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Benevento, i docenti del liceo “Giannone” contro la riforma dell’Esame di Stato

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“La riforma dell’Esame di Stato sta comunicando all’intero mondo scolastico, in particolare a studenti e docenti, un senso di precarietà che sicuramente non giova al sereno svolgimento dell’anno. Appare francamente incomprensibile che una riforma di tale portata (che coinvolge il valore del credito scolastico all’interno del voto finale dell’esame, approvata negli anni passati ma ora a regime, le due prove scritte e l’esame orale) venga proposto per l’anno stesso di approvazione”. A scriverlo sono 27 docenti del Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento – primi firmatari Nicola Sguera e Caterina Conti – che hanno inviato un documento al al Ministro della Pubblica Istruzione.
A prescindere dai rilievi sui contenuti (le modifiche della prima e della seconda prova, i contenuti dell’orale) che avrebbero meritato una discussione che coinvolgesse il personale docente, – aggiungono – ciò che appare inaccettabile è che si pretenda un adeguamento in tempo reale alle direttive ministeriali calate dall’alto. Non basteranno certo alcune simulazioni a rendere la strategia meno indigesta.
L’Esame di Stato ridefinisce a ritroso il percorso fatto da uno studente e dal corpo docente. Ha senso innestare un nuovo Esame su un percorso strutturato su un’altra tipologia di Esame? Insomma, si è chiesto ai docenti nell’arco di pochi mesi di fare un lavoro che andrebbe progettato quanto meno nell’arco di un triennio, trasformando, dunque, i ragazzi che si diplomeranno a luglio 2019 in cavie!
Un altro elemento di criticità che si sta manifestando negli ultimi mesi – proseguono i docenti del “Giannone” – è la difformità di indicazioni provenienti da figure legate al Ministero come Ispettori o D.S. con incarichi per scuole-polo. La sensazione diffusa è che manchino indicazioni omogenee dall’alto, che ognuno tenda ad interpretare la lettera a modo proprio, moltiplicando la confusione e prospettando uno scenario per cui ogni Commissione agirà con molta discrezionalità. Facciamo un esempio: secondo alcuni l’esame deve essere scandito in tre fasi distinte (alternanza scuola-lavoro, cittadinanza e costituzione e poi le famose buste). Secondo altri, invece, i primi due momenti rientrano nella “scelta” delle buste da parte dei candidati. Chi ha ragione? E quale deve essere il contenuto di queste famose buste, giustamente irrise dai ragazzi e da molti commentatori? Qual ne è la “ratio” poi?
Sarebbe stato opportuno varare la riforma dopo ampia discussione che coinvolgesse il mondo della scuola in tutte le sue componenti, e mandarla a regime tra almeno tre anni, avendo dato la possibilità di rivedere metodi e progettazione scolastica alla luce di queste importanti novità, utilizzando un metodo che Karl Popper definiva “a spizzico”.
Per tutti questi motivi, pur impegnandoci a svolgere al meglio il nostro dovere, avendo come stella polare il bene dei nostri alunni e la credibilità dell’istituzione scolastica, – concludono i professori – riteniamo doveroso fare ascoltare la nostra voce, frutto di esperienza sul campo che sembra mancare a chi elabora “in vitro” tale riforme nella “turris eburnea” ministeriale”.