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ECONOMIA

Blockchain? Rivoluzione tecnologica e culturale. L’esperto sannita: ‘Potrebbe cambiare tutto’

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Avere la certezza della proprietà e della creazione, in un preciso momento storico, di un documento informatico, eventualmente collegato anche a beni materiali e immateriali. Si tratta di una tecnologia rivoluzionaria e, al tempo stesso, alla portata di tutti: si chiama blockchain.

Da sempre associata ai Bitcoin, una criptovaluta, il sistema – in realtà – offre innumerevoli applicazioni nella vita di tutti i giorni e potrebbe rappresentare nel breve periodo una svolta nel modo di vivere quotidiano.

Ma procediamo con ordine. Per spiegare cosa è la blockchain bisogna affrontare due aspetti principali: uno tecnico-informatico e l’altro di carattere culturale. In sostanza,  la blockchain  è una struttura dati condivisa e “immutabile”. Secondo Wikipedia è definita come un registro digitale le cui voci sono raggruppate in “blocchi”, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia. Sebbene la sua dimensione sia destinata a crescere nel tempo, è immutabile in quanto, di norma, il suo contenuto – una volta scritto – non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l’intera struttura.

Questa definizione tecnica ci porta al secondo aspetto: il dato fondamentale è tutto racchiuso nella parola trasparenza. L’innovazione, infatti, è proprio che i dati contenuti nella ‘catena di blocchi’ non possono essere cambiati e, cosa ancora più importante, possono essere verificati da tutti e quindi oggettivamente validi e riconducibili ad un proprietario ed un dato momento storico. In altre parole: se provassi a caricare un qualsiasi documento già esistente all’interno della blockchain, il sistema lo rileverebbe come già presente e quindi già di proprietà di un altro soggetto.

Per calare nella realtà quotidiana questi concetti bastano alcuni esempi pratici: immaginiamo un fotografo che vuole tutelare le sue foto o un artista le sue opere. Ancora: una amministrazione che vuole pubblicare e rendere immodificabili alcuni atti e dati pubblici e ancora un semplice cittadino che ha la necessità di datare un documento o il semplice pagamento di un bollettino postale.

Se parliamo di blockchain nel Sannio, non possiamo non associarla a Mario Rosa, founder and Ceo di Bytestamp, azienda sannita che mira a rivoluzionare l’iter di registrazione di marchi, brevetti e progetti: “Questo registro replicato in modo costante su innumerevoli computer – spiega – ha permesso, per la prima volta nella storia, che un dato informatico diventasse incontestabile. Prima della blockchain, infatti, qualsiasi dato elettronico poteva essere contraffatto con estrema semplicità. Basta cambiare la data sulla vostra fotocamera digitale per poter dire di aver fatto una foto un giorno o un altro. Ma se questa foto la mettiamo sulla blockchain, invece, diventa innegabile che l’abbiamo scattata prima di quell’orario. Perché poi la blockchain, e con essa la nostra foto, è stata copiata e ricopiata su una moltitudine di PC sparsi per il globo, e quindi nessuno potrà mai più modificarla.

Per la prima volta, quindi, un dato informatico – aggiunge Rosa – acquisisce una validità molto più forte di quella che potrebbe dare un qualsiasi notaio con un sigillo di ceralacca su un pezzo di carta. Questo perché l’atto notarile, in teoria assoluta, potrebbe anche essere stato falsificato. Quello scritto in blockchain, invece, nessuno può falsificarlo, visto che tutti possono leggerne il contenuto. Si è realizzato, in sostanza, un vero e proprio ribaltamento dei ruoli. Prima il file di un PC non aveva nessun valore probatorio: lo si doveva stampare su carta, farlo autenticare, e poi l’atto cartaceo vero e proprio era quello che aveva un valore per dimostrare qualcosa. Adesso, invece, è l’opposto. Il file registrato in blockchain – conclude l’esperto – ha una valenza superiore al certificato di una pubblica autorità, perché quel file tutti lo possono vedere e verificare, senza ricorrere a terze parti”.

Tra le innovazioni della registrazione in blockchain c’è anche la possibilità di cedere la proprietà di un bene a patto, ovviamente, di esserne il legittimo proprietario. Uno degli esempi più noti e recenti riguarda Jack Dorsey, il creatore di Twitter, che ha messo all’asta il suo primo tweet, un cimelio tecnologico che risale al 21 marzo 2006 e che 15 anni fa dette il via all’avventura del noto social network. Lo vende in modo da certificarlo e renderlo un oggetto da collezione che non possa essere duplicato. E’ stato venduto per quasi 3 milioni di dollari che andranno in beneficenza. Al di là di questi casi limite, ovviamente, il concetto della cessione di una proprietà tutelata dal sistema è evidente: pensate a marchi, brevetti o altre idee ancora da realizzare.

Altro aspetto, e forse il più noto al momento, è quello legato ai Bitcoin. “Tutti, chi più chi meno, siamo in qualche modo indaffarati per cercare di procurarci dei soldi – ha aggiunto Rosa -. Tutto il denaro scambiato nel mondo, ogni pezzo di moneta che abbiamo in tasca, non ha nessun valore di per sé, ma si basa su una convenzione. C’è un’autorità, di solito la Banca Centrale, che decide per tutti che quella banconota debba avere un certo valore. Siamo talmente abituati ad essere soggetti ad una tale autorità, che non riusciamo nemmeno ad immaginare che essa potrebbe anche non esistere affatto. Quando i nostri progenitori si scambiavano delle conchiglie in cambio di noci di cocco, nessuno diceva loro qual era il valore da attribuire alle conchiglie, eppure lo scambio avveniva ugualmente.  Ormai – spiega ancora il Ceo di Bytestamp -, nell’immaginario collettivo non è possibile che ci sia un titolo finanziario senza dietro un’organizzazione che lo emetta e lo governi. Ma la finanza decentralizzata è come scambiarsi le figurine con i compagni di scuola. Del resto il più antico sito di scambio di Bitcoin al mondo, Mt. Gox, è nato come un portale per scambiarsi le figurine.

Ma come è possibile che ci sia una valuta autonoma, non regolata da nessuna organizzazione? Il Bitcoin trae la sua forza dal fatto che nessuno ha bisogno di un’autorità centralizzata di cui fidarsi per dare valore al sistema. Quando noi paghiamo con la carta di credito, stiamo dando fiducia alla nostra banca che dice che sul nostro conto ci sono i soldi necessari per comprare quell’oggetto. Anche l’esercente presso cui stiamo effettuando l’acquisto dà la stessa fiducia alla stessa banca, e cosi sa che quei soldi verranno accreditati sul suo conto corrente. Tutto il sistema è basato sulla fiducia verso questi Enti. Persino quando paghiamo per contanti ci stiamo fidando della Banca Centrale che ha stampato quelle banconote. Ma se questi attori si comportano in modo non leale, l’intero sistema crolla”.

L’intero sistema di scambio di Bitcoin – ha sottolineato Rosa – si regge su un concetto molto semplice: dare accesso a tutti alle informazioni di cui di solito hanno accesso solo le banche. Praticamente, è l’uovo di Colombo. Quando nell’esempio di prima abbiamo pagato il commerciante con la carta di credito, è stata la nostra banca a vedere se sul nostro conto ci stavano i soldi necessari per fare l’acquisto. Poi l’ha comunicato alla banca del rivenditore che ha provveduto ad accreditargli la somma dovuta sul suo conto corrente. Ma perché solo le banche devono poter vedere le disponibilità dei rispettivi conti correnti per poter regolare le transazioni? Cosa succederebbe se, invece, a queste informazioni avesse accesso pure chi fa l’acquisto e chi riceve il pagamento? Di più: cosa succederebbe se le stesse informazioni fossero disponibili e visibili per il mondo intero? È proprio quello che succede con il Bitcoin. Ogni volta che qualcuno invia un bitcoin ad un altro, il suo conto bitcoin diminuisce di 1 e il conto dell’altro soggetto aumenta di 1, e questo lo può vedere chiunque”.

Si tratta di una rivoluzione, non solo tecnologica, ma soprattutto culturale nel modo di intendere la società e le convenzioni sulle quali si poggia. “Purtroppo – conclude Rosa – siamo fin troppo pieni di questi controsensi. Basti pensare al recente obbligo di conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche, dove si richiedono protocolli e certificazioni varie, mentre starebbero molto più al sicuro se registrate sulla blockchain”.  

Il tema di fondo è che si tratta di una tecnologia poco costosa e, soprattutto, alla portata di tutti. Cambiare abitudini e consuetudini non è un’impresa facile, ma nemmeno impossibile come dimostra la storia. Se trasparenza, innovazione e agilità solo i pilastri del futuro, la blockchain è il modo migliore per sostenerli. Sta a noi scegliere.

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