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De Vincentiis, Benevento e la via della bellezza: “Il nostro futuro è scritto nella storia, salvaguardiamola”

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Giornalista, scrittore, saggista. Ma anche ‘costruttore’ di iniziative. Molte quelle che lo hanno visto protagonista, tante sono ancora in cantiere.  “Con il Forum delle Aree Interne torneremo il 29 maggio” – spiega Nico De Vincentiis. “Siamo ancora alla bozza di programma ma pensavamo di rivolgere l’attenzione ai giovani, magari coinvolgendo anche il mondo della cooperazione”.

Ormai parliamo di un appuntamento atteso, la prossima sarà la quarta edizione

 “Iniziò tutto con una lettera dei vescovi, poi siamo riusciti a dare una continuità operativa al Forum che oggi si presenta come iniziativa laica, non è più la Chiesa a promuovere l’evento. L’incontro tra vescovi, però, c’è sempre. Ormai sono una quarantina, in rappresentanza di tutte le aree interne d’Italia e la loro discussione è seguita con attenzione dalle strategie nazionali di programmazione”.

State colmando anche un po’ un vuoto lasciato dalla politica, magari più attenta alle dinamiche di gestione che allo sforzo del confronto, della discussione. E’ così o è una lettura sbagliata?

“Gli amministratori partecipano soltanto se devono presentare qualcosa al ministro. Chiedere, chiedere, chiedere… L’autopropulsione è ormai scomparsa, eppure secondo me i piccoli borghi rinascono dal coraggio, dalla creatività, dalla sinergia”.

Nelle nostre interviste c’è un tema che ritorna spesso: nel nostro territorio c’è poca sinergia e troppi individualismi, è d’accordo?

 “Certo, c’è un deposito di egoismo molto evidente, ci sono nicchie di sopravvivenza un po’ dovunque. E tanto qualunquismo. Da anni ‘leggo’ Benevento come una società infastidita.  Consentitemi una metafora: dovesse cadere un cornicione e colpire qualcuno, prima ancora di soccorrere il malcapitato, la gente si chiederebbe “ma proprio lì doveva passare?”. E succede così un po’ dappertutto, anche perché la politica cavalca questo egoismo”.

E Benevento: è ancora un “Condominio”, per utilizzare una sua definizione o sta diventando Città, come pure sostiene il sindaco?

“Città non mi pare ma forse è una cosa troppo grande. Come quando sbagli a prendere le misure. Sul piano introspettivo, Benevento resta un condominio perché continua a delegare. Proprio come alla riunione di condominio, dove il principale compito dell’amministratore è quello di contare le deleghe. Il risultato è che poi ti ritrovi impreparato sul piano della partecipazione civile. Siamo la città del “fino a un certo punto”. Come ci fosse un elastico: ci si lancia in avanti ma poi si torna al punto di partenza. Anche i tentativi più coraggiosi durano pochissimo e si infrangono sulle contraddizioni di sempre. Qui confondiamo Sherwood e Nottingham e spesso ti ritrovi Robin Hood a tavola con lo sceriffo”.

Tra i tentativi coraggiosi c’è da citare anche Campus: un bilancio?

“E’ stata un’esperienza utile perché ci ha detto che “si potrebbe fare”. Presi la licenza di mettere assieme centinaia di persone che secondo me potevano dare qualcosa alla Città. E’ durato abbastanza, forse più di altre esperienze”.

E poi?

“E’ subentrata una forma di stanchezza. Sa cosa è successo? Che a un certo punto in tanti hanno cominciato a chiedersi se diventavamo una lista elettorale o no. Ma a me premeva più formare gli elettori che diventare gli eletti. Il sindaco oggi è un homo elettoralis, vive per creare consenso anche quando non ci sono elezioni. E questa è la morte della società civile”.

Spesso nelle sue riflessioni trova spazio il tema della bellezza: magari non salverà il mondo, come scriveva Dostoevskij ma può salvare Benevento?

“E’ il tema centrale. Come fa Benevento a non considerare la bellezza una strategia?”

E perché non succede?

“Il ministro Tremonti diceva che con la cultura non si mangia. Nel nostro caso possiamo dire che la cultura non porta voti, non crea consenso. Le campagne per la salvaguardia della bellezza – artistica o architettonica – sono mortificate dalla mediocrità dell’annuncio quotidiano. Le piccole cose hanno preso il posto delle ambizioni. Ma se Benevento non è ambiziosa chi dovrebbe esserlo? E poi inizio a pensare che deve esserci anche una classe progettuale molto limitata, perché gli ultimi progetti che ho visto sono un po’ poveri, a essere generosi”.

Per restare sul tema, ha seguito la polemica sull’Arco di Traiano e il Lapidarium?

“I politici che hanno organizzato il futuro di Benevento sono i Romani, i Sanniti: ci hanno lasciato dei volumi enormi in cui c’è scritto: “questa è la civiltà, questa è la bellezza, questa è la via di sviluppo”. Il problema è che noi li distruggiamo quotidianamente. Per includere Benevento nella candidatura Unesco per la Via Appia dovemmo – io e altri – scontrarci con l’atteggiamento di amministratori e politici che si interrogavano sulle ragioni del nostro impegno. Nei loro occhi leggevi “chi ve lo fa fare”. E qui torniamo al concetto della società infastidita su cui mi soffermavo prima”.

E il dibattito – che ha visto anche l’intervento della Chiesa – innescato dalla proposta di realizzare un impianto eolico nei luoghi di Padre Pio?

“E’ una questione che meriterebbe un approfondimento. In linea di principio non è detto che un luogo in cui è nato un Santo non debba vivere lo sviluppo del tempo e rapportarsi con le esigenze produttive di una comunità. Mi sembra un po’ stereotipata la discussione”.

Per tornare alle sue iniziative: resta di grande attualità il tema della pace

“Che non è la fine di una guerra ma l’unica strada utile a prevenirla. Vale per i grandi conflitti ma anche per la quotidianità, per il confronto sociale, per le relazioni. Ma occorre recuperare quei canali valoriali che sono completamente saltati. Persino la solidarietà è diventata una forma di egoismo asintomatico.  La società dovrebbe fondarsi sulle infrastrutture immateriali, prima di tutto”.

Chiudiamo con un auspicio: cosa augura a Benevento?

“Un ritorno al dialogo, soprattutto tra generazioni. E lo dice uno che si rapporta sempre con grande discrezione con i giovani, nella consapevolezza che i linguaggi sono diversi.  Ma dobbiamo incontrarci sul serio e concordare insieme un nuovo piano di volo per la Città”.

 

 

 

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