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Ricordate l’ex assessore Coppola? “Benevento città chiusa e che non sogna, manca una classe dirigente”

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Marzo 2013, tempo di rimpasti a palazzo Mosti. Cronisti a caccia di soffiate. E’ sul nome del nuovo assessore alle Finanze, in particolare, che la curiosità è tanta. Sui conti del Comune si è infatti accesa da poco una spia: segnala uno stato di grave sofferenza. Serve un tecnico. Si parla prima di Riccardo Realfonzo, poi di Emiliano Brancaccio. Ma il jolly Fausto Pepe lo sta cercando a Napoli. Per via ufficiosa i giornalisti ottengono quello che volevano: un curriculum. E’ di Francesco Saverio Coppola. Economista, meridionalista. “Un bancario”. La ricerca è finita: è Coppola il nuovo assessore alla Finanze. In via Annunziata, per la conferenza stampa di presentazione, ci arriva su uno scooterone. Per tre anni sarà così: Napoli-Benevento sempre sul suo Peugeot 200. “Ma non ho mai preso un euro di rimborso spese per i viaggi. Per mia scelta, anche se ero un assessore fuori sede”.

Da quella prima volta sono trascorsi dieci anni. La cura dei conti del Capoluogo è in altre mani. Ma il legame tra Coppola e Benevento è ormai troppo forte. “L’ho sempre detto. Ci fossero stati collegamenti all’altezza, sarei venuto a vivere lì”. Pazienza. Nel Sannio comunque ci torna spesso. “Il 3 marzo sarò alla presentazione del libro di Carlo Borgomeo. Poi sto lavorando a una iniziativa sull’Autonomia Differenziata. Progetto che va contrastato e sono contento che il sindaco Mastella abbia preso una posizione chiara e netta”.

Di cosa si occupa, ora?

“Di economia, di Mezzogiorno. Il Sud sta andando a rotoli”

Non ha ma chiuso i rapporti con Benevento?

“Assolutamente. Coltivo tanti rapporti, con Nardone e Futuridea. Con il Rettore. E poi sono un habitué del Premio Marzano, a San Giorgio del Sannio”

E con Fausto Pepe?

“Ci sentiamo, anche per gli auguri. E poi via Facebook. Lo vedo molto concentrato sul karate”

Cosa ricorda del suo ingresso a palazzo Mosti?

“Fausto Pepe mi chiamò in una situazione di difficoltà. Occorreva risanare le finanze, eravamo in pre-dissesto. Da economista, compresi subito la doppia natura delle criticità”

Ovvero?

“C’era un problema interno, legato allo stato dei conti. Ma anche un problema esterno, decisamente più complicato e legato a uno sviluppo che non c’era. Non a caso, parlai subito del progetto “Benevento 2020”. Serviva uno sguardo sul futuro”.

Cosa è cambiato in questi dieci anni?

“Nulla. I problemi di adesso sono quelli di allora. Pensiamo soltanto ai collegamenti, alle infrastrutture. In generale è venuta meno una visione di sviluppo del territorio capace di andare oltre gli interessi di partito. Le forze politiche che si sono succedute nel governo del territorio non sono state in grado di restituire respiro alla Città e alla provincia. Da quando sono andato via io, Benevento ha perso 6mila abitanti. E il conto non comprende i tanti giovani che sono emigrati ma hanno conservato la residenza. Altrimenti il saldo sarebbe ancora più negativo”

Su cosa puntare per invertire la tendenza?

“Qualche faro ancora acceso c’è. Penso all’Università. In controtendenza, è riuscita a crescere in questo periodo. E poi l’intuizione sulla logistica era giusta. Ma quel processo andava accompagnato dalle infrastrutture. Leggo che i lavori per il raddoppio della Caianello sono imminenti. Ma si diceva così anche dieci anni fa… Speriamo sia la volta buona, sarebbe importantissimo. Così come lo è l’Alta Capacità Ferroviaria”

Non traspare ottimismo dalle sue parole

“Pessimista? Sì, lo sono. Ma non solo per Benevento. I suoi destini seguiranno quelli del Mezzogiorno”

Anche il Pnrr rischia di tramutarsi nell’ennesima occasione sprecata?

“Anche qui Benevento doveva assumere un ruolo di guida nei confronti delle altre realtà del Sannio. I piccoli Comuni – e sono la maggior parte in provincia – non hanno la forza e l’organizzazione per affrontare la sfida del Pnrr. Che infatti sarà inutilizzato o sprecato. Vale anche il quadro comunitario di sostegno. Lo spirito doveva essere diverso, occorreva comprendere che se cresce il territorio crescono tutti. E invece ognuno ha ragionato per sé”

Perché?

“Il tema riguarda tutte le aree interne: c’è una classe dominante, manca una classe dirigente. E non è un problema di nomi ma di mentalità. Qui, in particolare, ho sempre notato un atteggiamento di chiusura verso l’esterno. Anche del capoluogo rispetto ai comuni confinanti. E infatti parlavo sempre di Benevento Città Aperta. Serviva e servirebbe fare sistema. Gli indici di sviluppo migliori, nel Sannio, li fanno segnare i comuni di frontiera con le altre province. La Città dovrebbe rilanciarsi nel ruolo di primus inter pares. Alla logica di comunità, però, viene preferita quella dei partiti”

Torniamo alla sua esperienza a palazzo Mosti: pochi mesi dopo il suo addio, il Comune ha dichiarato il dissesto, la sua opinione?

“Oggi possiamo dire che è stato un dissesto politico, volto a segnare una cesura rispetto alle precedenti amministrazioni. Un dissesto tecnico sarebbe stato chiuso nel giro di tre o quattro anni. E invece a Benevento ne sono trascorsi sette e ancora non si ha certezza della massa debitoria. E se questa consapevolezza manca oggi, come era possibile averla allora?”

Insomma, il dissesto non la convince?

“Noi pagammo trenta milioni di euro di debiti, tutti derivanti da vicende a partire dagli anni ’80, ma non dichiarammo dissesto. Dichiarando default determini delle negatività per la Città. Con la tassazione sempre al massimo, per dirne una, tanti beneventani hanno spostato la residenza nei comuni confinanti, come San Giorgio del Sannio. Significa meno risorse per il capoluogo. E poi c’è il tema delle assunzioni, delle politiche sociali che non puoi sostenere”

E ora?

“Ora speriamo che la fine del secondo mandato Mastella il dissesto possa essere superato. Non so chi ci sarà dopo ma certo non avrà vita facile”.

Cosa consiglierebbe al prossimo sindaco di Benevento?

“Di sognare. Il grande problema di Benevento è che è una Città che non sogna e quindi non ha una visione del futuro”.

Antonio Corbo

 

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