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Incostituzionale la “legge Colasanto” contro l’eolico. Togni (Anev): “Per quella legge persi posti di lavoro”

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La Corte Costituzionale, con la sentenza 13/2014 decisa il 28 gennaio 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge sull’eolico della Regione Campania 1° luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici), nota come “legge Colasanto”, nel giudizio promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Campania.

La legge, che stabilisce che “la costruzione di nuovi aerogeneratori è autorizzata esclusivamente nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dall’aerogeneratore più vicino preesistente o già autorizzato”, era stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri innanzi alla Corte Costituzionale che con l’ordinanza n. 89 del 2012, dichiarò “Cessata la materia del contendere, essendo intervenuta la dichiarazione di rinuncia al ricorso, da parte dell’Avvocatura generale dello Stato, accettata dalla Regione Campania, a seguito della sopravvenuta abrogazione, a decorrere dal 29 febbraio 2012, dell’impugnata legge reg. Campania n. 11 del 2011 ad opera dell’art. 52, comma 15, della legge reg. Campania n. 1 del 2012”. Ma il Tar fa osservare che “Il termine a partire dal quale la norma doveva cessare di produrre effetti è stato successivamente differito dal 29 febbraio 2012 al 30 giugno 2012 dall’art. 5, comma 2, della legge reg. Campania n. 13 del 2012, approvata in un momento successivo all’adozione dell’ordinanza di cessazione della materia del contendere da parte della Corte costituzionale”.

In base alla ricostruzione della legislazione regionale succedutasi nel tempo, e nonostante il fatto che nel frattempo la legge regionale sull’eolico fosse stata abrogata, ma con effetti solo per il futuro, la Corte Costituzionale ricorda che “in sintesi, in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, alle Regioni è consentito soltanto individuare, caso per caso, “aree e siti non idonei”, avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora ciò sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti”.

Del resto la Corte aveva già affermato che “il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa europea e recepito dal legislatore nazionale, trova attuazione nella generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’inserimento di tali impianti, con le eccezioni, stabilite dalle Regioni, ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell’ambito delle materie di competenza delle Regioni stesse. Non appartiene invece alla competenza legislativa della stessa Regione la modifica, anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. […].”(sentenza n. 224 del 2012).

Inoltre, facendo specifico riferimento ad una precedente disposizione di legge della Regione Campania (art. 1, comma 25, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria anno 2010”, che prescriveva il rispetto di una distanza minima non inferiore a 500 metri lineari dalle aree interessate da coltivazioni viticole con marchio DOC e DOCG, e non inferiore a mille metri lineari da aziende agrituristiche ricadenti in tali aree, la Corte aveva già affermato che “Non è consentito alle Regioni, neppure in assenza di linee guida approvate in Conferenza unificata, porre limiti di edificabilità degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate zone del territorio regionale (sentenze n. 119 e n. 344 del 2010; n. 166 e n. 382 del 2009)” (sentenza n. 44 del 2011).

La Corte Costituzionale conclude che “La giurisprudenza costituzionale ha già chiarito che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare le “aree e i siti non idonei” alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, non permette in alcun modo che le Regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull’intero territorio regionale, specie nella forma di distanze minime, perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea”.

Per questo la legge regionale della Campania “Eccede dai limiti stabiliti dal legislatore statale, perché, prescrivendo che la costruzione di nuovi aerogeneratori deve rispettare una distanza pari o superiore a 800 metri dall’aerogeneratore più vicino preesistente o già autorizzato, impone un vincolo ulteriore da applicarsi in via generale su tutto il territorio regionale, in violazione dei principi fondamentali della legislazione statale”.

Anev, che prontamente aveva indicato l’incostituzionalità della disposizione in tutte le sedi competenti, “accoglie con favore l’intervento della Corte Costituzionale e auspica che tutte le Regioni si adeguino al dettato delle Linee guida nazionali, evitando che le imprese si trovino a dover affrontare un quadro normativo del settore che, nell’attuazione del disposto costituzionale, di fatto si concretizza in una serie di lungaggini amministrative, continua proliferazione di norme spesso in sovrapposizione e contrasto tra loro, con i conseguenti costi ed oneri di sistema.

Tentare di bloccare il settore eolico con una legislazione così forzata da essere poi spesso giudicata illegittima, ha come diretta conseguenza il rischio di compromettere un settore che ha finora portato occupazione, crescita e sviluppo e che costituisce invece patrimonio per il Paese ed in particolare per quelle Regioni come la Campania, che ne hanno maggior bisogno.”

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