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CRONACA

Ospedale Rummo, De Lorenzo racconta le vicissitudini di una bambina ricoverata d’urgenza

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da Giuseppe De Lorenzo, responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Asl di Benevento, in merito alle vicissitudini di una bambina ricoverata d’urgenza all’Ospedale “Rummo” di Benevento. Nella nota, De Lorenzo denuncia il comportamento assunto da un primario dello stesso nosocomio – “di cui per il momento sorvolo il nome”, aggiunge il medico – di fronte alle sofferenze del minore.
 

“E’ una storia triste, molto triste che merita, non solo di essere resa pubblica,ma con l’espresso invito onde i vertici dell’A.O. Rummo, accertata la veridicità del mio asserito, si adoperino al fine che episodi del genere non abbiano più a verificarsi, segnatamente, quando ad esserne vittima indifesa sia una bambina. Bene. Questa mattina, concluse le feste pasquali, come da abitudine, alle 6,50, sono alla scrivania nel mio studio in ospedale. Inizialmente, una giornata come tante, con in più, solo la noia dei giorni festivi che ci lascia alle spalle.

Attendo l’arrivo dei miei più diretti collaboratori, medici ed infermieri, poco nottambuli come me, per essere reso edotto della situazione clinica dei singoli ricoverati. Tutto sembra di routine. In definitiva, una giornata come tante, con una quantità di problemi da affrontare. Il tutto non mi spaventa essendoci abituato. Intorno alle 9,30, una telefonata, imprevista ed inattesa. Dall’altro capo del telefono, la voce di una mamma che, singhiozzando, invoca il mio aiuto per la sua bambina di dieci anni. Riconosco quella voce a me familiare. Quella bimba l’ho vista nascere. Il problema è serio, molto serio, ed è bene precisarlo, non già di natura psichiatrica. Dopo il primo momento di smarrimento, con l’aiuto dei miei medici, inizia il calvario. Sì, perchè di calvario si è trattato. Contatto i vari reparti che potevano offrire aiuto concreto vista la delicatezza della situazione. Intanto, la bimba era giunta al pronto soccorso.

Malgrado in quelle mura abbia trascorso una vita intera, prendo atto che inizia uno scarica barile. Cerco, per il bene della bimba, di mantenere la calma. In questo turbinio, per fortuna, ad un tratto, mi trovo accanto il primario della divisione di medicina d’urgenza, il collega Franco Marchese, il quale, si adopera, incontrando non poche difficoltà, per offrire il suo aiuto. A lui rivolgo, in questo momento, il mio più sincero e vivo apprezzamento per la disponibilità dimostrata, così come, in seguito, il primario della pediatria, Enrico Spinosa. Tranne questi due emeriti colleghi, un vuoto spaventoso. Prima delle cure, necessarie ed opportune, qui, ad oggi, è mancata e continua a mancare, la solidarietà umana. Se in mia presenza ho dovuto prendere atto di una situazione sì avvilente, cosa si verifica, è lecito chiedersi, quando una povera mamma si trovi per la sua bambina dinanzi ad un muro insormontabile?

Ma l’indifferenza, tranne la disponibilità dei due sanitari citati, ha trovato il fondo nel momento in cui è stato contattato un primario, di cui per il momento sorvolo il nome, che tra l’altro credevo amico, il quale, dimostrando una insensibiltà spaventosa e non pensando che si trattasse di un’anima innocente, così si è espresso: "Qui, non funziona niente. Peppino De Lorenzo, si renda conto della pessima gestione precedente ed attuale di questo ospedale. Ne prenda atto". Questa affermazione, profferita dinanzi a testimoni, è stata di una gravità inaudita. No, non è possibile che si arrivi a tanto nel momento in cui ci si trovi al cospetto della sofferenza umana. Dinanzi ad un bambino che soffre bisogna inchinarsi, secondo il mio credo, come dinanzi al Cristo. Già, in data 3 gennaio scorso, lo stesso sanitario, evidentemente in rotta di collisione con gli amministratori, aveva assunto un atteggiamento simile. Per la difesa della sanità, ho portato avanti da solo lotte impossibili ed invito il predetto ad avere la forza di ripetere quella stessa frase dinanzi ai vertici. Ammesso che ne abbia il coraggio, lui che non lesina di pretendere onorari da tutti, anche dai sofferenti che vivono con una pensione da miseria.

Faccia l’uomo, si faccia avanti. Denunci alle autorità competeneti le manchevolezze dei vertici passati e presenti. Di questi ultimi, personalmente, me ne frego altamente. Quando ho ritenuto contestare l’ho fatto avendo il merito, purtroppo raro, di aver smantellato una intera Asl. Il mio studio in ospedale ed in piazza S. Maria è aperto a tutti. Senza onorari, senza intramoenia od extramoenia. Questo è il mio modo di essere medico. Fortunatamente! Prima di chiudere questa triste e faticosa giornata, sono quasi le 23, non potevo tacere. Il mio grido d’allarme serve, almeno lo spero, a risvegliare le tante coscienze silenti nei tempi in cui siamo costretti a vivere. Sono stanco, ma tranquillo. La bimba è da qualche ora ricoverata a Roma. Lì, è stata accolta con amore senza rivendicazioni di qualche sanitario scomodo. A modo suo, è ovvio”.
 

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