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Caso Del Donno, Rete Sociale: “La Asl chiede ai magistrati di scoprire verità che già conosce?”

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Il consiglio direttivo de “La Rete Sociale” chiude, in una nota, che il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura assolva al suo compito:, rispondere alle emergenze psichiatriche dei 300.000 residenti di Benevento e provincia. Negli scorsi giorni la Rete Sociale aveva scritto due lettere aperte, in cui chiedevano “Come mai un tubercolotico è finito tra i malati mentali?”. E, in mancanza di risposta, con la seconda sollecitavano la Asl a “Fornire risposte serie, non insulti”.

Ad oggi comunicano i membri del direttivo non è giunta nessuna risposta dalla Asl, ma nello stesso tempo “non ha neanche smentito i comunicati diffusi da suoi dipendenti contenenti notizie inesatte e fuorvianti. Forse perché li condivide? Sta di fatto che fino a quando il direttore generale della Asl non esprimerà con chiarezza la propria posizione, saremo costretti ad evidenziare gli equivoci, le inutili polemiche e i rimpalli di responsabilità da lui favoriti attraverso propri portavoce.

Polemiche utili solo a “confondere le acque”, ma dannose alla cura dei malati, come quella innescata dal “portavoce della Asl”, dipendente del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, dichiarando alla stampa: “Ho appreso che la commissione disciplinare dell’A.O. “Rummo” ha proposto la sospensione per un mese dall’attività professionale del primario della divisione di pneumologia, Mario Del Donno…Quello della commissione disciplinare è, comunque, un segnale forte ed induce a riflettere. Non poco. Il che dimostra che non sia stato peregrino il mio dissentire…”

Ebbene, chiunque abbia seguito sulla stampa la vicenda della bambina affetta da tubercolosi – che, secondo la denuncia di questo dipendente del Servizio di Diagnosi e Cura non sarebbe stata adeguatamente seguita dal primario di pneumologia del Rummo – leggendo una notizia così riportata non può che vedere confermato il comportamento scorretto del primario Del Donno. In realtà, sembra che la Commissione di disciplina abbia detto esattamente il contrario. Giudicando il comportamento di Del Donno nei confronti della piccola, ha scritto, infatti che: “non ritiene che il dipendente abbia posto in essere comportamenti omissivi nel normale rapporto medico-paziente atteso che, come risulta dagli atti, ha indicato su richiesta telefonica il percorso diagnostico da porre in essere in caso di ricovero”.

Il che dimostra che la Asl dovrebbe verificare i pubblici interventi del proprio personale il quale, a sua volta, dovrebbe opportunamente interloquire con la Dirigenza prima di ufficializzare proprie tesi a nome dell’Azienda pubblica. Diversamente, il direttore generale della Asl rischia addirittura di favorire polveroni mediatici che finiscono per nascondere episodi censurabili dei quali egli stesso potrebbe apparire corresponsabile. Come l’episodio, da noi denunciato, riguardante il “ricovero improprio” nel Servizio Psichiatrico dello zio tubercolotico della bambina contagiata: ricoverato, cioè, in quanto “affetto da alcolismo” benché il ricovero per questo genere di malattia in SPDC non sia consentito. Alla nostra richiesta di chiarezza, la dirigenza Asl non ha ancora fornito una risposta ufficiale, consentendo, però, la diffusione di notizie ufficiose e fuorvianti. Come la pretesa “che la magistratura stabilisca ogni cosa e valuti se il ricovero dello zio della piccola fu improprio o no…” pur sapendo che non c’è bisogno solo della magistratura per valutarlo. Infatti, in una circolare del 20 gennaio 2011 firmata proprio dal “responsabile del Servizio Psichiatrico”, viene definito “improprio” il ricovero di “pazienti con diagnosi di tossicodipendenza ed etilismo”, e si sollecitano i colleghi medici a non effettuarlo. Nella lettera si specifica, infatti: “…molto frequentemente la richiesta di intervento in urgenze territoriali è finalizzata… al ricovero in SPDC quale modalità risolutiva di problematiche non sempre di stretta competenza psichiatrica… In questo caso il DSM non deve espletare supplenze di carattere sanitario, sociale e persino di ordine pubblico che non gli competono… come riportano le indicazioni della Regione Campania relativamente alle emergenze psichiatriche (vedi BURC n. 50 del 27/10/2003) …”

E di queste prescrizioni è a conoscenza anche il “dr. M. Rossi” cui all’epoca questa lettera fu inviata in qualità di “direttore sanitario A.O. Rummo”. E’ evidente, dunque, che in questo caso la richiesta di intervento della magistratura rischia di apparire pretestuosa: perché finisce per sollevare polveroni e per rimandare nel tempo l’accertamento della verità. Accertamento che la Asl, invece, deve fare subito come è suo dovere istituzionale esercitando i propri poteri di indagine e controllo: perché il comportamento di un dipendente pubblico può anche non configurarsi come reato, ma essere ugualmente sbagliato o illecito e, come tale, passibile di procedimento disciplinare o amministrativo. La Asl deve accertare, dunque, non solo la legittimità del ricovero, ma anche e soprattutto, come è possibile che si ricoveri in SPDC una persona affetta da tubercolosi, mettendo così a repentaglio la salute di pazienti e personale del reparto. Accertamento ben distinto, dunque, da quello della magistratura cui spetta accertare eventuali responsabilità penali.

Perciò, non sapendo ancora che cosa sia accaduto in SPDC in seguito al ricovero di un tubercolotico, chiediamo al direttore generale della Asl di portare avanti l’accertamento amministrativo senza omettere di informare adeguatamente l’opinione pubblica interessata ai risvolti sanitari di una vicenda che, finora, ha avuto un epilogo tragico – un morto – e il contagio di due bambine.

E speriamo che questo procedimento non finisca, come altri, in fondo a un cassetto.”

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