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Aggressione studenti cinesi, Io X Benevento: “Intervenire sul disagio giovanile”

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“In relazione all’aggressione perpetrata nei confronti degli studenti cinesi, l’associazione IO X Benevento manifesta la propria solidarietà e vicinanza ai ragazzi aggrediti. Il fenomeno della violenza sta assumendo proporzioni inaspettate e pericolose che turba tutta la società; un fenomeno, ormai diffuso, che va messo in relazione ad altri, tra cui la povertà educativa, le forme di devianze causate da una fonte rilevante e significativa: il Disagio Giovanile”. Così in una nota il presidente di Io X Benevento, Giuseppe Schipani.

“IO X BENEVENTO – prosegue la nota – ha voluto mettere al centro del dibattito pubblico e politico il malessere che purtroppo, oggi, caratterizza queste nuove generazioni, attraverso la formalizzazione di un Patto di Comunità che ha come obiettivo principale il tema della responsabilità collettiva che va esercitata in modalità comunitaria e con specifiche strategie e approcci di rete. Il disagio giovanile, oggi, rappresenta una fonte di malessere che non può più essere trattato con superficialità e tutti siamo chiamati a ragionare e a fare la nostra parte in termini di cooperazione se davvero lo si vuole affrontare seriamente, declinando ogni aspetto. IO X BENEVENTO lo ha iniziato a fare coinvolgendo gli attori principali, i giovani, attraverso una intensa e costante interlocuzione di ascolto, di analisi, di approfondimento e di confronto che sta caratterizzando il lavoro multidisciplinare promosso insieme al mondo della scienza (Università) e della scuola, delle istituzioni, dei genitori e insieme a tante altre realtà del terzo settore. Cosa sta emergendo? Oggi i giovani non hanno più una linea da seguire, non sognano e non immaginano, non pensano più al futuro come i loro genitori e nonni. I genitori di questi ragazzi sono la prima generazione che non ha potuto garantire un futuro certo ai propri figli ma hanno potuto consegnare solo delle fratture importanti: prima c’era una famiglia per tutta la vita, un lavoro per tutta la vita, una casa per tutta la vita; poi questa sequenza ordinata di fattori che era la nostra esistenza ha cominciato a subire fratture. Già a inizio anni duemila osservavamo vite che sono diventate il teatro di una serie di disconnessioni biografiche. Sono le vite dei padri separati, di chi non ce la fa ad arrivare a fine mese perché non riesce a mantenersi con il lavoro precario o che ha perso la propria occupazione. Queste fratture sembravano epocali già vent’anni fa, la pandemia ne ha introdotte di ulteriori, per certi versi ancora più radicali. Questo si traduce in scelte, in decisioni. Ovvio che, se le cose nel nostro contesto continuano a rimanere con lo stesso approccio di venti anni fa, non cambia niente, anzi probabilmente ci potremmo aspettare un ulteriore peggioramento. E’ necessario sperimentare nuovi modelli educativi e di coinvolgimento, dar spazio alla creatività che rende possibile risolvere i problemi e inventare il futuro. Per invertire la rotta occorre allora investire nei luoghi dell’educazione e della formazione, là dove i ragazzi possono essere accompagnati in un percorso di crescita sentendosi protagonisti di un processo di cambiamento per costruire il loro futuro.

Io X Benevento – conclude – sta recependo la domanda che arriva direttamente dai giovani, chiedendo a loro dei suggerimenti e di formulare delle domande, i ragazzi hanno idee e domande che si mescolano con le loro paure: ci sarà mai un lavoro adeguato e stabile per noi? Cosa potremmo fare per costruire le premesse per un futuro solido e sostenibile? Potremo mai imprimere una svolta rigenerativa nella città? Chi sono gli attori che potranno cambiare le cose davvero? Riusciremo a incidere nelle amministrazioni locali? Queste e tante altre sono le loro domande e le loro necessità, i loro bisogni. Da loro possiamo capire cosa potrebbe funzionare e cosa evitare. Allora bisogna dare spazio all’ascolto e farli sentire coinvolti in un ragionamento di sviluppo di comunità. Oggi, non esistono luoghi, momenti, in cui ci si chiede: Quello che finora ho fatto ha senso? Dovremmo cercare tutti di attivare una dimensione creativa per superare le difficoltà, nei territori oltre ai problemi ci sono anche risorse. È opportuno immaginare se a quei ragazzi che non hanno speranze venisse data una opportunità di responsabilità di autodeterminazione. Stare nei luoghi dove vive un tessuto sociale svantaggiato significa ascoltare la gente, combinare gli elementi della conoscenza, capire che una cosa può andare d’accordo con l’altra e bisogna metterle insieme cercando così di trasformare la vita di quel luogo. Non è il genius loci, ma il mondo dell’associazionismo che smonta e rimonta, che fa incontrare quelli che non si sarebbero mai incontrati, che introduce biodiversità rompendo così l’immobilismo dei nostri contesti. Le istituzioni stanno faticando a recepire la necessità diffusa di cambiamento, lo documenta soprattutto la valutazione dell’impatto dei progetti finanziati e messi in campo che trova incidenza nella disperazione della gente. Si continua spendere tanto senza alcun risultato e si motiva l’impiego di risorse economiche con analisi di contesto obsoleti prendendo come riferimenti dati di tre o quattro anni fa. Il Covid ha fatto emergere nuovi bisogni soprattutto per ciò che riguarda i giovani. Insomma, c’è oggi una profonda domanda di ricomposizione tra economia e giustizia, le crescenti disuguaglianze chiedono di creare nuove economie di luogo capaci di restituire fiducia nel futuro. Le solitudini diffuse sostengono la sperimentazione di nuovi stili di abitare e la realizzazione di progetti capaci di innescare relazioni di fiducia tra gli abitanti e le istituzioni. La città deve ripensare all’utilizzo dei propri beni, sia degli spazi all’aperto e sia dei luoghi dove si possono promuovere e sviluppare relazioni, legami, forme di microprossimità tra individui e comunità. Questi sono i desideri di cambiamento che percepiamo nella nostra città. È sicuramente condivisibile il pensiero del Sindaco Clemente Mastella quando parla della necessità di avviare una fase di elaborazione per un nuovo patto educativo. Lo abbiamo accolto con molto piacere e lo abbiamo promosso attraverso la formalizzazione del Patto di Comunità ma occorre una seria riflessione in merito alla reale volontà di riconfigurare i rapporti tra pubblico e privato, così come previsto dal decreto legislativo n. 117 del 3 luglio 2017. Iniziare una fase esplorativa di conoscenza dei nuovi bisogni e poi avviare un concreto impegno di co-programmazione e di co-progettazione significa iniziare a dare una risposta alla domanda della società, dei giovani; e il ruolo dell’istituzione pubblica risulta fondamentale e determinante”.

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