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Sindacati

Sanità, Tommaselli (F.S.I.) insiste: “Un osservatorio sulla crisi per rinegoziare il piano di rietro in Campania”

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“L’estate 2013 sarà ricordata come una delle più calde per gli operatori della sanità campana. Il congelamento dei conti corrente delle ASL, tuttora attuato dagli istituti di credito, sta determinando il rischio paralisi non solo per le giuste proteste degli operatori che si vedranno senza stipendio ma anche per i servizi ai cittadini, già troppo al di sotto degli standards fissati dal Ministero per la Salute che sono stati recentemente pubblicati”. Lo scrive in una nota Giovanni Tommaselli, segretario territoriale della Federazione Sindacati Indipendenti. 

“Insomma, oltre al danno, – aggiunge Tommaselli – anche la beffa. Purtroppo, l’appello del Presidente Caldoro ai sindaci campani di unirsi a lui nella battaglia contro la decisione delle banche di congelare i conti delle ASL non sembra trovare positivo riscontro. Questo è comprensibile se si tiene conto che il Governatore li ha più volte “bacchettato”, forse immeritatamente, per la difficile situazione in cui si è venuta a trovare la sanità in Campania, a causa dei fenomeni di degenerazione autoreferenziale e corruttiva della politica e delle inefficienze di scala nella gestione dei servizi.

Intanto, però, e questo è un fatto certo, osservando i dati statistici, verifichiamo che la spesa sanitaria italiana in rapporto al PIL è inferiore alla media europea. La nostra sola spesa sanitaria pubblica è inferiore a al dato medio europeo. Ciò nonostante, per il triennio 2012 – 2014 sono previsti ulteriori tagli per un totale di 27 miliardi di euro che potrebbero rendere ancora più difficile l’accesso alle cure sanitarie e la loro appropriatezza.

Quando si è scelto (forse sbagliando) – prosegue nella nota – di “regionalizzare il sistema sanitario” (in attuazione del percorso di di federalismo fiscale), nulla è stato fatto per cancellare le disomogeneità territoriali che, anzi, si sono maggiormente accentuate in questa era del “fiscal compact”. In Campania, stiamo vivendo un periodo buio e le scelte politiche fatte con i “piani di rientro” non si sono sempre dimostrate lungimiranti. La spesa sanitaria italiana non è elevata ma è, piuttosto, vincolata dai limiti produttivi e finanziari del nostro sistema economico.

Nella distribuzione del fondo sanitario nazionale alle Regioni, dopo il passaggio deciso nel 2009 dal criterio della spesa storica a quello del “fabbisogno standard”, la valutazione ministeriale ha evidenziato il permanere di una sensibile disomogeneità territoriale, considerando anche che la “mobilità ospedaliera” è praticata essenzialmente dalle Regioni del Sud.

Questa mobilità – continua il sindacalista – penalizza i cittadini del Sud perché comporta un aggravio dei costi aggiuntivi di trasferimento in un contesto di redditi già mediamente inferiori. Il nuovo criterio di distribuzione del fondo sanitario nazionale ha mostrato, sì, una certa efficacia nel contenimento della spesa complessiva ma, dati alla mano, non ha fatto registrare nessun risultato di riequilibrio delle disomogeneità regionali e nel miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni fornite.

Resta ancora valido il nostro invito al Presidente Caldoro, ai managers sanitari campani e a tutte le associazioni di categoria di istituire un osservatorio permanente sulla crisi sanitaria campana, in modo da “costringere” il Ministero della Salute a voler rinegoziare il piano di rientro per la Campania, per meglio valorizzare le condizioni dello sviluppo economico, sociale e civile, senza le quali ogni tentativo di risolvere la crisi risulterà vano.

Se ciò non avverrà, assieme a tutti i lavoratori della sanità, – conclude Tommaselli – valuteremo la possibilità di mettere in atto manifestazioni di protesta pacifica e forme di resistenza civile volte a orientare la Politica ad assumersi qualche responsabilità e smettendo di “scaricare” le colpe della “malasanità” sempre e solo sugli operatori che, giornalmente, si mettono a disposizione dei pazienti cercando di fare il massimo possibile, malgrado le enormi ed oggettive difficoltà con cui sono obbligati ad operare.

L’austerità non è la soluzione. Noi ne siamo convinti e i dati statistici ne sono la dimostrazione”.

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