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Comunali e antagonismi nel Pd, interviene Mazzone

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“Che cosa è stato a determinare lo straordinario successo delle primarie dello scorso 6 marzo nella città di Benevento? La fecondità dell’antagonismo. Due componenti del Partito Democratico in competizione tra di loro, accendendosi e stimolandosi a vicenda, hanno sospinto il partito, facendolo volare. La fecondità dell’antagonismo, unitamente al tema della “varietà dei caratteri individuali”, da cui ha luogo il pluralismo, costituiscono il nucleo essenziale del pensiero liberale, senza del quale, come ci si insegnava, non può esserci lo stato democratico”. Lo scrive in una nota Giovanni Mazzone, componente del coordinamento cittadino del Pd.

“Kant – aggiunge Mazzone – affermava che “L’antagonismo è il mezzo di cui si serve la natura per sviluppare le sue disposizioni”. E Mill ancora sul tema: “Nessuna comunità ha mai durevolmente progredito, se non quella in cui si è svolto un conflitto, tra il potere più forte ed alcuni poteri rivali; tra le autorità spirituali e quelle temporali; tra le classi militari o territoriali e quelle lavoratrici; tra il re e il popolo; tra gli ortodossi e i riformatori religiosi”.

Ma allora, perché mai, questi concetti basilari che fanno parte della nostra cultura politica da più di due secoli, sembra che oggi siano un po’ appannati, tanto da apparire, paradossalmente, come fattori innovativi?

Negli ultimi 20/30 anni, l’Italia ha perduto terreno, è rimasta indietro. La personalizzazione della politica, prima (nata con Berlusconi), e il renzismo, poi, hanno, in ultima analisi, questa comune ragion d’essere: far recuperare terreno all’Italia. Ciò ha comportato inevitabilmente un restringimento degli spazi di agibilità democratica. Se ne accorgono i partiti, se ne accorgono le forze sociali, ce ne accorgiamo noi cittadini. E’ lo spirito dei tempi che viviamo. Ineluttabile. Si sostiene, non senza ragione: occorre decidere in tempi brevi, ragionevoli. E tali decisioni, per di più, non possono essere la sommatoria di una miriade di posizioni diversificate tra loro, bensì necessitano di una “coerenza di fondo”. Prevale, allora, adesso, sul piano nazionale, in discontinuità col passato, più o meno consapevolmente, una visione, una “vocazione politica maggioritaria”. Pur continuando ad essere un Paese democratico, dove pluralismo e antagonismo rimangono ingredienti essenziali e irrinunciabili.

Anche la Federazione beneventana del Pd, inevitabilmente, per certi aspetti, risente dello spirito dei tempi che viviamo. Ed anche qui, diversamente da quanto potrebbe apparire, non vi sono autocrati che cercano di imporre la propria cinica volontà: vi è, piuttosto, l’ansia generale di correre per connettere il territorio con i circuiti vitali del Paese, dopo averlo liberato dai lacci di una crisi esiziale.

Ma anche qui, come nelle altre Federazioni, nell’ambito di un partito del nuovo millennio, fatti salvi i predetti valori democratici, non è più possibile assecondare quelle liturgie e quelle logiche, tipiche del proporzionalismo dei partiti del 900, secondo le quali si mirava a rappresentare le varie componenti identitarie o comunque “costituite” nella nostra società, a prescindere da una comune visione dei problemi e di una traccia per risolverli.

Anche qui da noi, nella comunità dei democratici beneventani, – prosegue la nota – deve arrivare finalmente quel vento maggioritario, “quella rivoluzione culturale e morale”, di cui mirabilmente parlò Veltroni nel famoso discorso-programma del 27 giugno 2007 al Lingotto di Torino, dal quale nacque il libro “La nuova stagione”. Rivoluzione culturale e morale, sì, dal momento che, in tale visione (antimachiavellica la definì l’ex segretario), l’organizzazione della forza per conquistare il potere, costituisce solo un “vincolo strumentale”, al fine di poter calare nella società un programma che incroci concretamente gli interessi generali dei cittadini.

Anche qui da noi, allora, su questa porzione di territorio, il Pd ha la gravosa responsabilità di mettere al centro della sua attività “un programma realistico e serio”. Questo è il punto forte e qualificante da cui partire! Il punto che legittima politicamente e abilita moralmente.

Non deve trattarsi, quindi, di uno di quei documenti che contengono sciocchezze e che da sempre i partiti compilano per giustificare la propria presenza nell’agone politico. Deve essere un disegno del quale, dopo aver amministrato, se ne dovrà trovare traccia indelebile sulla pelle della Comunità.

Il Pd ha più degli altri partiti, ammesso che oltre di lui ancora ve ne siano, il dovere morale di costruire una “Tabella di marcia” che serva da solido riferimento per chiunque, in qualsiasi periodo, si cimenti con il governo del nostro territorio. Ciò non può essere il frutto dell’attività di una sola testa. E’ un lavoro eminentemente collegiale da compiere. Un lavoro al quale, certamente, non devono attendere solo gli addetti alla politica. Il Pd a Benevento amministra ormai da 10 anni. Ebbene, anziché litigare, scendano in campo concordemente anzitutto gli attori di questa vicenda amministrativa. Si raccolga tutto quanto, in questi anni, si è stati capaci di produrre in termini di fatti, esperienze, riflessioni, ragionamenti, proponimenti. Si parta da qui e, traendovi un concetto di futuro, – conclude Mazzone – si dimostri alla cittadinanza, che, nonostante la crisi e vicissitudini varie, 10 anni di governo non sono stati inutili”.

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