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Cittadini

Le mille vite di Rino Di Domenico: “Ma sempre tra la gente. Benevento? Punti tutto sul turismo”

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Oggi è un piccolo imprenditore. Ma è solo il punto di arrivo di un viaggio fatto di tante tappe. C’è un filo, però, a tenere assieme esperienze che sembrano appartenere a vite diverse:  “Il contatto con la gente”. Arte appresa in tanti anni da “pierre” della movida beneventana. Nel mondo dello spettacolo si parlerebbe di “quick change performer”. O di trasformista. Eccolo, allora, Rino Di Domenico: la sua ultima evoluzione lo ha condotto dalla presidenza di Confocooperative al bancone del ‘Caffè delle Streghe’, attività che gestisce nella suggestiva location di palazzo Paolo V. “Siamo qui da cinque anni. L’obiettivo era far rivivere un palazzo storico, ma chiuso ormai da decenni: spero ci stiamo riuscendo”. 

Vero: siete diventati un punto di riferimento per la Città

“Ho lasciato tutto per questo progetto, ho rinunciato ad altre iniziative e anche ad alcuni incarichi. Ne è valsa la pena. Sono anche tornato un po’ ragazzo, a quando da “pierre” organizzavo feste per le discoteche”.

E da allora quanto è cambiata Benevento?

“Posso essere un po’ lungo nella risposta?”

Prego

“Qui sono arrivato dopo tante esperienze: le discoteche, la Curva, il ruolo di formatore in Azione Cattolica – nel giro di 24 ore passai dall’ultima riunione del Commando Ultrà Curva Sud a fare il chierichetto al Sacro Cuore – fino alla nascita della prima cooperativa sociale, con la gestione di tantissimi servizi alla persona e la realizzazione di case di riposo. E dopo anni vissuti sempre in strada, sempre a contatto con la gente, l’impegno cooperativo – specialmente con la presidenza di Confcooperative – mi ha portato a vivere in maniera diversa la Città: mille riunioni, tanti viaggi. E ancora: le esperienze come consigliere della Camera di Commercio e di Valisannio, dove ho speso tante energie per il mio territorio. Sono ‘tornato’ con il ‘Caffè delle Streghe’ e ho ritrovato una città cambiata. Meno ‘viva’ anche sul piano del divertimento. Forse perché tanti ragazzi sono fuori Benevento. Forse perché culturalmente qualcosa è cambiato”.

Eppure la polemica sulla ‘movida’ continua

“E’ una storia in cui tutti hanno ragione. Comprendo le motivazioni dei residenti che reclamano sicurezza e tranquillità ma ‘movida’ vuol dire anche economia, occupazione: ci sono famiglie e persone che di questo vivono. Non si può dire “chiudiamola qua”. Occorre un punto di equilibrio. E per arrivare a una soluzione serve il confronto”.

Magari è diminuito il divertimento, in questi ultimi, ma sono aumentati i turisti

“Sì, questo è vero. Il turismo è cresciuto. Ma è ancora un turismo ‘povero’, nel senso che lascia poco sul territorio: una passeggiata e via. Probabilmente, però, è il territorio che dovrebbe organizzarsi meglio per trattenerli”.

In che modo?

“Iniziamo col fare le cose normali: il punto di accoglienza, di cui si discute da tanti anni. O un’area parcheggio che non può essere il Terminal, non nelle condizioni attuali. E ancora potenziare l’offerta commerciale nei giorni festivi. Poi da piccolo imprenditore mi rendo conto che è complicata perché nel locale non ti entra nessuno o ti entrano poche persone e ti scoraggi. Ma se non si inizia siamo al serpente che si morde la coda. Detto questo, dico pure che l’iniziativa singola non porta da nessuna parte: occorre mettere a sistema tutto, chiamando le parti interessate intorno a un tavolo”.

‘Il caffè’ è diventato ormai il punto di ritrovo della politica locale, ospitate tante iniziative. Quante volte le hanno chiesto di candidarsi?

“Me lo chiedono da quarant’anni, da quando frequentavo la Curva Sud del Benevento. Non ho mai accettato e non lo farei ora, da imprenditore, piccolo imprenditore”.

Perché non ha accettato?

“Non mi piace, non mi ci vedo. La politica è compromesso e io non sono portato alle vie di mezzo. Però non escludo niente eh. In futuro chissà: ho fatto tante cose ma questo è un pezzo che mi manca. Nel caso, lo farei a modo mio: dedicandomi al cento per cento, con passione e divertendomi”.

Il suo passato da curvaiolo torna spesso nelle sue riflessione: cosa significava fare il capo ultrà a Benevento negli anni ottanta?

“Innanzitutto ricordo lo sforzo enorme per spiegare cosa significasse essere ultras: per farlo comprendere andavo in tutte le televisioni locali che mi invitavano. Non esistevano social, d’altronde e neanche i siti. C’era poi una rivista molto seguita, si chiamava ‘Supertifo’: facevo l’impossibile per far pubblicare le nostro foto. Questo perché Benevento non aveva mai avuto un movimento ultras. Eravamo dei precursori. C’erano i tifosi, c’era il folclore ma la ‘mentalità ultras’ mancava. Iniziammo a discutere di come vestirci, bomberino sì – bomberino no, a ricercare disegni meno banali delle bandiere, cori articolati, ciclostilati, le prime coreografie. All’inizio la gente ci guardava e si interrogava. Pian piano le cose iniziarono a cambiare fino ad arrivare al primo tesseramento al Commando Ultrà Curva Sud: non c’erano gruppi e gruppettini ma un solo coordinamento che poi si interfacciava con i referenti dei vari rioni. I risultati sportivi, purtroppo, non davano una grossa mano a far crescere entusiasmo e partecipazione. Noi, però, ci siamo divertiti…”.

E il calcio visto da imprenditore? Negli ultimi anni si sperava il Benevento potesse dare una mano al rilancio della Città. Ora si rischia seriamente il ritorno in C: altra occasione persa?

“Dispiace ritornare in Serie C ma non è la fine del mondo. Nel calcio, come in tante altre realtà, esistono i cicli. Si tocca la vetta e poi inizia la discesa”

Chiudiamo con una domanda da “politico”. Dovesse indicare un settore su cui puntare per il futuro di Benevento, dove volgerebbe il suo sguardo?

“Io punterei tutte le fiches sul turismo, senza alcun dubbio. Metterei a sistema risorse e competenze per elaborare e perseguire una strategia di sviluppo del settore. Con una priorità, la valorizzazione della nostra storia: chi viene a Benevento lo fa per i Sanniti, per i Romani, per i Longobardi. Per vedere l’Arco. il Teatro Romano, Santa Sofia. Poi intorno puoi costruirci quello che vuoi: la bellezza del paesaggio, le eccellenze della nostra enogastronomia. Il fulcro, però, deve essere la nostra storia, i nostri monumenti”.

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