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Fipe Benevento: no all’aumento del’Iva, avrebbe effetti pesantissimi

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Il Consiglio della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Provinciale di Benevento, attraverso il Presidente Maurizio Liguori, ha reso noto, con un testo diffuso alla stampa, un approfondimento sulla manovra economica varata dal Governo nazionale nelle due tranche estive.

 

“La prima manovra economica predisposta dal Governo – scrive Liguori – e approvata in fretta e furia a metà luglio dal Parlamento con la ‘collaborazione’ dell’opposizione nasceva dalla preoccupazione di preservare il nostro Paese dalla ‘speculazione’ internazionale e, quindi, dalla paura di finire come la Grecia.

 

Per raggiungere il pareggio di bilancio (nel prossimo triennio) lo Stato aveva deciso di operare per il 60% con maggiori entrate e per il 40% con riduzione di spesa: insomma, più tasse che tagli per correggere i conti pubblici. Se una qualsiasi azienda indebitata facesse altrettanto, non troverebbe né banche, né fornitori disponibili a concederle fiducia.

 

E, infatti, come era prevedibile, le misure adottate (il pieno regime della manovra era stato previsto per il 2013, con la nuova legislatura!), non sono state ritenute adeguate dai mercati e dalla stessa UE che, con protagonisti Francia e Germania, hanno sollecitato rapidi correttivi. Ed ecco la “manovra di Ferragosto”, che per anticiparne gli effetti si è rivelata ancora più pesante e dura per il Paese: vale adesso quasi 55 miliardi, 15 in più della versione originale e a regime il 63% della manovra graverà sulle entrate.

 

E’ quanto mai opportuno delinearne i punti essenziali –  ha precisato il Presidente Liguori -: la nuova Manovra interviene su quattro grandi capitoli:
1) La Stabilizzazione finanziaria (per la riduzione della spesa pubblica dello Stato e per l’aumento delle entrate)
2) Le misure per lo sviluppo (incentrate sulla liberalizzazione dei mercati privati e in parte pubblici)
3) Le misure per il sostegno dell’occupazione (sostanzialmente si sancisce il principio che con i contratti aziendali e territoriali si potrà derogare dal contratto nazionale)
4) Le misure per la riduzione dei costi della politica (trattamenti economici dei rappresentanti politici, riduzione delle Province, ecc.)”.

 

“La più grossa preoccupazione di Fipe Benevento (e per le imprese che rappresenta e che vivono di mercato interno e di turismo) – prosegue Liguori – è quella che la Manovra, che già di per sé non offre né indirizzi, né strumenti reali in grado di operare per lo sviluppo, comprima ulteriormente i consumi.

 

Non sarebbe giusto che a pagare il conto fossero le imprese di pubblico esercizio che, a differenza di quelle di altri settori economici che operano in mercati ‘protetti’ (agricoltura, una certa industria, il sistema bancario, le società municipalizzate e le altre società pubbliche come Poste, Eni, ecc., le telecomunicazioni, ma anche le sagre, i circoli privati, le attività commerciali del clero, ecc.) fanno impresa, creano occupazione e distribuiscono reddito nei territori, senza alcun sostegno economico, senza alcuna ‘protezione’ di mercato.

 

Da questo punto di vista sono cinque le minacce più rilevanti:
1) la liberalizzazione del settore (art. 3 della Manovra) che va ben al di là delle regole introdotte con la Direttiva Servizi (che ha salvato l’obbligo della programmazione dei pubblici esercizi nelle aree in cui vi sono precarie condizioni di sostenibilità sociale ed ambientale)
2) l’accorpamento delle festività (art. 1, c. 24 della Manovra), con la conseguente scomparsa dei “ponti” turistici (operazione ingiustificata anche da un punto di vista generale per un presunto recupero di produttività del lavoro; forse valido nei Paesi del Nord, non turistici, ma sicuramente non altrettanto comprensibile in un Paese come il nostro che ha un modello di sviluppo fortemente condizionato dal turismo, che rappresenta il 12% del Pil; un peso che lo stesso Presidente del Consiglio aveva più volte dichiarato di voler raddoppiare!)
3) la liberalizzazione degli orari dei negozi (art. 6, c. 4 della Manovra) e non anche quella dei pubblici esercizi, con il risultato paradossale che una panetteria potrebbe rimanere aperta 24 ore e un bar sarebbe costretto a chiudere ad esempio alle 22
4) la lotta all’evasione (art. 2 della Manovra) accompagnata da campagne di criminalizzazione dei mass media
5) ma, soprattutto, il ventilato aumento dell’IVA di almeno un punto percentuale .

 

L’aumento dell’IVA è ritenuto da alcuni (Confindustria, ANCI, CDU, alcuni ambienti del PDL) la soluzione più ‘democratica’ ed ‘equa’ per recuperare le risorse necessarie per sostituire l’eurotassa prevista per i lavoratori dipendenti con retribuzioni superiori ai 90.000 euro/anno. Si fanno varie ipotesi: aumento di 1 punto su tutte e tre le aliquote (4%, 10% e 20%), aumento soltanto su quelle del 10% e del 20%, oppure soltanto sui beni di lusso; e ancora, l’aumento potrebbe partire immediatamente, oppure solo dopo il suo inserimento nella delega fiscale prevista dalla manovra e che si dovrà attuare entro i prossimi quattro mesi, oppure ancora come clausola di ‘salvaguardia rafforzata’ qualora ‘alcuni conti non tornassero’ entro il settembre del 2012. Al riguardo, la Fipe si è già schierata decisamente per un NO (come la stessa Confcommercio Imprese per l’ Italia della Provincia di Benevento )

 

Nel caso dei pubblici esercizi un aumento dell’IVA avrebbe effetti pesantissimi: per non venire assorbito interamente dalle imprese, il suo costo dovrebbe essere scaricato su listini e menu, con effetti certi sull’inflazione e con conseguente compressione dei consumi in generale e in particolare di quelli, per lo più “voluttuari” dei pubblici esercizi.

 

Fipe ritiene, invece, che sia preferibile (più equo, corretto e consistente) agire sul versante delle entrate in almeno due modi:
a) operando anziché sui redditi di cittadini e imprese, sui (grandi) patrimoni (patrimoniale)
b) cedendo lo Stato quella parte del proprio patrimonio immobiliare (caserme e uffici) che non metta in crisi il sistema di garanzie dei propri titoli emessi (BOT, BTP, CCT CTZ).

 

Ritornando alle restanti quattro minacce sopra richiamate, Fipe sta operando a livello di Governo e parlamentare, nel modo seguente:
1) liberalizzazione del settore: ricollocare la norma nel contesto di quella più generale e “rassicurante” della Direttiva Servizi, mirando anche al contestuale recupero della “liberalizzazione” per il settore ricettivo introdotta con il Codice del Turismo
2) accorpamento festività: sopprimere o, per lo meno, attenuare nelle sue declinazioni operative e regolamentari (per sfruttare appieno anche i sabati e i lunedì)
3) liberalizzazioni orari: estensione anche ai pubblici esercizi e/o condizionandola alle esigenze di interesse pubblico (ad esempio per la gestione e vendita delle bevande alcoliche)
4) lotta all’evasione: nel ricordare che è tuttora vigente la norma che può portare alla sospensione dell’attività in caso multipla recidiva della mancata emissione di scontrino/ricevuta fiscale, Fipe Sannita condivide il principio di una doverosa lotta all’evasione ma ritiene che gli strumenti fino ad oggi utilizzati per descrivere il fenomeno siano inadeguati e frutto più di luoghi comuni che di indagine e ricerche attente e documentate. Sulla stampa in questi giorni opportunamente è stato fatto cenno a molteplici ‘meccanismi’ per l’evasione ben diversi dalla mancata emissione dello scontrino e che attengono a comportamenti diversi da quelli, per altro noti, presenti nel settore del pubblico esercizio. Ciò fa ritenere che nella stima dell’evasione bisogna tenere conto anche di quella fetta di mercato ‘parallela’ o, meglio ‘protetta’ che gode di facilitazioni e di deroghe (dalle sagre – più di 7000 l’anno! – ai circoli, agli agriturismi, ecc.) verso la quale si dirige una buona parte delle spese “fuori casa” dei consumatori (almeno il 40% del totale!). Da qui due brevi considerazioni. La prima: nel mercato, e non solo in quello del ‘fuori casa’, non sono più ammissibili deroghe e trattamenti di favore, per nessuno: stesso mercato = stesse regole, questo è lo slogan di Fipe Benevento La seconda: dobbiamo conoscere e far conoscere meglio il mondo dell’economia sommersa, perché in tal modo potremo far valere il nostro diritto a ‘smarcarci’ dalle sin troppo facili accuse di ‘evasione’ cui la categoria è stata sottoposta in questi anni”.

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