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Opinioni

Quousque tandem, patrioti?

Se mettiamo in relazione i dati drammatici dell’ultimo rapporto Svimez con tutte le scelte più qualificanti assunte dal governo Meloni in questi quindici mesi ci troviamo dinanzi all’evidenza di un Mezzogiorno condannato scientemente alla marginalità e alla povertà. Non è un’opinione ma un fatto del quale i tanti, troppi riferimenti di maggioranza e di governo eletti in questi territori dovranno dar conto

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Il combinato disposto tra le drammatiche risultanze dell’ultimo rapporto Svimez e le politiche poste in essere dal governo Meloni nel corso di questi primi 15 mesi ci restituisce l’evidenza di un Mezzogiorno condannato alla povertà e alla marginalità.

Cresce spaventosamente il divario con il Nord, a causa del diverso andamento dei consumi. La contrazione del reddito disponibile delle famiglie meridionali è del 2%, doppia rispetto a quelle del Centro-Nord. Il Pil meridionale cresce solo dello 0,4 %, la metà del resto del Paese.

In tale quadro si rileva il primo drammatico paradosso: l’occupazione nel Mezzogiorno cresce più che nel resto del Centro – Nord ma cresce, contestualmente, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata. Tra il 2020 e il 2022, siamo passati dal 7,6% fino al 9,3%: quasi una famiglia su 10, nel Sud Italia, vive questa condizione. Parliamo di 2,5 milioni di persone: 250.000 in più rispetto al 2020 ( – 170.000 al Centro-Nord).

In tale quadro spicca il disastro Campania. Nella nostra regione si registra il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa. Il 70% delle donne in Campania è senza lavoro, la media di occupazione femminile nel vecchio Continente e del 72.5%. Spaventosi, allo stesso modo, i dati sull’emigrazione selettiva, ovvero di giovani laureati. Uno su due è destinato a emigrare al Nord o all’estero. In tale quadro, dal settembre dello scorso anno ad oggi questo governo ha posto in essere politiche evidentemente punitive nei confronti del Mezzogiorno. Non è un’opinione ma un fatto.

Proviamo a mettere in fila solo alcune delle scelte assunte in questi mesi dall’esecutivo patriota. Il governo Meloni ha eliminato il reddito di cittadinanza, ovvero l’unico strumento di sostegno al reddito per centinaia di migliaia di famiglie in grande maggioranza residenti nel Mezzogiorno, senza prevedere alcuna alternativa. L’Italia di Giorgia è l’unico Paese, tra le democrazie liberali, che non prevede nel proprio ordinamento una misura di sostegno al reddito dei cittadini più esposti.

Il Governo Meloni ha smantellato la strategia di sviluppo faticosamente definita per il Mezzogiorno con l’individuazione delle Zone economiche speciali, facendo di tutto il Sud un’unica Zes, ovvero rinunciando a definire priorità e prospettive funzionali alla realizzazione di una visione, dopo aver di fatto stralciato dal Pnrr tutti i principali investimenti infrastrutturali previsti per il Sud, in particolare per le aree interne della dorsale appenninica meridionale, le aree votate alla retro-portualità e alla logistica, i due driver principali individuati dal Next Genration Eu.

In tale quadro il governo Meloni ha bloccato i Fondi di coesione e sviluppo, che per legge dovrebbero essere destinati per l’80 per cento al Mezzogiorno, pianificando di utilizzare quei fondi per finanziare i progetti stralciati dal Pnrr. Teorizzando, dunque, una duplice truffa ai danni del Sud. Che ha già perso tutti i principali progetti previsti dal Pnrr e che perderà anche i Fondi di coesione. Una quota parte andrà a finanziare progetti previsti in altre aree del Paese e quelli che verranno utilizzati per il Mezzogiorno andranno a finanziare opere diverse da quelle per cui erano stati destinati.

Il Governo Meloni, con l’ultima finanziaria, ha di fatto operato tagli senza precedenti al sistema sanitario, non ha nemmeno coperto la spinta inflattiva di questi ultimi dodici mesi, in un contesto segnato da criteri di distribuzione delle risorse iniqui che penalizzano enormemente le regioni meridionali, su tutte proprio la Campania, favorendo, per questa via, una crescita esponenziale del privato a discapito delle fasce sociali più esposte.

Il Governo Meloni ha detto no al salario minimo previsto, invece, in tutti i Paesi dell’Unione europea e persino negli Stati Uniti d’America. La dottrina patriota teorizza che una soglia minima spingerebbe verso il basso i salari superiori, ragione per la quale garantire un salario dignitoso agli oltre 3milioni e mezzo di lavoratori poveri di questo Paese, gran parte dei quali vivono al Sud, vorrebbe dire danneggiare tutti gli altri lavoratori. Intanto, come certificato da Svimez, nel Mezzogiorno aumentano i posti di lavoro e aumenta la povertà assoluta, a certificazione del fatto che a queste latitudini il lavoro si risolve in sfruttamento. E mentre in Parlamento si consumava lo scontro proprio sul salario minimo, il governo ha dato l’ok ad un emendamento che dispone il ritorno alle gabbie salariali nel pubblico, a partire ovviamente dalla scuola. Un primo assaggio di autonomia differenziata, il primo concreto passo verso la realizzazione della riforma costituzionale imposta dalla Lega che si risolve in una secessione di fatto, nello smantellamento del principio dell’unità nazionale, che per Giorgia Meloni rappresenta il prezzo da pagare per ottenere il premierato.

Potremmo dilungarci, ma ci fermiamo qui con una semplice domanda che ci permettiamo di rivolgere ai tanti riferimenti di questa maggioranza e di questo governo eletti nei nostri territori, a tutti coloro che avrebbero il dovere di difendere e promuovere gli interessi delle nostre comunità, a quanti, senza vergogna, parlano per nome e per conto di questa destra di riscatto del Mezzogiorno e delle aree interne, proponendosi come gli alfieri del cambiamento e del riscatto. Fino a che punto immaginate di poter abusare della nostra pazienza e di mortificare la nostra intelligenza?

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