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La stupidità social e i colpi bassi di una campagna elettorale ancora una volta senza argomenti

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Alle cose serve dare il giusto nome e il giusto peso con tutte le conseguenze che comportano: il week end appena trascorso ha visto alte l’attenzione e la frequenza di dichiarazioni sull’aggressione avvenuta via social ad una consigliera di maggioranza, che si è vista riprodotta nel classico manifesto elettorale attorniata da un gruppo di donne dal mestiere più vecchio del mondo.

Il fatto, a nostro avviso, se da un lato descrive manifestamente l’autore che lo ha commesso, dall’altro ripropone la necessità di un livello di guardia sempre alto sulla natura e sulle cause dello stesso.

Si tratta di una forma nuova di violenza di genere che la tecnologia ha contribuito a creare e a diffondere: ovvero la tendenza, sempre più in voga negli ultimi tempi tra adolescenti e adulti, ad insultare, prendere in giro, esprimere parole di odio e calunnie, diffondere con l’idea dello scherzo e del divertimento foto e video offensivi e irrispettosi.

Cose del genere che le vittime si trovano costrette a vivere non vengono percepite per niente divertenti o scherzose, e non lo sono affatto. Vanno punite e trattate per quello che sono, ovvero violenza di genere, ancora più gravemente diffamatoria e lesiva della dignità e dell’onorabilità di una persona perché diffusa attraverso la tecnologia e mirata a raggiungere migliaia e migliaia di utenti.

La soglia di attenzione altissima e costante da parte della società civile e della politica stessa diventa necessaria non più rinviabile per prevenire il fenomeno che resiste e persiste e spesso se ne parla solo quando giunge ai suoi livelli estremi.

Bisogna – come abbiamo avuto modo di affermare già in passato – evitare che si giunga alle stesse fasi iniziali della violenza attraverso un apporto educativo che coinvolga tutti per aggirare e superare la recrudescenza del fenomeno.

I social nascono come strumento democratico di espressione del pensiero, ma è sempre l’uso che se ne fa e le intenzioni che stanno dietro alle persone che li usano che ne rovinano la caratteristica democratica ed egalitaria. Perché si mette a rischio la dignità delle persone coinvolte. E la democrazia, quella vera, sostanziale e formale, invece, nasce proprio per preservarla, tutelarla e valorizzarla.

Non si può tirare in ballo nemmeno il sacrosanto diritto di ognuno, nel rispetto dell’art. 21 della Costituzione di libertà di espressione del proprio pensiero, all’esercizio della satira e della satira politica: non c’è nulla di satirico in un pensiero che offende una persona, e, in particolare, una donna che si impegna e si espone politicamente. Quale che sia il contributo di ognuno al tentativo di programmare e produrre il benessere collettivo.

Vogliamo ricordare a chi usa i social dimenticandone o forse non conoscendone le regole che, secondo la Corte di Cassazione, “la satira, al pari di ogni altra forma di comunicazione, non può violare i diritti fondamentali della persona: è illecita l’attribuzione di condotte illecite o moralmente disonorevoli, la deformazione dell’immagine in modo da suscitare disprezzo della persona o scherno della sua immagine pubblica. Pertanto, il diritto alla satira che realizza un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore o della reputazione del politico o personaggio pubblico preso di mira può configurare il reato di diffamazione.”

Trattandosi di un attacco gratuito ad una donna, prima ancora che ad una consigliera comunale, si vuole forse tentare di provocare una marcia indietro da parte di quel pezzo della popolazione già fortemente penalizzata e poco propensa a investire energie nella politica? O è una sorta di “vendetta trasversale” verso l’area politica in cui gravita e verso il suo leader? Perché, invece, non avanzare in questo caso argomenti seri e produrre discussioni anche aspre sui temi di interesse ai cittadini?

La verità è che prevale negli ultimi anni la propensione a colpire basso, evitando argomenti e contenuti di cui probabilmente non si ha intera contezza e che per questo non potrebbero essere affrontati.

Ne vale, in ogni caso, la dignità e la bellezza di un popolo; ne vale la dignità delle persone che si mettono in gioco per partecipare alla vita politica cittadina; ne vale la dignità stessa della politica, oggi lontana anni luce da serietà e sobrietà che i nostri nonni hanno conosciuto e verso la quale provavano riverenza e spirito di condivisione.

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