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Cittadini

Valorizzazione dei prodotti locali, l’economista Ruscello lancia l’idea-progetto “Compra la qualità di Benevento”

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«Il candidato Presidente alla Provincia del PdL, Sen. Izzo, in campagna elettorale, lanciò la proposta di istituire una fondazione per la valorizzazione dei prodotti tipici del Sannio, aggiungendosi a quella della Confesercenti, ossia di aprire un ipermercato riservato ai prodotti beneventani, e all’iniziativa della Camera di Commercio “Prove di grande distribuzione”, di cui peraltro è già stato realizzato un primo tentativo, ossia “Sannio in tavola”, la promozione dei prodotti tipici del beneventano attraverso il circuito Coop.

Da ciò lo spunto, se consentito, per intervenire nuovamente a proposito degli aiuti alle imprese e dello sviluppo in generale.

Delle proposte e dell’iniziativa, infatti, vorrei cogliere il concetto di fondo, ossia quello di promuovere la produzione locale e, di conseguenza, rafforzare le nostre imprese. Pertanto, in luogo dell’apertura di un ipermercato ad hoc o della istituzione di una fondazione, ritengo che si dovrebbe agire in modo diverso, mediante un programma ancora più articolato rispetto a “Sannio in tavola”, che serva a ridurre la più grande carenza provinciale, ossia quella del “fare sistema”.

Il progetto, che potrebbe denominarsi “Compra la qualità di Benevento”, dovrebbe svilupparsi, in modo da coinvolgere quanti più soggetti possibile: dai cittadini agli enti locali. Noi beneventani dobbiamo convincerci che, per continuare almeno a sopravvivere, è necessario sostenere le produzioni locali, anche spendendo qualcosa in più rispetto ai prezzi di mercato. Solo rafforzando le nostre imprese, a cominciare soprattutto da quelle agricole, ci saranno maggiori possibilità di occupazione e sviluppo. Le imprese, da parte loro, quand’anche sostenute da una sorta di “protezionismo locale”, dovrebbero impegnarsi affinché le loro produzioni siano sempre più innovative, ma principalmente qualitative, così da contrastare meglio la concorrenza, che ormai è mondiale.

Insomma, noi beneventani, senza ricorrere alla teoria dello sviluppo economico secondo cui uno degli ostacoli allo sviluppo è dato dalla mancanza di volontà di agire economicamente, ossia che gli uomini non possono ottenere di più se non si sforzano di ottenere di più, e al di là delle obiettive penalizzazioni subite nel tempo (vedi la ormai sepolta “questione meridionale”), dovremmo solo applicare un vecchio brocardo: “aiutati che Dio ti aiuta”.

Detto questo, in concreto, il primo punto riguarderebbe la identificazione dei prodotti e, per quanto concerne il marchio, si potrebbe utilizzare il logo già realizzato dalla Provincia (nel distretto tessile del fortore si sta progettando, appunto un logo); mentre, per stabilire quali prodotti siano “Made in Benevento”, dove per Benevento è da intendere l’intera Provincia, si potrebbe redigere un disciplinare, d’intesa tra le Associazioni industriali, artigianali e dei produttori agricoli (soprattutto queste), e la locale Camera di Commercio. Il punto qualificante del disciplinare, tuttavia, dovrebbe essere la “certificazione di qualità”, sia per le aziende, sia per i prodotti. Il conseguimento della “certificazione di qualità” potrebbe rappresentare un sub progetto ad hoc e, nonostante la mia contrarietà ai contributi in conto capitale, farei un’eccezione per il suo totale finanziamento a “fondo perduto”.
Coevamente, riagganciandomi a quanto espresso in un precedente intervento, si dovrebbe costituire un consorzio tra tutte le imprese produttrici beneventane.

Una volta che siano definiti i criteri in base ai quali identificare i prodotti locali, nei diversi settori merceologici, e che sia costituito il Consorzio, si dovrebbero stipulare convenzioni con gli esercizi commerciali perché al loro interno sia possibile apprestare appositi punti vendita.

Durante queste fasi di lavoro, poi, si dovrebbe lanciare una vasta campagna informativo / pubblicitaria per la sensibilizzazione dei cittadini della Provincia e non solo. L’iniziativa, infatti, estendendosi alla grande distribuzione, come in parte già fatto, inserirebbe i punti vendita in un circuito nazionale, se non addirittura internazionale. Il Consorzio dei produttori, quindi, dovrebbe porsi come soggetto catalizzatore sia per la promozione, sia per le vendite.

Per quanto concerne i consumatori, infine, si dovrebbero stabilire plafond di acquisti (una sorta di raccolta punti) al cui raggiungimento si avrebbe diritto a determinati premi (buoni sconto, oggetti, etc.). Ma il premio principale dovrebbe essere costituito, soprattutto per i consumatori di fuori Provincia, da soggiorni gratuiti in Provincia, mediante la predisposizione di pacchetti ad hoc, da concordare naturalmente con gli operatori turistici locali, i quali, come già sostenuto in un precedente intervento, dovrebbero anch’essi costituirsi in consorzio.

Osservo che la insistenza sul tema del costituirsi in consorzio potrebbe essere valutata alla stregua di una mania senile. Al contrario, invece, ritengo che sia la principale chiave di volta per imboccare, o, meglio, tentare di imboccare, la via di uno sviluppo duraturo. Essa permetterebbe, per usare un’espressione difficile, di raggiungere una adeguata “massa critica”, che poi, più semplicemente, significa raggiungere una dimensione aziendale adeguata al mercato. Basti pensare che, nel 2006, il reddito lordo prodotto da tutte le imprese industriali provinciali (industria in senso stretto) è stato stimato dall’Istituto Tagliacarne in 407,1 milioni di euro, pari cioè al fatturato di otto/dieci medie imprese.

È ora di finirla con espressioni ad effetto, ma generiche e vuote. Si raddoppierà pure la Benevento-Caianello, si realizzerà pure il tronco autostradale Benevento-Caserta, si completerà pure l’Alta capacità Napoli-Bari, ma, se noi beneventani, al di là della classe politica dirigente di turno, non saremo in grado di organizzarci economicamente, tutto sarà inutile. Non è con gli slogan, con le conferenze stampa, con i protocolli d’intesa o con i tavoli di concertazione che si produce sviluppo, bensì con un oscuro e diuturno lavoro. Ma l’espressione “lavorare sodo”, nell’Italia e nella Benevento di oggi, sembra più oscura dell’arabo, del cinese o della più complessa formula matematica». (Luigi Ruscello)

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