AMBIENTE
Una battaglia di civiltà: ‘Tu sporchi, io non ti voto’
Ascolta la lettura dell'articolo
(di Alessandro Paolo Lombardo, Luigi Furno, Vittorio Albanese) – "Tu sporchi, io non ti voto" è lo slogan che abbiamo deciso di adottare per contrastare il triste fenomeno dei manifesti abusivi che si presenta puntualissimo ad ogni appuntamento elettorale. E’ una vergogna che chi si candida a rappresentare l’amministrazione pubblica, e che quindi vorrebbe essere garante delle norme che disciplinano il vivere comune, lo faccia evadendo le tasse sulle affissioni, sporcando la città e imbrattando di colla qualsiasi supporto a portata di scopa.
Chi si macchia di questi comportamenti non è eleggibile.
Ci uniamo quindi ai ragazzi di Benevento Città Racconta, che nei giorni scorsi hanno meritoriamente messo in evidenza l’avvio del fenomeno anche in questa tornata elettorale. Speravamo che le cose fossero cambiate col tempo ma purtroppo i fatti dimostrano che non è così. Senza alcuna vergogna, alcuni tra i nostri politici continuamo ad alimentare la pratica.
Era il 2008, quando, in uno dei primi numeri del nostro mensile, trattammo l’argomento con un servizio che fu ben curato da Fabio Marcarelli. L’articolo riportava anche le dichiarazioni di un attacchino abusivo, foraggiato dal politico di turno per incollare quanti più manifesti possibile.
Nel 2009 poi, alla vigilia di un nuovo appuntamento elettorale, il direttore del nostro giornale, Emilio Fabozzi, nell’editoriale del numero di febbraio, intitolato "Altrimenti poi…" pose nuovamente l’accento sulla contradditorietà del fenomeno manifesti abusivi, esortando i giornali locali a fare fronte comune per esporre alla pubblica gogna i responsabili di tali pratiche. Lo riproponiamo perchè, purtroppo, ancora attualissimo:
Altrimenti poi…
"Cassonetti e mezzi Asia bruciati, danni a monumenti e strade sono tornati puntuali ad occupare la cronaca quotidiana, qualora ne fossero mai scomparsi. Il problema è che, nella stragrande maggioranza dei casi, chi commette scempi a danno della collettività, che è costretta a sobbarcarsi i costi ingenti di danneggiamenti privi di logica, resta ignoto, lindo, tranquillo, impunito, a dispetto dei proponimenti, delle iniziative avviate e dei soldi spesi per migliorare il controllo del territorio.
Va detto che in una comunità dove i primi a violare la legge sono i politici, aspiranti a cariche istituzionali, risulta quantomeno arduo avviare delle campagne credibili contro atti vandalici e comportamenti incivili. La città si appresterà a breve ad affrontare una nuova campagna elettorale per eleggere i rappresentanti regionali ma porta ancora, evidenti, i segni dell’ultima battaglia al voto che ha lasciato il ricordo del proprio passaggio su muri, cavalcavia, cassonetti, ponti e svariati altri posti del perimetro urbano non deputati ad accogliere manifesti. Il segno del deterioramento culturale in una città che non punisce elettoralmente chi, per candidarsi a rivestire ruoli pubblici, mortifica la proprietà comune è la prova che si è sulla cattiva strada.
Come è possibile che chi sporca, violando la legge, non venga sanzionato dalle urne per l’evidente stonatura tra l’aspirazione a divenire il rappresentante di un territorio che sin dalla campagna elettorale dimostra di non rispettare? Come è possibile che proprio chi si candida ad essere garante della proprietà pubblica violi sin dall’avvio della sua aspirazione le leggi che la tutelano? Ancora più significativo, poi, è il silenzio di chi dovrebbe mettere in evidenza tali atteggiamenti, di chi dovrebbe portare all’attenzione della pubblica opinione la questione morale del rispetto del territorio. E’ come se ci fossimo abituati alla stonatura. A prescindere dall’orientamento politico, i mezzi di comunicazione locale dovrebbero denunciare con maggiore forza tali comportamenti, esponendo alla pubblica gogna chi sbaglia, umiliando il decoro pubblico. Qualcuno dovrebbe spiegare perché su tale ponte, impalcatura, cassonetto è stato incollato un proprio manifesto. Una rubrica fissa con le foto degli abusi, basterebbe a far sorgere un minimo dubbio di convenienza in chi persegue tali pratiche. E se proprio è inconcepibile per un giornale denunciare l’atteggiamento di un candidato della parte politica che si sostiene, l’una vigili sul comportamento dell’altra. Non si occulti a vicenda, a danno di tutti. E chi è libero, dia prova della propria libertà. Come si sa, il giornalismo dovrebbe avere un ruolo di controllo del potere, di “cane da guardia della democrazia, della cosa pubblica”.
Tra qualche mese partirà una nuova campagna elettorale, potrebbe essere l’occasione buona, per avviare un’iniziativa comune in difesa della città, affinché chi aspira a divenirne il rappresentante in Consiglio regionale abbia ben chiaro il ruolo di garante del territorio, e delle leggi che lo tutelano, sin dall’inizio del percorso. Può sembrare una banalità; non credo che lo sia. Si tratta di un approccio alla carica pubblica che deve cambiare, di un atteggiamento che va inculcato, fatto maturare, affinché diventi patrimonio di tutti. Altrimenti poi, non ci si lamenti".
Emilio Fabozzi (Febbraio 2009)
Da allora nulla è cambiato. Solo se i candidati cominceranno a pagare elettoralmente questi atteggiamenti, attraverso la perdita di consensi, potremo sperare in futuro di debellare questa pratica medievale.
Facciamo appello dunque ai cittadini, affinchè non diano il loro voto a chi dimostra di non amare la città insozzandola. La forma è sostanza".
***
Appello raccolto
Fonte | http://www.bmagazine.info