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Accoglienza dei richiedenti asilo: ‘Condizioni di vita sotto gli standard di legge, anche nel Sannio’

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Il Centro Sociale Autogestito Depistaggio ha ospitato l’incontro “Non è ora di dormire!”, organizzato dalla Rete Commons – Uniti per i beni comuni e dedicato alla memoria di Ibrahima Fofana, il giovane richiedente asilo morto l’8 dicembre scorso a Benevento.

All’appuntamento – si legge nella nota diffusa alla stampa (la foto è di repertorio) – “erano presenti quasi tutti i profughi ospitati nei centri «Padre Pio» e «Costa d’Arco Village» di San Giorgio del Sannio e «L’Oasi» di Roccabascerana. L’evento si è diviso in due parti: prima un dibattito sulle migrazioni e l’asilo in Italia e poi una festa con musica reggae. Ospite della serata Alfonso De Vito, del collettivo «InsuTv», autore di reportage sulle migrazioni e sui campi profughi tunisini. De Vito ha raccontato ai richiedenti e ai numerosi italiani presenti la mesta situazione di chi è fuggito dalla guerra libica e si è trovato ad affrontare le pietose condizioni della vita da profugo nei campi della Tunisia o, peggio ancora, il viaggio della morte attraverso il Mediterraneo, per inseguire il «sogno del primo mondo», costato la vita a oltre 2.200 persone solo nel 2011. Naturalmente il discorso ha toccato anche le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo giunti in Campania, in totale oltre 2.000, le cui reali condizioni di vita sono ben al di sotto degli standard previsti dalla legge”.

“La Rete Commons ha ribadito per l’ennesima volta la propria solidarietà e vicinanza ai profughi e sottolineato le gravi responsabilità delle istituzioni italiane, in primis della protezione civile, alla quale compete il controllo dei centri di accoglienza (decreto emergenziale del 12 febbraio 2011). La Rete ha protestato soprattutto perché ad Ibrahima Fofana non è stato consentito, nonostante fosse suo diritto, di tornare in Mali, il suo paese di provenienza, dove voleva rientrare per morire tra le braccia dei suoi familiari. Tutto era pronto per la partenza, un medico si era messo a disposizione per accompagnarlo, quando le grinfie della burocrazia, unite al vergognoso scaricabarile delle istituzioni, gli hanno impedito di partire. Oggi il corpo di Ibrahima Fofana è ancora nell’obitorio dell’ospedale Fatebenefratelli, in attesa di essere rimandato in Mali, perché possa realizzare almeno da morto il desiderio che aveva espresso.
La Rete Commons ha sottolineato anche quanto sia necessario coordinare le rivendicazioni e le battaglie degli immigrati con quelle delle classi più disagiate italiane – lavoratori, studenti, precari, disoccupati – perché si possano affermare i diritti e si possa pervenire ad una maggiore giustizia sociale.

“Momento centrale della serata sono stati gli interventi dei richiedenti asilo. Hanno preso la parola in tre, provenienti da tre diversi paesi dell’Africa occidentale, e hanno anzitutto denunciato le pessime condizioni di vita nella quale sono costretti al centro «Padre Pio»: alimentazione insufficiente, trattamento pessimo, con favoritismi e tentativi di creare divisioni tra i 51 profughi ospitati.
In seguito i richiedenti hanno sollevato la questione della richiesta di asilo e della commissione territoriale di Caserta, competente per i richiedenti residenti in Campania, Molise, Abruzzo e Marche. All’interno di un quadro normativo e di una politica già estremamente restrittivi, la commissione di Caserta si configura da sempre come la peggiore in assoluto, con un’altissima percentuale di respingimenti. Basti pensare che recentemente sono stati rifiutate tutte le domande di asilo dei profughi ospitati nei centri di Venticano (23) di Telese Terme (7) e in larga parte quelle arrivate da Campoli MT (41 su 51) e da Ariano Irpino (20 su 21). È una situazione assurda e insostenibile, se si pensa che dalla Libia sono approdati sulle coste italiane solo 23.000 persone (ben poche, rispetto alle centinaia di migliaia giunti in Tunisia e in Egitto) e che il governo italiano ha forti responsabilità nella loro fuga: questi ragazzi non sono scappati alla ricerca di un lavoro, perché in Libia già lavoravano (tra loro vi sono ingegneri, elettricisti, sarti, idraulici, cuochi, tornitori, operai specializzati, falegnami, ecc.), ma hanno dovuto lasciare la Libia a causa di una guerra che anche l’Italia ha contribuito a scatenare. Da un lato i quotidiani bombardamenti della NATO, dall’altro le aggressioni razziste dei miliziani di Gheddafi e dei ribelli del CNT hanno costretto questa gente ad abbandonare ogni avere e ad affrontare il terribile viaggio nel Mediterraneo per giungere nella «civile» Europa e vedersi respingere la richiesta d’asilo, finendo nella triste condizione dei «clandestini».
Tutti gli intervenuti hanno sottolineato la necessità di creare un movimento per fare pressione sulla commissione territoriale e sulle istituzioni affinché cambino questa politica inumana e miope, che da un lato dimentica le proprie responsabilità e dall’altro non considera quanto l’immigrazione sia importante per l’economia e la società italiana.
La serata si è conclusa al suono della musica reggae, con alcuni richiedenti asilo improvvisatisi disc jockey.
La Rete Commons, in conclusione, ribadisce le proprie richieste: a tutti i profughi provenienti dalla Libia devono essere garantite condizioni civili di accoglienza, così come stabilito dalla legge, e deve essere immediatamente rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari”.
 

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