ECONOMIA
L’Unisannio presenta POIGA, progetto di riscoperta e valorizzazione dei Grani Antichi
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Riscoprire i sapori della tradizione, supportando e rilanciando le aziende agricole territoriali. Svelati stamattina i dettagli relativi alla duplice mission del POIGA, il progetto operativo innovativo grani antichi, che tra i propri partner annovera l’Università degli Studi del Sannio.
L’iniziativa, presentata presso la Sala Ciardiello del dipartimento DEMM dell’ateneo cittadino, mira a fornire gli strumenti necessari a valorizzare grani e farine tradizionali, in particolare la Saragolla, la Marzellina, la Romanella e la Ianculedda, coltivati tempo fa e reintrodotti oggi non solo nel Sannio ma anche in Irpinia e nel Cilento.
Il piacere della riscoperta, tuttavia, rappresenta solo una tappa del percorso. Il secondo step, infatti, sarà organizzare una filiera produttiva in grado di esaltare il contributo della aziende agricole sannite e sostenerne il ruolo di protagoniste dello sviluppo locale.
”Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un radicale processo evolutivo degli scenari economici e sociali – spiega il professor Giuseppe Marotta, responsabile scientifico del progetto POIGA – . Al giorno d’oggi i cittadini desiderano cibi salubri legati al proprio territorio, e queste istanze diventano occasione per valorizzare il potenziale agroalimentare delle aree interne”.
”Affinché le eccellenze del territorio possano diventare reale fonte di sviluppo – sostiene il rettore Unisannio Gerardo Canfora – occorrono azioni sinergiche di conoscenza, valorizzazione, caratterizzazione e selezione, ed è su questi aspetti che sono al lavoro i nostri ricercatori”.
”Il progetto punta all’approfondimento di aspetti agronomici e scientifici da cui ricavare più informazioni possibili per supportare i produttori di grano locali in un momento particolarmente delicato – le parole di Angelo Lo Conte, rappresentante di Slow Food Campania –. La produttività è intesa soprattutto nell’accezione della sostenibilità ambientale e nella salvaguardia della biodiversità cerealicola locale”.