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Disturbo da deficit di attenzione e iperattività, Micco: ‘Dall’Asl nessun miglioramento nei servizi’

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Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (acronimo inglese ADHD: Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è «un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino, dell’adolescente e dell’adulto, caratterizzato dai sintomi cardine di inattenzione e impulsività/iperattività».

L’ADHD – scrive Massimo Micco, presidente associazione “ADHD Campania OdV” – è inserito nel DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), tra i disturbi del neurosviluppo, che ne indica una prevalenza di circa il 5% nei bambini e di circa il 2,5% negli adulti.

L’ADHD non dipende da un deficit cognitivo (ritardo mentale) ed è uno dei più comuni disturbi dell’infanzia. Può assumere nelle persone che ne soffrono diverse traiettorie evolutive dall’età prescolare fino a quella adulta e può compromettere numerosi ambiti dello sviluppo e delle attività sociali del bambino predisponendolo a disagio sociale o, nei casi, più gravi, ad altra patologia psichiatrica nell’adolescenza e nell’età adulta. Si tratta, infatti, di un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale, caratterizzato nel 70/80% dei casi da coesistenza con uno o altri disturbi (della condotta, dell’apprendimento, d’ansia, dell’umore, tic, dell’autismo, della disabilità intellettiva, del comportamento oppositivo e provocatorio) situazione che ne aggrava sintomi e manifestazione, rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia.

Altro aspetto molto critico della continuità terapeutica per gli adolescenti e giovani adulti con ADHD – aggiunge Micco – è la transizione della presa in carico terapeutica dai Servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza ai servizi di Salute Mentale per l’età adulta. Infatti, qualora non diagnosticato e non trattato (o mal trattato), tra le conseguenze più diffuse dell’ADHD per gli adulti vi sono, l’abbandono degli studi, la perdita del lavoro, separazioni, frequenti incidenti e ritiro della patente, il trascurare la propria salute, fino ad arrivare alle dipendenze (gioco, azzardo, internet, sostanze) e al commettere reati (disturbi della condotta).

L’ADHD rappresenta il disturbo psichiatrico dell’età evolutiva più studiato da oltre un secolo. Il campo degli studi e delle ricerche a livello mondiale riguarda tutti gli aspetti del disturbo (valutazione e diagnosi, classificazioni, aspetti e decorsi del disturbo nella vita adulta, studi epidemiologici, quadri di comorbilità, etiologia, patofisiologia, neurobiologia) e gli interventi di trattamento (psicoeducativi, psicosociali, terapia comportamentale, di miglioramento della competenza sociale, interventi farmacologici), con oltre 7000 studi pubblicati sulle più autorevoli riviste scientifiche internazionali.

I DATI NELLA NOSTRA PROVINCIA – “Gli indici di prevalenza precedentemente riportati sono quelli presi di riferimento dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale, ovvero circa il 5% per età evolutiva e circa il 2,5% nell’età adulta. A fronte di ciò, quanti sono o dovrebbero essere i casi attesi nella provincia di Benevento in base alla popolazione residente?

Dagli ultimi dati ISTAT di Gennaio 2021 a Benevento e provincia, nella fascia di età dai 5 ai 17 anni – spiega Micco – ci sono 30.183 persone mentre nella fascia dai 18 ai 64 anni ci sono 166.067, da cui i casi attesi per l’età evolutiva sono 1.509 e quelli per l’età adulta 4.152.

Purtroppo, questi valori non hanno alcun riscontro con la realtà dei fatti non risultando un tal numero di casi. Ciò induce pensare a 2 cose in particolare, o che gli indici di prevalenza acclarati internazionalmente sono errati (e questo è da dimostrare) o che si è dinanzi ad una situazione di “sommerso”, di diagnosi errate (misdiagnosi) o negate (misconosciute).

Il dato certo, da quanto ci risulta, che alla ASL di Benevento non sia stata identificata alcuna equipe multidisciplinare per il neurosviluppo in grado di diagnosticare e prendere in carico tali disturbi ed in particolare l’ADHD. Spesso le diagnosi vengono fatte fuori provincia se non fuori regione (alimentando la migrazione sanitaria) per poter poi proseguire i trattamenti psicoterapeutici sul territorio, ma in quali condizioni?”.

SEGNALAZIONI PERVENUTE – “Come associazione attiva dal 2002, abbiamo ricevuto riscontri da parte di famiglie di persone con ADHD che evidenziano, quanto già denunciato in anni passati: sistematica carenza di clinici specialisti (neuropsichiatri infantili, psichiatri, psicologi) esperti e con formazione specifica sulla diagnosi e trattamento dell’ADHD nelle strutture di sanità pubblica, in grado di diagnosticare e prendere in carico i pazienti con ADHD. Sovente ai genitori viene detto che l’ADHD abbia un’origine psicogena, conseguenza di relazioni familiari anomale, separazioni o di traumi psichici. Queste risposte sembrano rispecchiare la tradizionale concezione che i problemi dei bambini dipendono da quelli degli adulti e che il funzionamento cognitivo, in assenza di danni neurologici riscontrabili, sia determinato dagli agenti esterni piuttosto che dal funzionamento del sistema nervoso centrale. Tale concezione, purtroppo determina situazioni di mancate diagnosi dovute all’assenza di personale con formazione adeguata. Situazioni che poi si ripresentano ai servizi in età avanzata a 12-15-18 anni, se non oltre; difficoltà e lentezza nel procedere dell’iter diagnostico dovuto sia alla mancanza di specifiche competenze che alla indisponibilità degli strumenti diagnostici necessari a fare diagnosi.

Una grossa situazione di sommerso, ovvero una tendenza a sottodiagnosticare il disturbo da parte delle strutture sanitarie territoriali con un conseguentemente indirizzamento verso i centri di riferimento regionali di 3° livello con ovvie difficoltà per l’eccessivo concentrarsi della domanda presso questi ultimi. Tale situazione, costringe molte famiglie a un impegnativo “esodo sanitario” anche in altre Regioni d’Italia, con aggravio della spesa sanitaria della ASL e regionale Campania, con impiego di terapie non idonee, non previste e assenza dei percorsi psicoeducativi e psicocomportamentali. Gli interventi psicocomportamentali sono previsti dai protocolli sanitari ai bambini ragazzi con diagnosi di ADHD (child training), ma non vengono prescritti.

Tipica, invece, è la prescrizione di interventi di “logopedia” e “psicomotricità”, anzi possiamo dire che nella fascia di età dai 6 ai 10 anni è l’unico intervento prescritto.

Queste terapie – prosegue la nota – non sono previste nell’intervento riabilitativo multimodale contemplato dalle linee guida nazionali ed internazionali. E non sono riportate nel percorso diagnostico/terapeutico per l’ADHD, deliberato dalla regione Campania 27 luglio 2007 – Deliberazione N. 1406. Ciò rappresenta non solo un dispendio di risorse economiche sanitarie ma soprattutto una cronicizzazione del disturbo per gli interventi inappropriati.

Si segnala poi la tendenza alla sospensione dei trattamenti riabilitativi raggiunta l’età dei 10-12 anni, che se pur prevista da un lato, dall’altro non è seguita da alcuna ulteriore possibilità di proseguimento delle terapie necessarie, essendo ancora in essere un grosso bisogno di cura, che si tende a minimizzare.

Assenza dei percorsi psicoeducativi per i genitori – Gli interventi previsti dai protocolli sanitari ai genitori (parent training), sono totalmente assenti e non attuati. Questi interventi sono finalizzati all’incremento delle abilità genitoriali nell’identificazione e nella comprensione dei problemi comportamentali dei figli diagnosticati, consentendo l’acquisizione di specifiche strategie per gestirli. Facile quindi, in assenza di tali terapie scaricare la colpa sui genitori e sulle loro scarse capacità genitoriali.

Tali situazioni costringono molte famiglie ad uscire dal sistema di sanità pubblica per usufruire di queste importanti terapie solo attraverso la consulenza di specialisti privati, con relativo aggravio economico e l’accentuarsi di una disparità sociosanitaria per gli utenti che non hanno possibilità economiche e quindi si resta senza trattamenti.

Trattamenti farmacologici non disponibili, a causa della mancata identificazione ed abilitazione di neurospichiatri infantili per la prescrizione dei piani terapeutici per i trattamenti farmacologici necessari alla cura del disturbo, come previsto dall’intervento multimodale per l’ADHD.

Anche conseguentemente a ciò, molte famiglie sono costrette ancora una volta (ma forse preferiscono nell’interesse dei propri figli) rivolgersi a strutture fuori provincia, per non far venir meno un trattamento molto importante nel trattamento e miglioramento della sintomatologia con cui si manifesta il disturbo.

Ad oggi, anche per gli adulti – evidenzia Micco – si è in attesa di identificare un nuovo psichiatra abilitato alla prescrizione dopo il pensionamento della dottoressa Russo, già direttore dipartimento di Salute Mentale e precedentemente unico medico abilitato.

  • una carente attività di consulenza e collaborazione con le istituzioni scolastiche nella stesura di PEI e PDP per inclusione dei soggetti con ADHD e disabilità in genere.

Fatte le dovute e sporadiche eccezioni, si è in presenza ad una grave carenza di formazione/sensibilizzazione delle figure che ruotano intorno ai soggetti con ADHD (insegnanti, educatori, assistenti sociali…) e conseguente mancanza di applicazione della normativa prevista per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (Direttiva Ministeriale per l’inclusione scolastica, del 27 dicembre 2012), con conseguenti ripercussioni sull’inclusione scolastica e sociale.

  • Carenza grave di formazione/sensibilizzazione nei pediatri di base e medici di famiglia. A tal fine è importantissima avviare iniziative di formazione rivolte a tali figure professionali operanti nelle strutture sanitarie pubbliche, per le necessarie attività di identificazione precoce dei casi a rischio, di follow-up dei trattamenti a seguito della diagnosi, di presa in carico sia della famiglia che dei soggetti ADHD.
  • Carenza grave (per non dire assenza) del percorso di transizione dall’età adolescenziale a quella adulta, per l’inesistenza di psichiatri delle strutture pubbliche specializzati in ADHD, nonostante la deliberazione della Regione Campania n. 150 del 24/03/2020 di istituire percorsi territoriali e identificare psichiatri per la presa in cura diagnostica terapeutica dei pazienti adulti con ADHD al fine di garantirne anche la continuità terapeutica dall’età evolutiva di chi è già in cura.

In considerazione, della situazione critica sin qui descritta, è evidente che a nostro avviso, l’ADHD risulta totalmente ignorato dai decisori istituzionali dell’ASL BN, nonostante le delibere e determine della Regione Campania vadano in tutt’altra direzione.

Infatti con la Deliberazione di Giunta n. 158 del 24/03/2020 è stata sancita l’identificazione di una Rete regionale di nodi territoriali per la diagnosi e il trattamento dell’ADHD in età evolutiva da realizzare da parte dei direttori generali delle ASL attraverso tutte le possibili forme di collaborazione e sinergie tra le stesse strutture ASL, i centri di riferimento regionali di 3° livello, le strutture preposte alla presa in cura dei cittadini adulti con ADHD già sollecitati con il decreto del commissario ad acta DCA n. 23/2017 e con l’eventuale confronto con le associazioni di persone e familiari interessati da tale disturbo.

Di fatto, la Direzione Generale per la Tutela della salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale della Campania ha stanziato anche fondi specifici pari a : 101.398,00 € per il potenziamento delle attività di neuropsichiatria infantile, come riportato dal decreto dirigenziale della direzione sanitaria n. 48 del 07/12/2020 circa il “Potenziamento dell’offerta pubblica delle attività concernenti la Salute Mentale nel Ciclo di Vita”; 38.307,40€ per il potenziamento delle attivita’ riguardanti l’ADHD negli adulti, come riportato dal decreto dirigenziale della direzione sanitaria n. 47 del 07/12/2020.

Rispetto a tali fondi, come associazione di familiari di persone con ADHD, – conclude il presidente Micco – non riscontriamo alcun miglioramento nei servizi ed interventi diagnostico/terapeutici, pertanto richiediamo un incontro urgente con la direzione generale della ASL di Benevento su quanto sopra evidenziato”.

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