi di violenza verbale e fisica, casi eccezionali e ingiustificabili, esistono quindi momenti in cui bisogna fermarsi e ascoltare anche i tifosi che vogliono esprimere il loro disappunto. Per non dilungarmi troppo su aspetti clinici o tecnici, quello su cui lei, e i lettori tutti, vorrei rifletteste è di quanto abbiamo bisogno e fame di emozioni positive, distrazioni, che rendano la vita più leggera, probabilmente. Alla luce di quanto sta succedendo nel mondo, di quanto accade intorno a noi, del forte malumore avvertito in seguito alla pandemia mondiale, le guerre e i problemi sociali. Le emozioni muovono il mondo, le stesse che nello sport ricerchiamo, e lo sport regala, nel bene e nel male, nella vittoria e nella sconfitta.

Guardare insieme verso gli stessi risultati, raggiungere e perseguire obiettivi, puntare alla meta senza distrarsi a contemplare il superfluo, trovare delle strategie per risolvere i problemi, accettare e riconoscere anche i propri limiti… e questa è solo una parte. Se lo sport ha questo potere, dunque, bisogna sfruttarlo al massimo per portare un cambiamento positivo nella società e nei contesti in cui viviamo. Per questo bisogna lavorare in sinergia: società sportive, istituzioni, enti locali, mass media, per promuovere il benessere mentale e fisico, attraverso la realizzazione di progetti sociali sportivi che includano e sostengano la partecipazione attiva dei cittadini. E chissà che le cose non cambino in meglio davvero.

Dott.ssa Melania Catillo
Per un consulto o ulteriori info: email melaniacatillo@gmail.com
Telefono: 3201988263

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