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Caporalato, all’Unisannio lezione di Yvan Sagnet: “Serve nuovo modello di sviluppo”

L'ateneo sannita ha ospitato l'attivista camerunense che ha dato vita alla “rivolta" di Nardò e tra gli ispiratori delle legge contro lo sfruttamento dei braccianti agricoli

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In Italia sono circa 1 milione e 200mila i lavoratori agricoli. Di questi, secondo una ricerca della Flai Cgil nazionale, circa 400mila sono vittime del caporalato. Numeri che sfiorano il 90% dei lavoratori stranieri se si aggiunge anche il lavoro grigio (assenza di contributi) e il sottosalario. Un quadro complesso, e a tratti drammatico, quello raccontato ai ragazzi dell’Unisannio da Yvan Sagnet, fondatore della rete internazionale “No Cap” e ispiratore della nuova legge contro il caporalato nelle filiere agroalimentari.

L’attivista è stato ospite dell’ateneo sannita nel corso di un seminario sulle “Filiere etiche e immigrazione: modelli di welfare e di inclusione sociale”. Con lui il direttore del Demm, Giuseppe Marotta, Salvatore Esposito, presidente di Mediterraneo Sociale Scarl e Giuseppe Orefice, presidente di Slow Food Campania.

Sagnet, tra gli organizzatori della rivolta di Nardò, ha parlato ai ragazzi delle condizioni disumane, al limite della schiavitù, nelle quali sono costretti a lavorare i braccianti agricoli in Italia. “Un mondo sul quale – ha detto l’attivista – spesso anche le istituzioni chiudono gli occhi, favorendo un sistema che stritola i braccianti, ma anche i piccoli imprenditori schiacciati tra il mercato globale e la grande distribuzione”. E proprio il lato economico e produttivo della vicenda è la strada da percorrere per superare il caporalato secondo Sagnet.

Giunto a Torino dal Camerun grazie ad una borsa di studio per la facoltà di Ingegneria, Sagnet ha scoperto lo sfruttamento dei braccianti dopo aver terminato i fondi per i suoi studi. Per continuare il percorso universitario, infatti, ha iniziato a lavorare vivendo così le condizioni indegne di vita di moltissimi lavoratori agricoli.

“Ho scelto l’Italia dopo i mondiali del ’90 e sognavo “Notti magiche” – ha detto agli studenti -. Quando ho scoperto cosa accadeva in Puglia, insieme ad altri abbiamo deciso di ribellarci ad un sistema ingiusto che schiavizzava i lavoratori”. Due mesi di braccia incrociate che hanno portato ad una legge nel 2016 ed una maggiore attenzione verso un fenomeno che viene tollerato da anni.

“La legge è una vittoria del nostro movimento – ha concluso -, ma non si può pensare di superare il problema solo con la repressione. C’è bisogno di un nuovo modello di sviluppo, basato sui territori, ed una nuova visione del welfare e dell’accoglienza uniti a controlli costanti da parte delle istituzioni”.

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