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CULTURA

Tra moda e capelli, a Benevento lo stile è sempre Guido Russo: “Le mie creazioni? Lavori a mano libera su tele in bianco”

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Come fossero pittori anche i parrucchieri vivono di quotazioni. E a Benevento – non ce ne voglia nessuno – la valutazione più alta è per Guido Russo. Che le sue stellette se le è conquistate taglio dopo taglio, facendo del suo studio in via Alfonso de Blasio una sorta di Mecca per le donne alla ricerca di stile, moda ed eleganza. E non da oggi. Ma da quarantacinque anni. “Ho aperto nel giugno del 1978”.

Come hai iniziato?

“Dando una mano a mio fratello, che già faceva il parrucchiere. Doveva essere solo un divertimento per me, giovanissimo studente dell’Artistico”.

E invece?

“E’ finita che mi sono innamorato di questo lavoro. E ho lasciato il liceo al terzo anno. A soli sedici anni”.

E poi?

Con mio fratello ho lavorato per sei anni. Poi ho aperto il mio studio. E sono ancora qui”.

Quarantacinque anni sono trascorsi: oggi come ti senti?

“Mi sento come allora: all’apice. Sono ancora il più cercato, nominato. Sono diventato il parrucchiere storico della Città. D’altronde quarantacinque anni sono tanti. La mia fortuna è stata iniziare in un periodo di grande cambiamento per questo mestiere. Che negli anni ha continuato ad evolversi. E io sono cambiato e mi sono evoluto con lo stesso passo. Aggiornandomi continuamente e ampliando il campo delle mie esperienze, arrivando a essere stilista per un’azienda americana e anche per la Wella”.

Il parrucchiere è come un artigiano, ognuno ha il suo stile: il tuo?

“Io sono un autodidatta. Le mie creazioni, i miei tagli sono lavori su una tela in bianco e a mano libera. Non creo schemi geometrici per poter tagliare, questo perché negli anni ho imparato a conoscere sia la tipologia del cranio che la materia prima, ovvero il capello. Perché il nostro è un lavoro che non muore mai. Ma senza professionalità e onestà duri poco. Ecco perché resto l’unico ‘quotato’. E lo dico con dispiacere, perché colleghi bravi ne ho visti”.

A Benevento sei conosciuto come il parrucchiere dei ‘Vip’: è una definizione in cui ti riconosci?

“Considero ‘Vip’ tutta la mia clientela. Mai operata una differenza tra una persona e l’altra. Non esiste. Poi è vero: mi sono fatto questa nomea. Mogli di politici e di professionisti vengono tutte qui”.

I nomi sono sempre quelli, a cominciare dai Mastella

“Clienti e amici. Ma io lavoro su Sandra, amica in primis oltre ad essere una cliente. Il nostro rapporto è fondato su una stima reciproca che ci accomuna da molti anni”.

Anche la De Girolamo è tua cliente da sempre

“Nunzia davvero lo è da tantissimo. Era piccolissima, anzi possiamo dire che è mia cliente da quando ancora era nel grembo materno. E infatti ha l’età del mio negozio. Lei ancora oggi non si fa toccare da nessun altro. Quando è fuori fa solo la piega: colore e tagli sono sempre miei”.

Hair stylist vuol dire moda. E le mode nel corso del tempo cambiano a velocità folli: come ti sei adeguato?

“Il cinquanta per cento della mia clientela è composto da clienti fissi. Che sono con me da decenni. Loro si sono adeguate ai cambiamenti del tempo proprio come io mi sono adeguato ai loro cambiamenti: di aspetto, di viso, di esigenze”.

E sei rimasto il più cercato: come ci sei riuscito?

“Lo dicevo prima, unendo la mia professionalità all’onestà”.

Come si declina l’onestà nel tuo mestiere?

“Restando onesti con i propri clienti. Sempre. Vuol dire che se una cosa si può fare si fa. Altrimenti no. Su questo sono sempre stato categorico: se mi chiedi qualcosa che per me non si può fare non la faccio. O vai da un altro o io non mi azzardo. Non mi posso permettere di sbagliare. Il risultato è che oggi vengono da me tutte: dalle ottantenni alle sedicenni”.

Qualche ‘no’ che hai detto?

“Ricordo una cliente che dal nero voleva passare al platino, inseguendo la moda del momento. Non esiste, le dissi. Per una questione di costi – che per lei si sarebbero rivelati altissimi – e per la qualità del servizio. Il capello non avrebbe tenuto”.

E con le foto delle star a cui si vuole somigliare come ti comporti?

“Io li chiamo ‘i santini’. Lascio fare perché sono utili: attraverso l’immagine è più facile esprimersi. I santini esprimono un desiderio della cliente: “Io vorrei arrivare lì”.

Un consiglio ai giovani che si avvicinano alla professione?

“Devono acquisire la conoscenza vera del capello, del cranio e dei suoi movimenti. Cose che si imparano sul campo, non nelle accademie”.

Esiste ancora il ragazzo che viene da te per imparare il mestiere?

“No, questa è una cosa che non esiste più. E la causa è nelle scuole professionali. Per capirci: prima i genitori pagavano noi per insegnare ai ragazzi il mestiere. Ora li mandano nelle accademie. Ma lì ti fanno lavorare sulle poupette, su testine prive di vertigini, senza alcun difetto. La realtà è diversa, è un’altra cosa. Il problema è che una volta uscito dall’istituto il ragazzo rifiuta la gavetta, si sente già operaio. Apre il locale. E invece terminata la scuola servirebbe l’apprendistato. E ne ho visti di studi nascere: a un certo punto eravamo in cinque in soli cento metri. Sono rimasto soltanto io”.

Un’esperienza fuori Benevento non ti ha mai attratto?

“Certo. E l’ho fatta. A Milano, su corso Vercelli. Facevo tre giorni a Benevento e tre lì. Ed è stata una enorme soddisfazione perché a Milano non mi conosceva nessuno, non ero un nome. Eppure sono riuscito a fidelizzare sei/settecento clienti”.

Torniamo a Benevento: il periodo più bello?

 “Gli anni Ottanta. Periodo in cui creavo anche spettacoli: al Teatro Massimo, davanti all’Arco di Traiano, in piazza Castello. Tante personalità della moda importanti partecipavano, penso ad Anna Falchi. All’epoca c’era l’Ente Provinciale per il Turismo che ci sosteneva. E io coinvolgevo anche i negozi della Città. Moda capelli e moda abbigliamento”.

Quanto ai periodi brutti mi viene in mente la fase del Covid: vi era proprio impedito di lavorare, come hai attraversato quella fase?

“Ho lavorato via telefono, dando consigli: cosa comprare, come applicare un prodotto. E poi mi sono goduto un po’ la casa. Non lo facevo da anni. Mettiamola così: sono stati mesi di relax”.

Che dopo tanta fatica ci sta. A proposito: cinquant’anni di professione sono tanti, ci pensi al ritiro?

“E no. A quello non ci penso proprio”.

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