CULTURA
Nel cuore di Benevento l’arte antica di ‘costruire la musica’ grazie al maestro liutaio Enrico Minicozzi

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Un mestiere antico e raro, un esempio unico di arte, passione e competenze specifiche. E che emana fascino e bellezza. Si tratta del liutaio, un artigiano altamente specializzato che realizza, ripara e restaura tutti gli strumenti musicali ad arco e a pizzico, unendo antiche tecniche di secoli addietro con moderne tecnologie. Il più famoso di tutti? Il leggendario Antonio Stradivari, genio cremonese che infondeva nel legno vita, anima e suoni straordinari. Anche nel cuore di Benevento, alle spalle della Prefettura e a pochi passi dal Conservatorio ‘Nicola Sala’, c’è una bottega dove si respira una dimensione artistica ricca di oggetti e profumi mai vissuti, ma soprattutto dove si rispettano regole artigianali rimaste quasi immutate in cinquecento anni. Lì opera il maestro Enrico Minicozzi, formatosi alla Scuola di Antiche Arti e Mestieri con due nomi importantissimi del settore: Carlos Michelutti e Gaetano Pucino. Minicozzi lavora con tecniche antiche, che si riflettono nei dettagli architettonici della bottega e nei materiali utilizzati. Ogni strumento creato non è solo un pezzo musicale, ma una parte della storia culturale che si intreccia con la storia cittadina. Entrare nel suo laboratorio è un’esperienza sensoriale e culturale: sì perché Enrico è anche presidente dell’associazione “L’Art du Luthier”, che con “I Concerti della Bottega” ha realizzato tante iniziative culturali di spessore, interrotte con il covid, ma che potrebbero ritornare già quest’estate per una rassegna decennale da ricordare.
Partiamo però dal principio. Perché decidi di diventare liutaio?
Ho fatto diversi lavori nella mia vita. Ad un certo punto ho creduto di avere una particolare vocazione e ho seguito questo istinto: tutto quello che mi è accaduto è poi coinciso in un’unica direzione. Ho scelto di fare una cosa che amavo, un mestiere che si rifà alla tradizione e a tecniche di 400 anni fa. Ovviamente utilizzo anche qualche strumento meno antico, per guadagnare un po’ di tempo nella lavorazione.
Ti occupi di costruzione, ma anche di riparazione e restauro di strumenti musicali. Quanto lavoro e quanti mestieri ci sono dietro?
I liutai devono sapere un po’ di tutto: dall’idraulica all’elettronica, dalla falegnameria alle vernici. In realtà, sono ‘figlio d’arte’: mio padre era accordatore e riparatore di pianoforti e voleva che seguissi le sue orme. Come spesso succede, però, si è sempre un po’ discordanti con la generazione dei genitori, non si accettano i consigli e forse si è anche troppo giovani per capire cosa realmente si vuole fare nella vita. Così ho intrapreso la mia strada: ho frequentato una scuola di formazione che è durata circa due anni e mezzo, ho lavorato un po’ per i miei due maestri, infine con grande gioia ho aperto la mia bottega nel centro storico di Benevento. Oggi i miei clienti sono un po’ tutti: musicisti professionisti, studenti del Conservatorio ‘Nicola Sala’, ma anche appassionati di musica che si divertono a suonare.
Quali strumenti preferisci?
La mia passione sono gli strumenti ad arco, ma non rinnego la riparazione e il set up di strumenti elettrici.
Che legno utilizzi per le costruzioni?
Per costruire strumenti ad arco utilizzo legni di conifera o latifoglie, sostanzialmente acero della Bosnia e abete della Val di Fiemme, eccellenza italiana. Per le chitarre ci sono diversi tipi di legni: dal mogano al palissandro, ma anche acero e cipresso. Dipende dal suono che si vuol ottenere.
Hai mai ricevuto richieste ‘eccentriche’ per quanto riguarda la costruzione degli strumenti?
Ci sono state un po’ di richieste strane, che vanno al di fuori della tradizione della liuteria. Con le chitarre, in realtà, ci sarebbe molto da sperimentare: alcuni chiedono forme particolari o il posizionamento di buche non centrali, ma sulla fascia. In realtà la chitarra si presta di più alla sperimentazione, il violino invece è stato standardizzato nel corso dei secoli: i fori armonici sono quelli e hanno misure prestabilite. Non c’è molto da cambiare nella struttura dello strumento.
C’è un lavoro per il quale sei particolarmente fiero?
Diversi i lavori importanti. Con una mia viola il musicista beneventano Raffaele Tiseo ha inciso gli archi del penultimo album di Vinicio Capossela. Nel 2019, invece, sempre una mia viola ha suonato nell’ambito di una prestigiosa rassegna a Spoleto.
Si parla tanto di rivitalizzare i centri storici ritornando alle botteghe degli antichi mestieri, che stanno scomparendo. Tu che ne pensi?
Sono uno che è andato controcorrente con il lavoro: anche in questo settore penso all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per quanto riguarda il suono e la musica. Io, invece, sono uno che ha un rapporto differente con la tecnologia, in quanto utilizzo strumenti antichi e resto fedele a questo concetto. Fortunatamente il musicista professionista ha bisogno di suonare uno strumento fatto a mano, necessita della figura del liutaio che non può essere sostituita. E’ anche vero che molte aziende costruiscono strumenti grazie alle macchine, che però non hanno la stessa resa del prodotto artigianale. Il centro storico di Benevento? Potrei lavorare anche a casa, sinceramente, ma la scelta di una bottega nel cuore della città mi dà la sensazione di operare con i miei strumenti senza sentirmi solo.
Oggi sei presidente dell’associazione culturale musicale “L’Art du Luthier”: di cosa si occupa?
Dal 2011 organizziamo concerti e proviamo a divulgare la cultura musicale. Non solo: abbiamo presentato seminari e vari progetti. Con il covid siamo stati costretti a fermarci. Ora abbiamo rinnovato il direttivo e, a luglio, potrebbero esserci delle belle novità.
Sei anche l’ideatore e l’organizzatore de “I Concerti della Bottega”. Come nacque l’idea?
Molto particolare il contesto in cui nacque l’idea. Un trio di amici musicisti – violino, violoncello e pianoforte – dovevano fare delle prove per prepararsi ad un concorso a Bari. Fuggirono dalle aule del Conservatorio per venire da me in bottega, dove potevano stare più tranquilli ed esercitarsi fino a tardi. Da quelle prove nacque anche l’esigenza di farne una esibizione davanti ad un piccolo pubblico. Fu quella la prima edizione de ‘I Concerti della Bottega’, in una situazione nella quale non eravamo molto pronti. Però l’esperienza ci è piaciuta a tal punto che abbiamo perseverato, siamo cresciuti anno dopo anno, arrivando fino alla nona edizione. Ad un certo punto, addirittura, non riuscivamo più a contenere il pubblico nella mia bottega e scegliemmo come location il chiostro ‘San Francesco’ di piazza Dogana. In quelle edizioni anche il noto Pastificio Rummo ebbe la sensibilità di aderire al nostro progetto e ci sostenne. Ora, finalmente, ci prepareremo al decennale dell’evento.