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Santa Sofia, 10 anni di Unesco: dal ‘riconoscimento’ ad oggi cosa è cambiato?

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Era il 2011 quando il complesso monumentale di Santa Sofia veniva dichiarato patrimonio dell’Umanità all’interno del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”. In quel momento Benevento entrava nell’Unesco: da allora sono passati quasi 10 anni – a giugno si festeggerà il decennale del riconoscimento – e la ricorrenza merita una riflessione.

In premessa, bisogna sottolineare che far parte dell’Unesco non è un mero titolo onorario: al di là dell’orgoglio di una comunità di ‘possedere’ un sito ritenuto importante nella storia dell’umanità, l’ingresso – in realtà – rappresenta un onore, ma anche un trampolino di lancio per valorizzare, difendere e far crescere un intero comparto economico e sociale. Ci siamo riusciti? Cosa è stato fatto? La nota chiesa longobarda e il lavoro di promozione del sito in questi anni hanno inciso e aiutato a far conoscere il nostro territorio all’esterno? Se da un lato c’è chi pensa che il riconoscimento non abbia mosso un euro per l’indotto cittadino, dall’altro è anche vero che da quel ‘titolo’ sono nate associazioni cittadine come ‘Benevento Longobarda’, che nei primi anni hanno attirato migliaia di turisti con il noto evento di rievocazione storica ‘La Contesa di Sant’Eliano’ (negli ultimi anni trasferito dal centro storico per ‘dissidi’ con l’amministrazione Mastella e per le spese elevate da sostenere a seguito del Decreto Minniti sulla Sicurezza).

Il punto è proprio la volontà di investire in maniera decisa nel turismo e nella promozione culturale del territorio: è bene ricordare, infatti, che a livello nazionale il turismo è un settore che contribuisce per oltre il 10% al Pil italiano e genera un ingente volume di affari, come ricorda anche Confindustria Benevento nel suo ultimo studio di settore.

Il dato non è da sottovalutare: contribuire al Pil significa generare posti di lavoro, opportunità per i giovani, ma anche investire nella tutela del territorio e garantire maggiore benessere per la collettività. Da qui inizia l’analisi, un tentativo di capire da dove siamo partiti, dove siamo oggi dopo 10 anni, ma soprattutto dove vogliamo andare. Utilizziamo il plurale non a caso, perché la scelta di essere città culturale e turistica è di tutti: non solo del pubblico che, certamente, deve fare la sua parte; ma anche dei singoli cittadini e delle imprese del settore.

I dati disponibili parlano di un trend in crescita. Parliamo del Museo del Sannio che nel 2015 ha avuto 8645 visitatori e 12613 nel 2019. Un aumento costante negli anni che racconta di un appeal territoriale su cui si può investire e lavorare. Il tema a nostro avviso, però, non è la quantità di persone che giungono nel Sannio, ma anche la qualità del servizio che viene offerto.

In questo senso è meritorio, oltre che di grande valore, il progetto portato avanti da Comune, Provincia, Diocesi ed altri Enti per la creazione di un biglietto unico della rete museale cittadina e gli accordi con Artecard: si tratta di un passaggio fondamentale per la creazione di una rete tra i siti presenti sul territorio che è la base dalla quale partire.

A questi passi delle amministrazioni, però, vanno aggiunti quelli dei privati. La promozione di un territorio si allarga a 360 gradi e comprende non solo i monumenti, ma tutta la storia di una città. Negli ultimi anni è sempre più diffuso il concetto di esperienza legato al mondo di prodotti e servizi: venire a Benevento deve significare ammirare i nostri monumenti e, contemporaneamente, assaporare l’intero ‘Sannio’. Le streghe e la Strega, ma anche la falanghina, l’aglianico, la marchigiana del Fortore e moltissimi altri prodotti devono farsi trovare pronti ad ‘accogliere’ i visitatori.

Abbiamo a più riprese sollecitato e raccontato con la Camera di Commercio la nascita dell’Enoteca dei vini del Sannio e della Campania, che dovrebbe essere ospitata nel prestigioso Palazzo di piazza Federico Torre, di proprietà dell’Ente e che attualmente è oggetto di lavori di riqualificazione. Ma il concetto si lega anche alle attività di ristorazione e bar che potrebbero utilizzare e sponsorizzare i prodotti made in Sannio. La collaborazione pubblico-privato appare, dunque, fondamentale: con la mano pubblica in grado di sostenere e facilitare il compito degli imprenditori e con questi ultimi impegnati a loro volta a migliorare servizi essenziali per un settore che può e deve crescere ancora molto.

E’ un lavoro dal quale non si può prescindere: chi pensa che Benevento possa avere risultati solo grazie alle sue bellezze storiche e paesaggistiche è fuori strada. Accanto a questo, ovviamente, ci sono gli eventi culturali che devono rappresentare una ulteriore occasione di promozione territoriale e non il fulcro di una strategia di crescita.

Sono passati 10 anni dal riconoscimento Unesco, eppure oggi le aspirazioni di sviluppo del Sannio appaiono più che mai reali. I fattori sono molteplici: infrastrutture attese da anni e che a breve potrebbero collegare agevolmente il territorio; il covid che, una volta superato, potrebbe far preferire territori più piccoli come il nostro ai grandi centri ed anche la presenza di manifestazioni di respiro nazionale, uniche nel loro genere e capaci di attrarre visitatori e appassionati di settori diversi.

La sfida che ci attende è questa: collaborare per crescere come comunità. Arroccarsi sulle singole posizioni non serve a nulla, cultura e turismo sono aziende che vanno curate nei minimi dettagli. Lo fanno in molti, possiamo farlo anche noi.

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