CULTURA
I ‘Riti Settennali’ tra sacralità ed emozioni. L’antropologo Niola: “Evento unico, merito della comunità di Guardia. Criminalità infiltrata? Che cretinata”
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“La Madonna ‘appartiene’ ai guardiesi da tempo immemorabile. Fin da quando – come racconta la leggenda del ritrovamento della statua – Ella accettò di essere portata a Guardia commossa dall’atto di penitenza di alcuni devoti che cominciarono a battersi il petto con un sughero puntellato di spilli acuminati. Attraverso questa leggenda gli appartenenti alla comunità non rivendicano semplicemente un diritto di proprietà, ma mettono in atto una strategia retorica di rappresentazione identitaria che li porta a riconoscersi come collettività nel nome dell’Assunta. Quella di Guardia è, e si autorappresenta, come comunità religiosa prima ancora che civile”. Così Marino Niola – antropologo, divulgatore scientifico, giornalista – introduceva ‘I riti guardiesi’, pubblicazione di monsignor Fausto Carlesimo, edita nel 2012 da Realtà Sannita. Ed è proprio il professor Niola a guidarci nel nostro consueto racconto domenicale. Una storia che ha come protagonista non una donna, non un uomo ma un gesto, quello del penitente. Gesto che ha reso unica al Mondo la Festa dell’Assunta. Festa che vive di silenzi, misteri, devozione, sangue. “La mia prima volta è stata nel 1982, fuggevolmente perché era tutto nuovo per me. Poi ho cominciato a venirci con regolarità dall’edizione del 1989, studiando, parlando con le persone. Per conoscere, comprendere. Capire lentamente l’importanza dei Riti. Perchè la prima volta ti può sembrare folclore, qualcosa di arcaico. E invece no: non ha nulla di arcaico, è un fenomeno di fede del tutto contemporaneo. E’ attraverso i Riti, qui, che passa la coesione sociale”.
Cosa ricorda dei primi confronti con la gente di Guardia?
“Ricordo un mondo che si svelava. Dall’esterno, una persona che non sa come funzionano i Riti e vede soltanto la processione dell’ultimo giorno, si ferma all’aspetto del sangue, della penitenza. Ma non è tutto lì. Il Rito è nella comunità che si mette in scena attraverso la fede. La fede è l’evidenziatore della struttura sociale di Guardia ma anche della struttura dei sentimenti, delle emozioni”.
E’ tutto realmente comprensibile per uno ‘straniero’?
“Lo è per quanto possibile. Ma c’è un nucleo religioso che appartiene all’intimità dei guardiesi e che resta incomprensibile all’esterno dove invece si vede il bene culturale”.
“Gli uomini della penitenza si mettono letteralmente il paese in corpo”: sono le sue parole al Vaticano, in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’evento
“E’ così. E lo è anche quando i guardiesi recitano i misteri, usano la disciplina. E’ il modo di rinnovare ogni sette anni il patto comunitario, un patto che li lega in nome dell’Assunta. E lo fanno anche i guardiesi che non possono partecipare, che sono fuori, che sono all’estero: molti si battono lì, negli Stati Uniti, in Australia. Magari seguendo la diretta via Facebook. Questo vuol dire mettersi il paese in corpo: i segni sul corpo dei battenti o dei flagellanti sono emblemi di appartenenza”.
A proposito di Facebook: riusciranno i Riti a sopravvivere alla spettacolarizzazione dell’evento?
“Sì, riusciranno a sopravvivere. E questo per merito dei guardiesi che sin qui sono stati molto bravi a conservare l’aspetto intimo, privato e religioso dell’evento, difendendolo dall’eccesso di curiosità, dall’invadenza degli sguardi esterni. E così sarà anche in futuro: non vedo pericoli proprio perché i guardiesi sono sempre attenti alla difesa della loro intimità culturale”.
E intanto sono riusciti a sopravvivere ai tanti cambiamenti della Chiesa, col tempo diventata sempre più diffidente verso le manifestazioni di religiosità popolare
“Chiesa e Riti si sono adeguati insieme. La Chiesa, in particolare, ha preso atto che un fenomeno così radicato non può non avere una ragione profonda. E così anche la Chiesa che si sta trasformando, questa ragione la rispetta. Perchè come dice Papa Bergoglio: “La religione popolare è il tessuto vivo della religione”.
Resta alta anche l’attenzione della scienza sui Riti
“Assolutamente, proprio di recente una mia allieva ha fatto un dottorato internazionale sui Riti all’Università di Potsdam. E infatti nei prossimi giorni saranno a Guardia diversi docenti tedeschi, incuriositi dal dottorato. E vuole sapere cosa si evince dalla tesi?”
Prego
“Una cosa fondamentale, si evince che tutti i guardiesi, di qualunque età e di qualunque genere, concordano su un dato: i Riti continueranno”.
Prima parlavamo di sguardi: negli anni in diversi ambienti si è guardato con diffidenza ai Riti, ricordo anche una polemica con protagonista Saviano rispetto al pericolo che dietro la segretezza del cappuccio potessero celarsi anche esponenti della malavita
“Sì, ricordo l’episodio di Saviano e potendo utilizzare una parola poco diplomatica parlerei di cretinata. Fu un giudizio, il suo, espresso senza la conoscenza dei fatti. La segretezza vale per noi, per gli altri, non per la comunità dei battenti. Se c’è un rito con cui la camorra non c’entra niente è proprio quello di Guardia. Probabilmente Saviano si faceva influenzare da altre manifestazioni religiose, tipiche dell’entroterra napoletano”.
Si parla tanto di “deoccidentalizzazione”: eppure i Riti Settennali conservano intatti i propri valori
“Sono un ancoraggio profondo. L’occidente non deve perdere le sue radici altrimenti non sa più chi è, cosa è stato. I Riti aiutano a ricordarci chi siamo. Le comunità che vincono sono quelle capaci di far coesistere il passato con il futuro”.
Ricordava nell’incipit la sua presenza ai Riti dall’82: immagino sarà presente anche quest’anno
“Ci sarò, certamente. E ci sarò insieme alla professoressa Moro, con cui lavoro, con i nostri allievi e collaboratori. Tutta la squadra”.
Lei è anche un esperto in enogastronomia: l’occasione anche per riscoprire le eccellenze del territorio sannita
“A Guardia ho sempre mangiato benissimo. Anche perché ho amici carissimi in paese e sì: sarà anche l’occasione per rinnovare certi piaceri”.