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Dal Sannio disponibilità ad accogliere i richiedenti asilo della nave “Diciotti”

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«Il sogno di una vita degna, lontana da privazioni e persecuzioni fatto anni fa da M.L. King, continua a infrangersi, oggi, per tanti. Continua, infatti, l’erezione di muri contro di decine di richiedenti asilo che in questi giorni hanno vissuto ‘forzatamente’ giorni di segregazione a bordo di una nave. Stiamo contravvenendo a quelle che sono le regole pluralistiche di convivenza, sancite non solo dalla Costituzione ma anche del Trattato Europeo in tema di: “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”. Ci appelliamo a voi tutti: non dimentichiamoci che dietro questi sbarchi ci sono vite e speranze, non numeri o semplici conti da far quadrare».

Esordisce così, iCare Cooperativa Sociale di comunitàUfficio Progettazione e Fragilità della Diocesi di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti che gestisce lo Sportello DIT (progetto della Caritas diocesana), intervenendo sulla vicenda della nave “Diciotti”, ormeggiata per 5 giorni nel porto di Catania con a bordo 177 richiedenti asilo, dopo il veto allo sbarco, che hanno vissuto in condizioni inaccettabili.

«Ci piacerebbe, allora, che non si commettesse il solito errore: quello di parlare di rifugiati o richiedenti asilo, come di una categoria sociologica, dimenticando i volti che questa categoria contiene. Sono nomi, occhi, cuori, anime. Sono dolori e speranze. L’oltraggio di un passato incapace di garantire un futuro; la speranza disperata di un presente che possa restituire il futuro rubato. Come organismi ecclesiali, ed in piena condivisione di intenti, non possiamo ignorare il silenzio dell’altro, il battito del cuore dell’altro, ed in quel silenzio, in quel battito, specchiarci per dare all’altro la stessa dignità, lo stesso valore che diamo a noi stessi, e solo allora ritrovare il senso alle nostre parole».

«Non possiamo tacere. La Chiesa non può tacere e, non può rimanere indifferente davanti a queste storie che si preparano a dover sopportare il dolore di un rifiuto, di una mancata accettazione, di una assenza di solidarietà. Solidarietà vuol dire inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità con rispetto e con dignità. Solidarietà “è indivisibile dalla giustizia e non deve dare per carità quello che spetta alla gente per giustizia”. Non si possono usare i poveri né ci si può arricchire sulla loro pelle, così come la giustizia non può essere sostituita da una sottile forma di pietismo. La Caritas, e dunque la Chiesa diocesana, attraverso la disponibilità inviata al Nucleo Regionale ha aderito con senso profondo di responsabilità all’appello di accoglienza lanciato dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e si è dimostrata sensibile ad accogliere due migranti.

Possiamo dire questo, anche perché come Chiesa, come cooperativa iCare – Ufficio Progettazione e Fragilità, come Caritas diocesana, stiamo cercando di dare risposte a quelli che sono i bisogni di questo territorio. Stiamo costruendo percorsi di inserimento lavorativo, rigenerando spazi, progettando un nuovo sviluppo locale che animi la possibilità di futuro dei nostri giovani e, in particolare, per i nostri giovani più fragili.

Se da una parte stiamo andando incontro alle fragilità di chi abita questa terra, facendocene carico e prendendocene cura, dall’altra parte non possiamo non essere attenti alle fatiche e al dolore di questi nostri fratelli, che rappresentano le povertà estreme. Proprio per questo, è attivo lo Sportello DIT. Il progetto DIT nato dalla Caritas – e affidato alla gestione della cooperativa – si propone di affiancare le persone con fragilità, di offrire loro un luogo dove sentirsi accolti, dove essere ascoltati e, se serve, consigliati. Si mette al servizio degli ultimi tramite quei volontari che offrono disponibilità per consulenze legali e ambulatorio medico, crea un punto di incontro per persone di diverse etnie, ascoltando le loro storie e sviluppando, nello spazio rigenerato di casa Santa Rita, risposte alle diverse esigenze, come quella della scuola di italiano per stranieri, o supporto e consulenza per lo svolgimento dell’iter burocratico post- accoglienza».

«Se la vicenda della nave Diciotti ci ha insegnato qualcosa, è che l’umanità ha bisogno di umanità, e non ci si può non aggrappare a dei valori universali: solidarietà, diritti, cittadinanza, dignità, uguaglianza, responsabilità. Solo in questo modo è possibile liberare questa società sempre più in ostaggio di se stessa, di muri e omissioni. È tempo di recuperare una dimensione quanto più sociale e umana possibile. È tempo di abbattere le barriere, di pretendere uno Stato degno di essere chiamato democratico, dove i diritti di tutti vengano tutelati e non calpestati. È tempo di smentire chi mistifica parole e realtà, chi semina odio. È tempo di rivendicare un diritto, quello alla felicità o più semplicemente alla vita, che viene umiliato continuamente.

Quanti fratelli, persone “senza occhi, né voce” escludiamo ogni giorno? A quanti di loro, neghiamo la possibilità di “un incontro vero per continuare a sperare e a credere in un mondo più giusto e leale?”. È tempo di unire le forze ed i sogni: la possibilità di credere in se stessi, l’accesso all’istruzione, la possibilità di un lavoro ben retribuito, voglia di credere nel dialogo e nell’incontro, di seguire passioni e vocazioni, avere il coraggio di sbagliare senza sentirsi giudicati, di affrontare un cammino di crescita sereno. Sono questi, gli stessi sogni che uniscono i giovani di tutto il mondo: quelli che sbarcano sulle coste, quelli che i sogni li vedono affogare insieme a loro stessi nel Mediterraneo, quelli che vorrebbero rimanere ed invece sono costretti ad andare via».

«C’è un tempo da riconoscere, da fare nostro, da riempire di azioni, di scelte politiche, servizi e non solo sentimenti. Chiediamoci – conclude la nota – chi siamo, scegliamo chi vogliamo essere, capiamo come vogliamo agire, per poter riconoscere l’umanità presente in ognuno di questi nostri fratelli e per dimostrare a noi stessi e al mondo che vogliamo essere pienamente uomini anche noi».

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