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CULTURA

8 settembre 1943/2011, la memoria di Pasquale Casciello

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Radio Città Benevento (www.radiocitta.net) ha pubblicato un articolo di Pasquale Casciello, animalista storico sannita e di recente tornato anche all’attività politica attiva con l’impegno in ORA alle comunali, nel quale viene ricostruita la memoria dell’8 settembre del ’43 nel Sannio. Ed anche un parallelismo con l’attualità. Lo riproduciamo integralmente di seguito.

***
(pasquale casciello) – Era una giornata quasi come oggi, quel mercoledi del 1943. La gente era dedita alle normali quotidiane attività. Vi era la preoccupazione della guerra. Si sentiva in lontananza qualche rombo di apparecchio, e la gente preoccupata, sperava che andassero altrove gli aerei, a scaricare il loro carico di morte. Abitavo allora a Scafati, noi giovanottelli diciottenni cercavamo di ingannare il tempo o con passeggiate in piazza, discutendo di tante cose, tranne che la guerra. Quel giorno a casa mia, era un giorno importante. Era stato liberato un compagno, dal confino politico di Monteforte Irpino, un compagno Antonio ferrara,un antifascista irriducibile come mio padre, e con il quale, come si dice, si dividevano il sonno. Durante il periodo della sua segregazione, noi ragazzi eravamo spesso andati a trovarlo; non vi erano mezzi di trasporto dal mio paese a monte forte, per cui eravamo costretti ad andare in bicicletta, con tutto lo sforzo, per vincere la strada in salita per arrivare al paese. Quella sera, 8 settembre, era per noi per la mia famiglia, una grande festa: Antonio era stato liberato, mio padre non stava nella pelle, naturalmente lo aveva invitato a cena. Erano tempi duri dal punto di vista alimentare; ma la fantasia di mamma e papà superavano queste contingenze. Avevamo una grande casa e naturalmete il terrazzo, (suppigno) dove papa si era organizzato un piccolo allevamento di conigli, i giganti di fiandra, per sopperire alla mancanza di carne. Sacrificammo uno di questi conigni, con grave disappunto da parte mia, mamma preparò degli gnocchi di farina di grano, le verdure non mancavano né il vino né la frutta, e cosi si imbandi una cena eccezionale in onore del nostro compagno Antonio.

Nel bel mezzo della cena, intorno alle 20 improvvisamente le campane cominciarono a suonare, un gran vocio di gente, urla, restammo tutti sorpresi. Naturalmente smettemmo di cenare, e scendemmo tutti in piazza a chiedere che cosa fosse successo “E’ fnuta a guerra, è fnuta” ci illudemmo che la guerra fosse finita. Cosi non era. Di li a pochi giorni, i tedeschi come belve ferite, cominciarono le rappresaglie, che culminarono per il nostro paese nell’eccidio di Treponti, vicino pompei, ove trovarono la morte, insieme ad altri, per mano tedesca il mio papà e mio fratello Gioacchino, che militare a Roma, era fuggito.

Fuggito era stato pure il re e la sua banda, il principe Umberto, Badoglio, i generali, tutti insieme appassionatamente, lasciando il paese acefalo abbandonato a se stesso, ed alla ferocia nazista.

Qual è la differenza tra il 43 ed oggi; vi è un parallelismo. Crediamo proprio di si.

Intanto un paese allo sbando, l’Italia impegnata in una guerra che non ci appartiene, “ma è per portare democrazia…. Si dice. E a noi chi la porta? Un paese nel quale quasi il 29% dei giovani non trova lavoro, la disoccupazione complessiva è del 9% circa, al sud forse siamo al 50%, un paese nel quale, oggi, la tassazione è più alta del 2004 che è tutto dire; si annuncia una lenta ripresa, ma senza occupazione. Un paese, in cui il governo non esiste, ecco l’affinità col 43, alle prese con una manovra economica, che finirà con lo strozzarci, e che approvare la quale, si ancora dovuto ricorrere al votodi fiducia. Un vantaggio: non sentiamo più tutte le sere Quagliariello!!! La differenza che nel 43 il popolo, a cominciare da Scafati, il popolo insorge le cinque giornate di Napoli, ove “o vintotte e settembre d’ò qurantatre, o popolo napulitano combatteva e mureva, pè scrivere int’a storia finalmente quatto pagine tutte cu stesso nomme”: DIGNITA?

Questa la differenza. Abbiamo il coraggio di riscoprire gli ideali partigiani e gridare “jatevenne, fetiente, carugnune, jatevenne”, e dateme a libertà ”a libertà e vulè bene senza na ragione, èghi abbraccia nu cane o perzona…”

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