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Titerno

Angelo Zara: una grande firma del giornalismo italiano dimenticata

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Da Gabriele Palladino riceviamo e pubblichiamo.

***

Angelo Zara, scrittore, giornalista e uomo di sport, che per oltre un trentennio ha cavalcato l’onda della popolarità in tutta Italia, immeritatamente è stato relegato troppo in fretta nel dimenticatoio, anche dalla terra che gli ha dato i natali. Mai un ricordo, mai una dedica, mai una memoria storica da consegnare ai posteri. Oggi mi sento in dovere di raccontare la vita intensa di chi è stato e lo sarà per sempre un grande uomo.

Angelo Zara nasce a Pontelandolfo il 27.02.1925, nell’antica casa paterna in via Portanova, ubicata lungo l’irta stradina dove un tempo insisteva una delle cinque porte di ingresso al paese. Figlio di Tommaso, di mestiere falegname e Guerrera Vittoria, contadina.
Angelo muore prematuramente in una domenica di giugno 1988. E’ il giorno 12 quando il povero Zara viene stroncato da una crisi cardiaca all’età di 63 anni.
Nonostante fosse profondamente innamorato della sua terra, del suo paese e fiero delle sue radici sannite, nel 1943 si trasferisce nella città di Bologna dove decide di intraprendere il suo straordinario percorso giornalistico e sportivo.

Dopo una prima esperienza nel campo delle pubbliche relazioni, si afferma nel giornalismo, diventando uno dei più quotati collaboratori di “Viagginvito”, un mensile di turismo, cultura, politica ed informazione e, in seguito del “Quotidiano di Foggia” e della rivista culturale “Novalis”.
Come scrittore con il libro “Terebilio” ottiene importanti riconoscimenti aggiudicandosi il premio “Città de L’Aquila”.

Personaggio vulcanico, passionale, coinvolgente, pieno di idee si appassiona al baseball, riesce a portare in questo sport il marchio Coca Cola e nella sua squadra di metà anni sessanta, la Bazzanese Coca Cola gioca un ragazzo sedicenne, Alberto Rinaldi detto “Toro”, che è stato il primo giocatore italiano ad aver fatto una stagione intera nel baseball professionale americano.
Angelo Zara non è stato un pioniere del baseball, è stato un seminatore di baseball, è stato il costruttore di un edificio che aveva già solide basi e che lui ha contribuito, con innegabile spinta innovativa, a far diventare ancora più grande.

Entra nella scena del baseball alla fine degli ani Cinquanta. Realmente determinante nel periodo di maggior splendore della Fiamme d’Oro, crea dalle ceneri di queste, con l’apporto di forze nuove trovate nel quartiere “Fuori Lame”, i Giaguari, la prima squadra di baseball bolognese che si reca all’estero in divisa sociale ed ottiene la prima vittoria italiana in assoluto in terra straniera.
Fonda il “Club del Baseball” l’antesignano delle moderne Club Houses, rivolto ad una utenza ben modesta e limitata, che però aveva nelle vene il sacro fuoco del baseball.
Sul finire degli anni Sessanta mentre il nome Unipol campeggiava sulle casacche di una squadra bolognese, una seconda formazione del capoluogo emiliano militava nella massima serie. Era lo storico Longbridge, gestito da Angelo Zara, che metteva in risalto tutte le sue doti di “personaggio” vulcanico, straordinario motivatore e dirigente appassionato, passionale, dinamico e dalle grandi intuizioni. Le risorse di questo club erano limitatissime, ma, grazie alle capacità del suo “animatore”, riusciva a trovare una collocazione decorosa in serie A.

Angelo è stato anche il promotore di nuove e veramente importanti sponsorizzazioni. Oltre alla Coca Cola nel 1960, porta nel baseball Unipol nel 1970, Cercosti nel 1972 e Derbigum nel 1975, che per induzione portano sponsorizzazioni importanti in tutto il settore bolognese.

Nel marzo del 1970 fece arrivare a Bologna, per un provino, un giovanissimo lanciatore di Verona. Un mancino. Corradini. Giocò quattro campionati per la squadra di Zara. Poi era talmente forte come pitcher che Federico “Chico” Corradini, nel 1974, passò inevitabilmente sulla sponda avversaria, quella della Fortitudo, società più ricca, per sei intense e importati stagioni.
Zara inventa nei primi anni Sessanta gli Oscar del Baseball, che vengono assegnati da una giuria di giornalisti specializzati.

Angelo, però, pur avendo trascorso gli anni più belli della sua vita a Bologna, affondava nel profondo della terra natale le sue radici. A Pontelandolfo, nella sua casetta di pietra nel caseggiato di Vreccola alla c.da Cerquelle, insieme alla sua signora, si godeva il meritato risposo dopo anni di oberanti impegni. Decantava le bellezze di Pontelandolfo e delle sue caratteristiche peculiarità, nella costante ricerca della storia antica.
Un personaggio, più di tutti, catturava la curiosità e l’intersse di Zara. Il mitico cantastorie Liberantonio Pitocchio, vissuto a Pontelandolfo nella prima metà del novecento, arguto e pungente fustigatore dei costumi, temutissimo dalle autorità del paese per la sua ironia frizzante.

Angelo muore prematuramente in una domenica di giugno del 1988. E’ il giorno 12 quando il povero Zara viene stroncato da una crisi cardiaca all’età di 63 anni.
Lascia la cara moglie Recilia Tonielli, per i parenti e gli amici affettuosamente Cilla, e scava un grande vuoto nel panorama del giornalismo e dello sport italiano.

L’amico, collega di stampa Sandro Tacinelli di Guardia Sanframondi così scrive sulle pagine del Sannio Quotidiano:

“Ho conosciuto Angelo Zara in una delle sue frequenti visite a Guardia. A presentarmelo fu Filippo Blandino che per Zara era qualcosa di più di un semplice amico. Notai subito in lui una enorme carica di vitalità in aggiunta ad una cospicua dose di entusiasmo, insolita per uno della sua età. Solo in seguito, ad amicizia consolidata mi sono reso conto che quella vitalità e quell’entusiasmo erano frutto di qualcosa di morboso: l’amore che Angelo nutriva per la sua terra, per le sue radici. Zara non ha mai dimenticato le sue origini e, appena gli impegni lo permettevano, tornava fra la sua gente, ma non con l’aria superba che spesso accompagna chi si è realizzato altrove, ma con l’altruismo tipiche delle persone dal ricco mondo interiore.

Amava molto dialogare con i giovani, ai quali spesso indicava progetti da realizzare, per migliorare la spesso deprimente vita di paese. Era nel sue intenzioni più sentite, la costituzione di un centro culturale che coinvolgesse i giovani di un vasto territorio. A me e agli amici di Guardia diceva sempre che “per emergere bisogna salire in spalla ai giganti e non ai nani”. Noi sicuramente un “gigante” lo avevamo trovato. Eravamo saliti anche sulle sue spalle, ma mentre ci apprestavamo a “vedere”, un destino crudele ha annientato le nostre speranze.

Peccato.

Un’incompiuta, e non la sola. La sua ultima fatica letteraria, che lo aveva impegnato intensamente da qualche anno, non avrà mai la parola “fine”.

Angelo per l’ultima volta: grazie.
Non ti dimenticheremo mai”.

Il compianto professore Angelo Lepore, in quel tempo capo redattore de “La Cittadella” di Morcone, dopo la triste scomparsa di Zara, così ricorda il suo forte legame con Angelo:

“E’ deceduto improvvisamente Angelo Zara uno dei nostri occasionali collaboratori che si collocava tra le penne più versatili che annovera “La Cittadella”.

Nativo di Pontelandolfo, ma residente a Bologna, ove svolgeva la sua attività di scrittore e giornalista, Angelo Zara aveva un affetto viscerale per Morcone. Lo conobbi, presentatomi dall’avv. Antonio Rubbo, un giorno di alcuni anni orsono a Morcone, ove, spinto da quella molla affettiva, si era portato per compiere la rituale visita.

… Egli operatore della informazione e della narrativa, metteva al servizio del sociale la vasta cultura umanistica con cui, come si evince dai suoi servizi, gratificava i suoi lettori sparsi in tutto il mondo. Ma oltre a essere un uomo di cultura Angelo Zara era dotato di una grande carica umana che elargiva con intimo piacere a tutti senza discriminazione di rapporti.

Con questa ultima menzione che dà la misura dell’immagine di un fratello e di un amico di tutti, il caro Angelo, se n’è andato lasciando la certezza che il suo ricordo, imperituro per la sua diletta Cilla, resterà incancellabile in tutti coloro che ebbero il piacere di avere in dono la sua leale amicizia.

Angelo, anche se siamo in pochi (meglio pochi ma buoni), ti ringraziamo e ti ricordiamo per sempre.

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