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Sindacati

Tasse universitarie, ‘nel Sannio si doveva tenerle più basse’

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E’ una nota congiunta della CGIL  e della FLC di Benevento, a firma rispettivamente dei segretari generali Aprea e Delli Veneri, a tornare su un tema dibattuto politicamente nei giorni scorsi dai partici del centrosinistra locale, soprattutto, e cioè le tasse universitarie all’Università del Sannio e le scelte politiche della dirigenza (ed in allegato si può leggere un prospetto comparativo utile alla tesi sostenuta dai due esponenti delle parti sociali).

“Secondo il Rettore Bencardino – si legge nello scritto sindacale – basta ingentilire i termini per cambiare la sostanza dei provvedimenti assunti. Nelle sue intenzioni sarebbe bastato definire come “riorganizzazione della contribuzione studentesca per l’anno accademico 2010/2011” lo spropositato aumento delle tasse universitarie perché non fosse esplicitata la scelta gravemente impopolare compiuta dal Senato Accademico dell’Università degli Studi del Sannio.

Una scelta che dimostra la scarsa capacità di leggere la realtà del tessuto sociale e produttivo in cui è inserito l’Ateneo sannita. Una scelta fuori dai tempi, che non è in grado di registrare la drammatica crisi economica della nostra società. Una scelta improvvida e miope, che si è sciaguratamente ritorta contro gli studenti e le loro famiglie.

Fa la stessa operazione la Gelmini quando definisce “essenzializzazione” della scuola pubblica il taglio di 8 miliardi che determinano 140.000 posti di lavoro in meno nel triennio 2009-2011, meno tempo scuola, più alunni per classe.

Entrambe non erano scelte inevitabili come vogliono far credere: sono scelte politiche.

Il Governo poteva non dare i soldi all’Alitalia, rinunciare a qualche bombardiere da guerra e investire in “conoscenza” come hanno fatto tanti altri Paesi vicini e lontani all’Italia.

Il Governo dell’Università del Sannio poteva unirsi a docenti, ricercatori, studenti e CGIL nel contrastare i tagli alle risorse operati dalla Gelmini e non sostenerla, come ha fatto il Rettore Bencardino dichiarando pubblicamente alla Ministra di aver “collaborato per portare avanti la riforma, anche cercando di contenere le pressioni che venivano dal basso, dagli studenti, dai colleghi ricercatori” al momento dell’ormai famosa conferenza stampa per presentare l’«accordo di programma» tra il Ministero, la Campania e i sette atenei della Regione, che nulla di nuovo ha portato agli Atenei Campani, soprattutto in termini di risorse.

Era davvero difficile alla commissione di esperti, docenti e funzionari dell’Università del Sannio, prevedere che le nuove fasce di reddito avrebbero fatto schizzare nelle fasce alte tanti redditi che non si possono certo annoverare fra quelli di famiglie ricche?

Difficile confrontarsi con quanto si faceva nelle altre Università campane: hanno un numero maggiore di fasce (fino a 16 la Federico II) e il reddito massimo è per tutti più alto (€ 35.500 II Università)?

Non sembra che sia “un incremento proporzionale e contenuto” come recita la delibera del Senato Accademico con cui si sono introdotte queste modifiche, non sembra che si siano neanche salvaguardate le fasce economiche più deboli perché anche chi è inserito nelle fasce di reddito più basse paga più che in tutti gli altri Atenei campani.

La delibera del Senato continua dicendo che proprio il “debole tessuto socio-economico del territorio sannita, dal quale proviene la maggioranza degli studenti, è il principale fattore preso in considerazione nella determinazione dei limiti di reddito I.S.E.E. per ciascuna fascia”.

E se non ne tenevano conto che sarebbe successo?

Non è vero che le tasse universitarie del Sannio erano le più basse d’Italia; al contrario già non lo erano prima dell’ultimo rincaro, ma oggi rischiano di essere le più care in assoluto.

Con le iscrizioni già in calo per questo anno non ci si è posti il dubbio di rischiare il tracollo di immatricolazioni per il prossimo anno?

O forse è proprio questo l’obiettivo che si vuole perseguire: la contrazione degli iscritti per poter regalare l’autonomia, così faticosamente conquistata, a favore di qualche altro ateneo campano.

Non potrà risultare tardivo un intervento di correzione realizzato solo il prossimo anno?

Solo adesso il Rettore si è accorto che il finanziamento dell’Università del Sannio è basso?

Ha provveduto a comunicarlo a quei politici venuti a promettere fondi integrativi in ragione della buona amministrazione dell’Università del Sannio?

Quali spese taglieremo per il prossimo anno?

Forse le assunzioni del personale a tempo determinato (ancora assunzioni precarie…) che l’Università ha realizzato proprio utilizzando le tasse degli studenti?

Forse non si sarebbero dovuto aumentare le indennità a tutte le cariche dell’Ateneo che, tra l’altro, hanno portato l’indennità del Rettore da € 50.000 a € 62.000?

Forse è stata improvvida la chiusura dei centri di ricerca RCost e Tedass che hanno consentito l’accesso a notevoli finanziamenti, oltre che uno essere strumento per aiutare il cambiamento del nostro territorio, dando una prospettiva ai nostri giovani laureati?

Per sciogliere tutti questi dubbi ed altri ancora (fondazioni, consorzi, accordi di programma…) la CGIL invita il Rettore Bencardino ad un confronto pubblico con il coinvolgimento di tutta la comunità universitaria”.

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