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Scuola

Benevento, il messaggio degli alpini agli studenti del ‘Galilei Vetrone’: “Mai più guerra”

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Come si viveva nel Sannio ai tempi della guerra? Perché la pace è sempre in pericolo? Le domande sono tante. Il bisogno di coltivare la memoria, conoscere da vicino la storia, capire da dove veniamo e dove potremmo andare, è molto avvertito dai giovani in quest’epoca di confusione e disorientamento. Per soddisfare questa esigenza l’Istituto “Galilei Vetrone” di Benevento ha organizzato un incontro con due esponenti dell’Associazione Nazionale Alpini, i sanniti Giuseppe e Aldo Liberatore del gruppo molisano di Campobasso. Protagonista la classe V C del corso geometri, coordinata dal docente Antonio Esposito.

Gli alunni hanno ascoltato con attenzione e curiosità alcuni episodi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, le sofferenze nelle trincee, i duri scontri sulle montagne, le angosce di tanti contadini spediti improvvisamente a combattere, il coraggio e la solitudine delle donne rimaste a casa con la famiglia da portare avanti. Quando si scatenarono i bombardamenti sulla città di Benevento, Giuseppe Liberatore, originario di Monterocchetta, frazione di San Nicola Manfredi, e che oggi ha 89 anni, frequentava il secondo anno dell’avviamento professionale. La scuola fu chiusa per molti mesi.

“Partivamo alle sei del mattino – racconta Giuseppe – per arrivare alla sede scolastica in città. Percorrevamo a piedi undici chilometri. Frotte di ragazzi in cammino, spesso assonnati e infreddoliti, comunque allegri e spensierati. Conclusi l’avviamento, l’attuale terza media, a 17 anni, perché avevo dovuto interrompere gli studi per aiutare mio padre contadino, essendo il primo di otto figli. Abbiamo conosciuto la fame. Poi arrivò la tessera annonaria. Per vivere mi arruolai nell’artiglieria nel 1949, fui mandato a Rimini e a Spoleto. Mi congedai da sergente. Il mio messaggio è “mai più la guerra”. Bisogna dialogare, trattare, parlare fino a consumarsi la lingua”.

La vita militare lo portò ad Auronzo sul Cadore, in provincia di Belluno, dove conobbe sua moglie Norma e la gloriosa storia degli alpini. Da allora è diventato portavoce dei loro valori: l’amor di patria, il senso del dovere, l’onestà. Aldo Liberatore, ingegnere in pensione, anch’egli di Monterocchetta, ha mostrato la borsa di cuoio del padre, che accompagnò la sua lunga prigionia in Germania, nel campo di Bottrop. “Mio nonno – ha ricordato – emigrò in America nel 1930.Poi si ritrovò a fare lo sbarco in Normandia nel 1944.Dopo lo sbandamento dell’otto settembre, mio padre fu preso dai tedeschi a Bolzano. Riuscì a scappare nascosto sotto una tradotta militare. Conservo questa borsa ed un orologio che nascose in una scatoletta vuota di cromatina”.

L’associazione degli alpini ha indetto un concorso per le scuole intitolato “Il milite non più ignoto”, che mira ad individuare un caduto in guerra per ogni paese, a raccontare la sua storia, la sua famiglia, il suo mondo. La classe ha sottoscritto un abbonamento alla rivista “L’Alpino”. Tra i soldati con il cappello dalla “lunga penna nera” ci furono molti meridionali. Da Caporetto al Piave, dalla Grecia all’Albania alla Campagna di Russia. Gli alpini di oggi sono anche accanto alle popolazioni colpite dal terremoto e sono impegnati soprattutto a difesa della democrazia, della libertà e della pace.

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