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ECONOMIA

Indebitamento, famiglie sannite tra le meno esposte. Ma l’economia non gira come dovrebbe

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Cresce il debito delle famiglie italiane. Al 31 dicembre 2021 ammontava complessivamente a 574,8 miliardi di euro (+21,9 miliardi rispetto a un anno prima). L’importo medio per nucleo familiare era di 22.237 euro; se confrontato con il dato di 12 mesi prima, la variazione è stata positiva e pari a 851 euro”. A dirlo è l’Ufficio studio della CGIA di Mestre. Per quanto riguarda la provincia di Benevento, l’indebitamento delle famiglie è cresciuto dell’1.7% tra il 2019 e il 2021 ed ammonta mediamente a 11.078 euro. Numeri che ci posizionano al 100esimo posto su 107 come uno dei territori meno indebitati del Paese.

Un dato, però, che non è del tutto positivo. Se da un lato, infatti, l’esposizione è bassa dall’altro significa che non ci sono investimenti e che sostanzialmente l’economia ristagna. “Va segnalato – si legge nella nota della CGIA – che le aree provinciali più indebitate sono anche quelle che presentano i livelli di reddito più elevati. Sicuramente in queste realtà tra gli indebitati ci sono anche nuclei appartenenti alle fasce sociali più deboli. Tuttavia, le forti esposizioni bancarie di questi territori potrebbero essere legate ai significativi investimenti avvenuti negli anni scorsi nel settore immobiliare che, ovviamente, sono riconducibili a famiglie benestanti. Altra cosa, invece, è interpretare i dati del Mezzogiorno; benché in termini assoluti la situazione sia meno critica che nel resto del Paese, il peso dell’indebitamento delle famiglie più povere è sicuramente maggiore che altrove. Va altresì ricordato che la maggiore incidenza del debito sul reddito si registra nelle famiglie economicamente più deboli, ovvero in quelle a rischio povertà ed esclusione sociale”.

In sostanza, le provincie più indebitate sono quelle di Milano, Monza-Brianza e Bolzano dove il Pil pro-capite è più alto: le famiglie investono perché hanno a disposizione liquidità. Al Sud, invece, il rischio riguarda le fasce più povere della popolazione ed anche per questo il valore medio è più basso e la situazione più critica.

Una analisi sulla quale si sovrappone anche il tema del caro dei costi a causa della guerra Ucraina e la crisi dovuta alla pandemia. Una congiuntura che penalizza non solo i nuclei familiari ma anche i piccoli imprenditori e le partite Iva che stanno pagando i rincari due volte. “In particolar modo – spiega la Cgia -, molti artigiani, piccoli commercianti stanno pagando due volte lo straordinario aumento registrato in questi ultimi 6 mesi dalle bollette di luce e gas. La prima come utenti domestici e la seconda come piccoli imprenditori per riscaldare e illuminare le proprie botteghe e negozi. Una situazione che per molte attività sta diventando impossibile da sostenere”.

Una analisi sposata anche a livello locale dai vertici di Confesercenti, Gianluca Alviggi, e Confcommercio, Nicola Romano.

“Le piccole imprese del Sannio già vivevano una situazione complessa, ora dopo il covid e con la guerra la situazione è ancora peggiore”, ha commentato Alviggi. Il riferimento riguarda le difficoltà per commercianti ed artigiani di accedere al credito: “Negli anni precedenti, le banche facevano analisi oggettive guardando al futuro e ad una possibile espansione delle attività, oggi la congiuntura pessima ha praticamente chiuso le possibilità di accesso a prestiti e liquidità. In questo senso – ha aggiunto -, stiamo facendo di passi indietro che rischiano di penalizzare ulteriormente i territori interni e piccoli come i nostri”.

“Il vero problema – ha concluso il leader di Confesercenti – è che non stiamo razionalizzando i vero danno economico per il nostro tessuto sociale. Famiglie e imprese sono anelli della stessa catena che rischia di spezzarsi. L’unica soluzione è una politica attiva in favore delle Pmi perché i piccoli imprenditori vanno aiutati, altrimenti rischiamo di spazzare via una intera generazione a causa di un sistema economico e di valutazione legato a dinamiche di 10 anni fa”.

“Parla di situazione complessa che non deve essere sottovalutata” Nicola Romano. “Siamo tra le province di Italia dove i costi fissi sono tra i più alti – ha spiegato -. Le spese mensili di una attività commerciale nel capoluogo sono tre volte superiori a quelle presenti a Bolzano, Parma e Trento. Allo stesso tempo, a parità di codice Ateco, i commercianti di queste tre territori hanno guadagni medi superiori del 300% rispetto ai colleghi del capoluogo sannita. Appare evidente – ha sottolineato – che si tratta di una situazione di svantaggio competitivo che si riflette anche sull’accesso al credito”.

Confcommercio rincara anche la dose: “Se non faremo qualcosa ora, il futuro sarà ancora peggiore. I veri effetti di questa crisi e dei rincari li vedremo il prossimo autunno. Con l’aumento dei prezzi per le famiglie e sempre meno soldi nelle tasche dei cittadini, assisteremo ad un ulteriore declino di tutte le attività”.

E sullo sfondo si prefigura anche il dramma dell’usura. La liquidità rappresenta una delle preoccupazioni principali per i piccoli imprenditori e partite Iva. “Lo Stato deve intervenire con massicce dosi di liquidità – suggerisce la Cgia -, altrimenti molte imprese cadranno prigioniere di questi fuorilegge. Non solo, ma è necessario incentivare il ricorso al “Fondo per la prevenzione” dell’usura. Uno strumento, quest’ultimo, presente da decenni, ma poco utilizzato, anche perché sconosciuto ai più e, conseguentemente, con scarse risorse economiche a disposizione”.

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