POLITICA
Palazzo Mosti, De Lorenzo in linea con lo sfogo di Zoino: “Condivido le sue parole”
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da Giuseppe De Lorenzo, ex assessore alla Mobilità del Comune di Benevento, all’attuale consigliere di Palazzo Mosti, Mario Zoino. L’esponente del Pd aveva manifestato recentemente la volontà di non ricandidarsi alle prossime elezioni amministrative perché “nauseato” dopo appena un anno di attività.
“Con cadenza quotidiana, attraverso la stampa, apprendiamo che, mentre l’opposizione a palazzo Mosti, per ragioni che si ignorano, è caduta in un letargo assordante, sono proprio i consiglieri di maggioranza a mettere in evidenza la mancata azione incisiva dell’attuale amministrazione. Le prese di posizione di Cangiano, De Rienzo, Damiano sono gli esempi più eclatanti. Ciò precisato, su di una particolare dichiarazione ritengo giusto soffermarmi. Infatti, qualche giorno fa, il consigliere comunale Mario Zoino, in politica da un solo anno, si è lasciato andare a delle schiette e sincere affermazioni che non sono passate inosservate ai più e sulle quali è giusto ritornare. In sostanza, il collega ha manifestato, a chiare lettere, la sua volontà di non ricandidarsi più per la nausea, politica si intende, accumulata, in gran copia, nel corso del primo anno di mandato.
Mario Zoino è un medico stimato e, nel corso di tutta la sua attività professionale, è riuscito a coniugare preparazione e pulizia morale. Impresa, quest’ultima, considerando i tempi in cui viviamo, non certo facile. Lo scorso anno, però, è stato portato nell’agone politico credendo, fors’anche ingenuamente, di poter trasferire nello stesso i medesimi valori sui quali, per una intera esistenza, ha improntato la sua vita di medico. Nel leggere lo sfogo di Mario, sono andato indietro nel tempo. Qualche anno fa, insieme ci ritrovammo a partecipare ad un congresso a Sorrento. Trascorremmo dei giorni meravigliosi in cui la libertà dai quotidiani impegni di lavoro e la spensieratezza accompagnarono il nostro soggiorno in penisola. Nel corso delle conviviali, che, di norma, sono la piacevole cornice di tali incontri, in quel tavolo a tre posti, che Mario occupò insieme a me e mia moglie, quest’ultimo, a più riprese, nel corso dei nostri colloqui, essendo io all’epoca assessore in carica, non mancò di far scivolare il discorso sul mio impegno politico. Mario, con la semplicità del suo stile, ad un tratto, così si espresse: "Chi te lo fa fare? Vedi, in alcun modo, non sarei capace di adeguarmi agli ordini dei padrini politici di turno". E’ trascorso qualche anno e, guarda caso, i ruoli si sono invertiti.
E’ questa la stranezza del destino. Sono io, oggi, a girare a lui la medesima domanda anche se ben so che il collega, come fu per me, da uomo libero, ha creduto di riuscire ad imporre una svolta. Questo, Mario, mi permetterai, è un sogno e, qualora non si faccia parte dell’ingranaggio, risulta praticamente impossibile rendersene conto. Con la stima di sempre, che è ricambiata, mi devo, comunque, compiacere con te. Sei stato, devo dartene atto, molto più perspicace di me. Infatti, in un solo anno, hai ben compreso ove, tuo malgrado, ti sei venuto a trovare. Io, invece, ne ho impiegati ben diciassette.
Ho resistito, pur se tra le intemperie, molto più di te, anche se mi fossi, già da tempo, reso conto di essere, ed a ragione, più necessario quale medico per la comunità. Rimanerci ancora, fors’anche cocciutamente, non sarebbe stata se non una sterile perdita di tempo. Era ormai una quotidiana violenza contro me stesso. Sì, diciassette anni sciupati nel rincorrere una speranza. Caduta, in ultimo, nel nulla”.