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Sindacati

Primo Maggio, una data in rosso sul calendario della Storia

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“Lo sviluppo economico e la sua qualità sociale, la stessa tenuta civile e democratica del nostro paese, passano attraverso un deciso elevamento dei tassi di attività e di occupazione, un accresciuto impegno per la formazione e la salvaguardia del capitale umano, un’ulteriore valorizzazione del lavoro, in tutti i sensi. Questo discorso riguarda in special modo i giovani, fa tutt’uno con le risposte da noi tutti dovute alle aspettative per il futuro delle giovani generazioni”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso celebrativo della Festa del lavoro al Quirinale, che in un altro passo del suo discorso ha così proseguito: “Ttra le condizioni di successo di un programma necessariamente ambizioso e innovativo, c’è certamente quella dell’avvio di un nuovo clima di coesione sia politica sia sociale. E a quest’ultimo proposito, mi riferisco sia alle relazioni tra le diverse parti sociali sia alle relazioni tra i sindacati dei lavoratori. Sarebbe, sia chiaro, fuorviante e irrealistico immaginare il superamento di naturali contrasti tra mondo delle imprese e mondo del lavoro, o di motivi di attrito e competizione tra le diverse organizzazioni dei lavoratori. Ma mi domando – ed è una domanda che può riferirsi anche alle relazioni tra le forze politiche : è inevitabile l’attuale grado di conflittualità, è impossibile l’individuazione di interessi e di impegni comuni? Si teme davvero che possa prodursi un eccesso di consensualità, o un rischio di cancellazione dei rispettivi tratti identitari e ruoli essenziali?”.

 

E il Presidente ha sottolineato ancora come “la nostra storia – a partire dal 1944 e nonostante periodi di rottura e divisione – ci dice quel che l’unità sindacale ha dato ai lavoratori, alla democrazia, al paese. La rinuncia a sforzi pazienti di ritessitura quando si producano lacerazioni e diventino indispensabili dei ripensamenti, può portare solo al peggio, dal punto di vista del peso e del ruolo del lavoro e delle sue rappresentanze”. E il Presidente Napolitano ha voluto in positivo “citare – trattandosi di tema che mi è stato e mi è particolarmente caro, nella sua persistente drammaticità – l’influenza che i sindacati hanno esercitato essendo uniti, per garantire più sicurezza sul lavoro. Registriamo così anche quest’anno risultati positivi, per effetto di provvedimenti legislativi e di comportamenti più responsabili che i sindacati hanno sollecitato, promuovendo un clima innovativo anche sul piano giurisprudenziale”.

 

***

 

Fin qui la più alta carica dello Stato, che sembra abbia rivolto il suo sguardo anche a Benevento, dove appunto il Primo Maggio è giorno di divisioni fra le forze sindacali. Come si legge a parte, l’insieme delle manifestazioni è a sé stante, di sigla. A parte si legge anche un intervento di Ciro Vallone, segretario provinciale de La Destra: il tema posto sul tappeto dall’esponente politico rende interessante conoscere il pensiero del suo candidato sindaco, Raffaele Tibaldi, sulla ricorrenza, per verificare la compatibilità delle opinioni.

 

Infine, dall’archivio storico “Manuela Mezzelani” della Cgil di Roma e Lazio traiamo qualche breve passo.

 

“Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l’idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese:
‘Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi’.

 

Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. (accadrà, con ben altre motivazioni, anche nel 1948, a Portella della Ginestra, con un’altra strage di lavoratoti, ndr)”.

 

Già gli inizi si fanno Storia. Storia che procede con alti e bassi – l’abolizione durante il ventennio fascista, le forti contrapposizioni del dopoguerra -, e “isognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.

 

Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.

 

Oggi un’unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:
“Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l’interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de’sensi; e un’accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell’avvenire, naturalmente è portata a quell’esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa”.

***

 

La congerie di valutazioni sul Primo Maggio è ampia e qui s’è voluto offrire solo un rapido passaggio come invito alla lettura ed alla riflessione, senza pendenze o preferenze particolari se non quelle segnate in rosso sul calendario della Storia, appunto. Sullo sfondo, però, si staglia un valore primigenio di lotta per i diritti: che ognuno si dia una risposta e valuti se si sia annacquato o meno…

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