CULTURA
Obiettivo T: il 12 aprile in scena Fabula Rasa progetto 3
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Il 12 aprile alle 20,30 presso il Mulino Pacifico per la Stagione Obiettivo T, organizzata dalla Solot Compagnia Stabile di Benevento, andrà in scena Fabula Rasa progetto 3, dalle fiabe del sub comandante Marcos, con Antonio Tufano, regia di Pino Carbone.
Un lavoro prodotto con Teatro Popolare Angela Davis, o.n.g. Teatri, Vesuvioteatro, Ex Asilo Filangieri/La Balena, Spazio di Massa, Laboratorio Occupato SKA.
Il lavoro nasce in diversi contesti teatrali e artistici, oltre che in diversi laboratori politici della città di Napoli. È venuto fuori un percorso che non può non rinnovarsi ad ogni tappa; infatti siamo al terzo lavoro sulla stessa materia, che parte dalle fiabe scritte dal sub comandante Marcos e di queste ne coglie soprattutto i principi e gli strumenti per analizzare il contemporaneo che ci circonda. “Fabula rasa. Progetto 3”, è infatti il terzo lavoro, che vede per la prima volta in scena uno solo dei cinque attori che hanno lavorato all’intero del percorso.
Una coscienza che ruggisce, che caccia gli artigli, che si dimena rabbiosa e dissidente nel ginepraio delle frasi fatte e del futuro promesso da urla tanto ostentatamente forti da perdere consistenza.
Un richiamo alla brutalità assopita dell’uomo, che viene risvegliata dagli istinti più umani rimasti insoddisfatti dalle disattese aspettative, dalle finte e strumentali promesse.
Il lavoro è pregno di concretezza e al contempo sacralità, un’unione che non tradisce incoerenze grazie alla vicendevole esigenza dell’una di sopravvivere attraverso l’altra.
Un futuro piccolo e senza vita, maltrattato, coperto da un passamontagna che non serve a nascondere il volto, ma a renderlo uno qualsiasi,. il volto di chiunque abbia l’esigenza di ribellione.
Sopravvivere è la parola chiave, è l’istinto che avviene a prescindere dal risorgere delle coscienze.
Appare chiaro che insorgere non è sempre solo conseguenza del risorgere.
Tanti ingredienti che, amalgamati, creano un pasticcio di percezioni del reale, dessert ideale per festeggiare le ipocrisie di una società malata, destinata a rimanere rinchiusa tra le proprie alte mura, costruite, più che dai soprusi e dalle convenienze, dalla paura di guardare oltre, dalla paura di guardare altro, dalla paura di guardare.